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Idomeni e Leros: cambiamenti in peggio. Cosa succede dopo gli accordi UE

di Anja, staffetta #overthefortress dall'isola di Leros

A Leros non succede nulla, la situazione è calma e non si hanno arrivi da ormai due settimane, il mare era mosso, la Nato pattugliava il mare e il motivo poteva essere questo, ma ora la situazione è cambiata.
Il tempo è bello e la Nato se ne è tornata a casa ma ancora nessuno. Che l’accordo stia funzionando? Sentiamo notizie di arrivi a Lesvos e a Samos, vediamo video di come la Guardia costiera turca cerca di riportare brutalmente i rifugiati verso le sue coste, con manovre pericolose e disumane.

Da notizie non ufficiali sappiamo che Didim aspetta la stagione turistica, un po’ come tutti qua in Grecia e così mette polizia ovunque e pattuglie sulla costa, i trafficanti sono costretti a spostarsi visto che non possono corrompere tutti i poliziotti. Così Leros rimane deserta da due settimane, gli ultimi rifugiati sono partiti con il traghetto per Atene domenica 20. Li salutiamo e auguriamo il meglio nonostante la situazione che li aspetta è un altro caos.

Ma torniamo a un mese fa, l’apertura dell’hotspot. Dopo mille peripezie e soldi e tutta la fretta che è stata imposta alla Grecia hanno aperto i famosi hotspot sulle isole, dalle minacce di uscita dagli accordi Schengen, la Grecia ha rispettato i patti e così hanno aperto.

Dopo mille discussioni i volontari hanno avuto il “permesso” di entrare, diciamo che ci hanno quasi chiesto aiuto, non c’era nessun bidone della spazzatura (per 800 rifugiati) così abbiamo portato noi i sacchi, non avevano organizzato i pasti, così le organizzazioni hanno pagato colazioni, pranzi e cene per 800 persone, niente vestiti asciutti per chi arrivava, nessuna coperta o acqua… insomma un’organizzazione eccellente.

Dopo due settimane militari e polizia hanno capito vagamente che organizzare un hotspot non significa solo costruire case e mettere reti ma anche prendersi un attimo cura di chi c’è dentro. Eppure, nel nostro piccolo cosmo di preoccupazioni improvvisamente siamo di nuovo alla mercè di politici che dall’alto e da molto lontano decidono cosa succederà nel futuro delle vite umane. Niente più arrivi.

E tutti i soldi spesi per questi hotspot? Il sindaco di Leros chiude il vecchio campo, quello che ha salvato la faccia all’hotspot quando solo 2 settimane fa abbiamo avuto 1.500 persone in due giorni, ossia il doppio di quello che l’hotspot poteva contenere. Arriva la stagione estiva anche qua, e il sindaco ha promesso ad altri che il campo sarebbe stato chiuso.

Proprio oggi, 22 marzo, dopo una riunione tra i vari capi e ONG si scopre che l’hotspot rimarrà attivo come centro di detenzione. In molti l’hanno chiamato così da quando ha aperto, reti e fili spinati davano un’idea, ma detto da fonti ufficiali non è rassicurante. L’UNHCR ha rilasciato una dichiarazione, riguardante la loro presenza negli hotspot, dicendo che non saranno partecipi (avranno un ufficio lì accanto ma non all’interno), così anche a Leros. Giusto poche settimane fa si progettava la costruzione del blue dot all’interno dell’hotspot, centri specializzati per il sostegno di bambini e famiglie lungo le rotte di migrazione maggiormente percorse in Europa. Ma anche questo è ora un ricordo, la tenda di Save the Children e dell’UNHCR non saranno presenti all’interno e così probabilmente i volontari. E’ a tutti gli effetti un centro di detenzione.

La Grecia è nel caos e la Turchia è ben pagata per tenersi stretti tutti quelli che cercano di arrivare, e come abbiamo visto ad ogni costo, con forconi appuntiti in mare.

A Idomeni la situazione è sempre più tragica, disperazione e caos dilagano, da quanto dicono i medici di MSF la disperazione assale, casi di persone che si autoferiscono con pietre, proteste ed oggi un ragazzo si è dato fuoco

Idomeni sarà probabilmente evacuata, ma ci sono ancora 10.000 persone che devono essere invitate ad andare nei campi, e ciò non è ancora successo (con le buone).
Oggi gli attacchi di Bruxelles hanno tolto ancora quel poco di speranza di integrazione e compassione per chi da questo viaggio si aspettava un futuro, o almeno un po’ di accoglienza.