Boreano è un puntino sulla carta geografica a nord della Basilicata, provincia di Potenza, ma è in questo piccolo borgo, e nella vicina Venosa, che da qualche mese il sindacato USB, e in particolare Francesco Castelgrande, delegato del sindacato, sta portando avanti una vera e propria lotta per ridare dignità ai tanti braccianti agricoli africani che vivono, invisibili e nascosti, all’interno del ghetto di Boreano, in condizioni igienico sanitarie pessime e sotto lo stretto controllo dei caporali e della mafia locale.
Il 5 maggio, nonostante un’intera giornata di pioggia battente che ha condizionato il trasporto degli africani, abituati a spostarsi in bicicletta (il ghetto dista diversi chilometri da Venosa), una cinquantina di braccianti, insieme ai delegati dell’USB, hanno occupato, in assemblea, la sala consiliare del comune di Venosa.

Alla presenza del sindaco e di alcuni assessori, i lavoratori hanno denunciato a gran voce lo sfruttamento lavorativo, il degrado abitativo, le difficoltà relative al rinnovo dei permessi di soggiorno fino al l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe comunale. Ma questa volta sono andati oltre, minacciando di presentarsi in sciopero permanente, nelle prossime settimane, sotto i Palazzi della Regione Basilicata che, negli anni, ha sempre fatto “orecchie da mercante” rispetto alle rivendicazioni dei braccianti africani. Eppure, e questo le istituzioni lo sanno, l’intera filiera agricola è sostenuta proprio dal lavoro di questi schiavi moderni pagati, quando va bene, 3 euro l’ora.
Ma ci sono altri due dati importanti rilevabili dalla giornata del 5 maggio: il primo riguarda l’impegno da parte del Comune di Venosa di istituire un “indirizzo virtuale anagrafico”, strumento che permetterà ai lavoratori di potersi iscrivere all’anagrafe comunale ai fini della residenza (se attuato, sarebbe uno dei primi casi in Italia); il secondo grande risultato è la costituzione, da parte dell’USB, della categoria sindacale di Braccianti Agricoli, primo grande esperimento per unire lavoratori emarginati e sottopagati. E l’idea potrebbe avere una forza rivoluzionaria e dirompente perché i braccianti africani, “nomadi lavorativi”, si spostano in tutti quei territori, dalla Calabria alla Sicilia, fino alle zone dell’Agro Pontino, dove c’è richiesta di braccia per raccogliere i prodotti della terra, e nel loro peregrinare potrebbero così sindacalizzare anche tutti gli altri lavoratori.
Anche in altre regioni le denunce dei lavoratori africani stanno cominciando a diventare più sistematiche: a Foggia, proprio questa mattina (9 maggio), i lavoratori delle campagne della Capitanata, coordinati dal laboratorio per le migrazioni Pro/Fuga, si sono ritrovati sotto il palazzo degli Uffici Statali per manifestare il loro sdegno, ancora una volta, davanti all’incompetenza e all’indifferenza delle istituzioni che ignorano legittime rivendicazioni di dignità.

Nel frattempo però, proprio in concomitanza con le denunce espresse a Venosa il 5 maggio, un incendio, le cause sono ancora da accertare, si è portato via tutte le baracche dei braccianti agricoli a Boreano, la notte tra il 6 e 7 maggio, rendendo le condizioni di queste persone ancora più difficili e precarie.
Davanti a quello che si può definire “l’inferno della vergogna nazionale”, la Regione Basilicata tace e le mafie, spudoratamente, lucrano sulla povertà e sull’emarginazione.