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Costruire i ponti d’Europa

Da Idomeni al Brennero guardando avanti

Tanto è stato scritto in questi giorni sull’esperienza straordinaria della marcia Overthefortress che, dopo essere stata in Grecia al campo di Idomeni, immersa nell’umanità di una crepa dell’Europa fortezza, si è ritrovata al Brennero il 3 aprile, assieme ad altre 1000 corpi in marcia, con l’intento di aprire altre brecce e dare vita ad un effetto domino di forza e solidarietà, in antitesi a quel cinismo che ha provocato la chiusura della rotta dei Balcani e il patto meschino tra l’UE e la Turchia.
Solo esperienze di questo genere, che toccano tasti intimi e profondi, possono restituire all’esterno, ma anche al proprio essere, produzioni così ricche ed articolate, libere di cogliere il proprio punto di vista soggettivo, ma anche quel discorso emotivo che inevitabilmente si fonde con l’analisi. Non tornerò su questi aspetti, fortemente presenti in tantissimi articoli pubblicati finora su Melting Pot, ma proverò, un po’ schematicamente, ad evidenziare alcuni tratti del lavoro politico e sociale di Overthefortress.

Abbiamo cominciato a muoverci in estate dello scorso anno quando la rotta balcanica era aperta e la caratteristica principale del flusso di persone era rappresentata dal transito. Il cammino dei migranti, specialmente a piedi e sui binari, ma anche invadendo le corsie di strade ed autostrade, è riuscito per mesi a forzare i regolamenti europei inadeguati ed attivare una solidarietà di attivisti e cittadini mai vista prima d’ora. In quel frangente di tempo, breve ma esplosivo, nel quale emergeva la determinazione dei migranti, e per questo successivamente sedata all’interno di un dispositivo di corridoio militarizzato nell’area balcanica, la staffetta overthefortress si è mossa lungo le direttrici delle rotte imposte “accompagnando”, camminando al fianco dei migranti e cercando di essere una piccola spinta di appoggio visibile ed invisibile.
Il recarsi a Budapest, a Röszke, a Slavonski Brod, a Šid, a Gevgelija, a Spielfeld, a Belgrado, sull’isole di Leros e di Samos o a Idomeni non è mai stato inteso solo come una questione di media attivismo e monitoraggio, ma un’iniziativa politica nella quale inchiestare e prendere contatti con le realtà attive, conoscere e parlare con i migranti, vedere coi propri occhi le evoluzioni in atto, misurarsi con le modifiche dei dispositivi di controllo degli Stati applicati alla mobilità, confrontarsi una volta tornati a casa su come essere solidali e complici del cammino senza farsi imbrigliare e marginalizzare nel ruolo di volontari caritatevoli.
Senza questa progettualità, senza sporcarsi le mani, senza una lettura complessiva dei cambiamenti in atto, difficilmente si sarebbe potuta costruire una partecipazione di massa alla marcia, che rimane inaspettata per chiunque.

Questa scommessa ha voluto e ha saputo costruire ponti in tante direzioni. Nella costruzione di questi non per forza c’è un ordine di importanza piramidale e determinato, bensì tiene insieme elementi personali con elementi collettivi e di autorganizzazione. Un ponte tra attivisti e rifugiati che non si è palesato nell’ambiguo rapporto dell’aiuto nella pietas, ma che invece ha messo al centro sia le esigenze materiali delle persone bloccate sia la conoscenza delle storie personali, e la comprensione ed il sostegno dei meccanismi dell’autogestione e cooperazione tra i rifugiati. Riconoscere che di fronte ci sono persone non (solo) vulnerabili e fragili, ma forti e consapevoli e pronte a rivendicare diritti e lottare per ottenerli, non è un dato scontato, visto che la maggior parte delle organizzazioni umanitarie attive opera in modo unidirezionale utilizzando la retorica dell’aiuto e considerando il migrante un soggetto passivo.
Essere lì presenti e provare a costruire un ponte tra un attivismo sociale ed uno politico ha sovvertito la modalità caritatevole, facendo vedere che è possibile coniugare la solidarietà con la rivendicazione politica, l’apporto concreto di supporto con la mobilitazione nelle vie di Salonicco e sotto i palazzi del potere. Un ponte, nel contempo, tra luoghi di confine diversi ma immediatamente riconoscibili nel momento in cui il Brennero è la prossima zona di frontiera sottoposta ad una militarizzazione forzata e selezione della mobilità umana. Aver lanciato proprio da Idomeni la partecipazione di Overthefortress alla manifestazione del 3 aprile per mantenere aperto il confine italo-austriaco e rivendicare la libera circolazione delle persone, non è stato solo un gesto evocativo, ma la concatenazione in modo lineare tra la contrarietà al regime dei confini e l’evidenza che esiste, da sinistra, una parte di società che proprio sui temi della mobilità, dell’accoglienza e dei diritti pretende un’Europa diversa. Violare quel confine e richiedere dei canali umanitari, inoltre, proprio il giorno prima dell’avvio dei rimpatri dalla Grecia alla Turchia rende chiaro come i “canali”, quando sono fatti per espellere ed escludere le persone dal vecchio continente, sono attivati in tempi brevi e, purtroppo, funzionano.

Infine va segnalato un altro dato importante da tenere in considerazione: ovunque nei luoghi di frontiera, quello che risalta è l’enorme apporto di giovani che fanno dell’impegno sociale e della solidarietà un valore ideale che ha delle potenzialità tutte da scoprire. Molti di loro sono partiti in modo autonomo senza organizzazioni di riferimento, alcuni invece con contratti precari nelle grosse ong. Finita la propria esperienza è certo che non saranno uguali a prima. Senza scomodare la storia ci sono però periodi nei quali questo impegno generazionale diffuso e transnazionale, oggi veicolato soprattutto dai social network che in situazioni come queste possono accendere la miccia e produrre un effetto benefico e virale, ha poi innescato movimentazioni sociali che hanno scritto la Storia dei diritti.

La campagna sociale e politica di Overthefortress non si fermerà in tempi brevi: bisognerà restituire sui territori in modo plurale questa significativa esperienza, scambiare e mettere in comune riflessioni e suggestioni: nel frattempo si è già attivata la staffetta per continuare, e implementare, il progetto “No border Wi-Fi” a Idomeni ed un viaggio di monitoraggio a Calais è in preparazione. Altre idee ed iniziative sono in cantiere perché la sfida collettiva lanciata al regime dei confini deve ampliarsi e connettere tante realtà e soggetti diversi che non accettano fili spinati e deportazioni di massa.

OVERTHEFORTRESS BRENNERO 2016 from MACAO on Vimeo.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]