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Da Venezia a Idomeni: diario di viaggio

Dopo il ritrovo ad Ancona, la partenza alla volta di Idomeni. Dove la situazione è tesa

Riccardo Bottazzo, Venezia Today, 26 marzo 2016

Appuntamento in piazza del Teatro, a due passi dal porto di Ancona, alle dieci della mattina. Dal nordest arriva un pullman a due piani di attivisti, più alcuni furgoncini carichi di coperte, vestiti e altri generi di prima necessità da portare al campo profughi. Altri arrivano dal sud. Verso mezzogiorno la piazza è piena di gente e di striscioni colorati che inneggiano ad una Europa senza frontiere. Tra i tanti che vengono a salutarci alla partenza c’è anche Karim Franceschi, l’italiano che ha combattuto contro l’Isis e che ha raccontato la sua esperienza nel libro “Il combattente”, Rizzoli.

La nave salpa alle 13.30. C’è tempo per una conferenza stampa. Ai giornalisti che li intervistano le ragazze e i ragazzi di #OverTheFortress raccontano perché hanno deciso di rinunciare alle feste pasquali per portare aiuti e solidarietà a profughi che l’Europa delle banche non vuole. “Un perché difficile da spiegare a parole – sussurra una ragazza – se uno già non lo capisce da solo”. In nave ci sono in tutto 193 attiviste e attivisti. Le ragazze sono in larga maggioranza e sono loro che si occupano in particolare dell’organizzazione della carovana.

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In totale, #OverTheFortress ha mobilitato circa trecento persone tra coloro che sono in nave con me, i furgoni che sono partiti da Trieste e stanno attraversando i Balcani, le delegazioni dei Giovani Verdi e gli attivisti già in Grecia e che raccoglieremo strada facendo. Già, perché #OverTheFortress è una iniziativa che parte da lontano, da quando, la scorsa estate, l’Ungheria decise di chiudere col filo spinato il suo confine. In quel momento, i centro sociali del nordest, assieme a tante altre realtà italiane ed europee, decisero che non si poteva stare ad assistere passivamente mentre i Paesi d’Europa alzavano muri per tenere lontano famiglie in fuga da una guerra che, per dirla tutta, è figlia di mezzo secolo di politiche sbagliate dei nostri governi e di una sfruttamento economico che ha portato – fino a che è durato – ricchezza a noi e povertà a loro. E’ cominciata così in presidio permanente nei punti di crisi, una staffetta solidale nei campi profughi che si stavano creando per denunciare le violazioni dei diritti umani e le violenze che vi erano perpetrate.

In nave, prima di buttare il sacco a pelo in un angolo per concedersi un po’ di riposo, le attiviste e gli attivisti trovano il tempo per una assemblea. La situazione a Idomeni è molto tesa. L’accordo tra Unione Europea e Turchia per il rimpatrio forzato, ha aggiunto disperazione alla disperazione e nessuno può dire come evolverà la situazione. Tante associazioni per i diritti hanno già abbandonato il campo, le violenze della polizia di frontiera non risparmia donne, bambini e malati. Un migliaio di migranti ha accettato di abbandonare il campo e di venir incarcerata nell’hotspot di Salonicco pur di allontanarsi dall’area. Nei giorni precedenti, due migranti si sono dati fuoco.

Sabato mattina la nave approderà a Igoumenitsa. Verso mezzogiorno saremo a Idomeni. Sarà dura. Tanto dura. Ma mai dura quanto per le donne, gli uomini e i bambini che sono precipitato in quell’inferno di morte inseguendo una speranza di vita.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.