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Diario di viaggio Idomeni 4

Quarto contributo Macao: il racconto del tragico incidente di ieri

A Idomeni le giornate scorrono per lo più tranquillamente. Al sorgere del sole, il campo lentamente inizia a svegliarsi e i suoi abitanti iniziano ad affollare i punti acqua e le varie zone di distribuzione del cibo. A poco a poco gli spazi diurni si animano di suoni e colori: la scuola, i punti di distribuzione, la infotend… Durante il giorno le temperature sono molto alte e le persone cercano di rintanarsi nelle poche zone ombreggiate, ma la mattina no. La mattina ad Idomeni ti accarezza con un sole caldo e un lieve venticello fresco e, se si chiudono gli occhi, sorseggiando la prima tazza di chai della giornata, per un attimo sembra di essere in un altro luogo, un luogo di felicità e giustizia.
Oggi non è una di quelle mattine. Il campo si è svegliato in anticipo intorno alle 6 del mattino, quando decine di agenti di polizia in tenuta antisommossa hanno intimato ad alcune decine di famiglie accampate sulla ferrovia di sgomberare l’area. Sembra che la motivazione sia l’imminente passaggio di un treno su quella tratta, binari che collegano la Grecia con la Macedonia.
Ma come sempre le notizie corrono veloci e le conferme tardano ad arrivare.
E’ un giorno di tensione e confusione oggi, perché le operazioni di polizia continuano a susseguirsi. Più tardi nel corso la mattinata infatti, sempre nella stessa zona del campo, una serie di interventi logistici di movimentazione di containers richiedono l’ulteriore spostamento di alcune tende, mantenendo costante il presidio della polizia antisommossa e creando un clima di nervosismo generale. E’ in giornate come queste che si spera di arrivare a sera senza incidenti per ricominciare nuovamente da capo, ma è proprio in giornate come queste che può succedere l’inimmaginabile.
“Correte correte, la polizia ha ucciso un uomo!”. Così entra urlando in infotend un ragazzino siriano che conosciamo, ha lo sguardo incredulo e gli trema la voce. Lo seguiamo di corsa e raggiungiamo una calca di gente intorno a un blindato della polizia. Sulla strada asfaltata grosse chiazze di sangue. Ancora non si capisce cosa sia successo ma le persone iniziano ad inveire contro gli agenti, bloccare la strada con i cassonetti e mascherarsi il volto come per prepararsi ad una battaglia.
Tutte le unità di polizia nei paraggi raggiungono la zona e iniziano a contenere la folla, che nel frattempo si è spostata davanti ad uno dei presidi di MSF, chiudendo alcuni accessi alla strada. A pochi metri da li, i medici stanno cercando di rianimare l’uomo che giace esanime in una pozza di sangue sul pavimento. Nella gran confusione è difficile stabilirne le condizioni, pur essendone chiara l’estrema gravità. Dopo circa un’ora dall’accaduto, e a gran fatica, l’uomo viene caricato su un’ambulanza e portato via.
La folla raggiunge compatta il blindato, che nel frattempo era rimasto privo di presidio, e inizia ad attaccarlo con pietre e bastoni. Un atto simbolico, che raccoglie la rabbia e la disperazione di migliaia di persone ridotte allo stremo delle forze, respinte, ignorate, abbandonate. Un atto che viene represso subito dagli agenti con lancio di granate assordanti in mezzo alle persone, non curanti dei tanti bambini che affollano l’area. E’ la folla stessa che lentamente si disperde, senza ulteriori conseguenze, dopo circa un’altra ora di protesta davanti al cordone di agenti.
Cosa sia successo, lo ricostruiamo solo diverse ore dopo sentendo le testimonianze dirette, parlando con i medici e i giornalisti presenti al momento del fatto. E’ stato un incidente, ecco tutto. L’uomo ha avuto un malore mentre cercava di montare un telo per proteggere la sua tenda dal sole ed è svenuto sulla strada nello stesso istante in cui il blindato stava facendo retromarcia per fare inversione e andare via. Gli sono passati sopra alla testa con le ruote e non c’è molto altro da aggiungere.
Le notizie e gli aggiornamenti sul suo stato si rincorrono per tutta la notte senza conferme ufficiali. Alcuni dicono che è in terapia intensiva, altri che è morto, ma in ogni caso le sue condizioni sono apparse subito gravissime e ci sono poche speranze che ce la possa fare.
Un incidente è un incidente, per carità. Ma quest’uomo, di 34 anni e con 4 bambini, non era qui per caso. Era uno dei tanti detenuti di questa Europa barricata e la sua unica colpa oggi, è stata quella di voler creare un po’ di ombra per la sua famiglia, per sfuggire al caldo cocente di queste ultime giornate di primavera. Forse non si era riparato a sufficienza, forse era disidratato, forse era ammalato come tante delle persone che affollano Idomeni. Ha resistito per mesi alle bombe e poi ha affrontato il più difficile dei viaggi per garantire un futuro alla sua famiglia. E’ arrivato fino a qua e poi ha ceduto, per un solo istante. E ha trovato la ruota di un autoblindo che non doveva essere là, come non dovevano essere qua i corpi di polizia antisommossa, i fili spinati, i muri, …
Nello stesso giorno in cui centinaia di persone affogano nuovamente delle acque del mediterraneo, un uomo, l’ennesimo, cade vittima delle frontiere e non c’è nient’altro da aggiungere.

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