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Nuovo rapporto sulle enclave spagnole di Ceuta e Melilla

Foto: José Palazón, 2014

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Melilla, laboratorio delle politiche migratorie dell’Unione Europea

Pedro De Santago, El Faro digital, Spagna

Gadem e Migreurop sostengono che i “rimpatri immediati”, violano i diritti umani e sono sperimentati sul campo, in città, per poi essere “esportati”.

Melilla e Ceuta sono laboratori delle politiche migratorie dell’Unione europea (UE), poiché presentano l’unica frontiera terrestre fra il territorio comunitario e i paesi africani. Questa è fra le conclusioni emerse dal rapporto realizzato dall’ONG marocchina Gadem e dalla piattaforma europea Migreurop, che raggruppa un gruppo di organizzazioni spagnole quali l’Associazione a favore dei Diritti Umani dell’Andalusia. (APDHA).

Queste organizzazioni sostengono che i meccanismi noti quali “devoluciones en caliente” (rimpatri immediati), violano i diritti fondamentali dell’uomo e vengono eseguiti in queste città al fine provarne l’efficienza.
Inoltre il documento espone che le “autorità marocchine e spagnole” godono apparentemente dell’impunibilità nel momento in cui applicano politiche al fine di contrastare l’immigrazione clandestina.

Identificazione delle persone

Questo rapporto, intitolato “Ceuta e Melilla, centri d’identificazione a cielo aperto”, pretende di dimostrare inoltre che entrambe le città autonome, con le rispettive circostanze speciali a proposito della libertà di circolazione e di luogo di soggiorno temporale per i migranti, sono luoghi in cui le autorità determinano se si tratti di un “rifugiato buono” o di un “immigrante cattivo”.

Difatti questo documento disapprova gli uffici di asilo evidenziandone l’inaccessibilità per alcuni potenziali richiedenti sostenendo che queste strutture sono usate maggiormente per i siriani e anche per algerini e palestinesi di origine siriana, tralasciando chi proviene da paesi subsahariani.

CETI seconda fase

Nel rapporto realizzato in loco analizzando casi concreti di migranti e rifugiati, sia a Melilla sia a Nador, si riscontra un Centro di Soggiorno Temporaneo di Immigrati (CETI) che rappresenta la seconda fase di questo processo di “identificazione” degli stranieri svolto in città e alle frontiere.
Circa quest’argomento, tali centri tengono in condizioni di “arresto” le persone fino a determinare se abbiano diritto a rimanere nel paese. Questo fatto è dovuto alle caratteristiche speciali del CETI e della città, che impediscono che il residente si muova liberamente in Spagna, essendo obbligato a restare a Melilla.
A questo proposito, il suddetto documento diffonde le domande fatte dall’ex deputato Jon Iñarritu al Governo, mettendo in discussione la distribuzione degli ingressi dei rifugiati a Melilla, specialmente quando il CETI superava notevolmente i propri spazi.

Un’alleanza non scritta tra Spagna e Marocco

Durante la realizzazione del rapporto “Ceuta e Melilla centri d’identificazione a cielo aperto”, redatto quest’anno, Gadem e Migreurop si sono soffermati sull’arrivo dei rifugiati siriani e speculano sul fatto che ci potrebbe essere un accordo non scritto tra la Spagna e il Marocco al fine di regolare l’arrivo di questi rifugiati.
Questo documento dimostra che, mentre all’inizio arrivavano sino a 70 siriani al giorno a Melilla, dopo una visita del Ministro dell’Interno, Jorge Fernández Díaz, a Rabat, il numero è sceso tra 20 e 25.
Di fronte a queste circostanze, il rapporto ci porta a formulare due ipotesi: da una parte asserisce con sicurezza che gli alberghi, i taxi e i ristoranti di Nador non si erano mai visti così pieni, soprattutto quando più siriani erano obbligati a viaggiare sino alle frontiere di Beni Ensar per cercare di superarle; dall’altra parte si segnala la presenza di mafie che sostengono di arrivare a riscuotere fino a 3.000€ per facilitare l’ingresso a Melilla. Di fronte a questi temi, il rapporto pone l’accento su indizi di accordi ispano-marocchini.