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Disperazione e rabbia a Idomeni

di Tommaso Gandini, staffetta #overthefortress

Idomeni, 19 maggio – Nei giorni scorsi la disperazione è stata il comune denominatore di tutta la vita al campo. Ovviamente in un luogo come Idomeni essa è sempre presente, in ogni discorso che si concentra sul passato o sul futuro delle persone bloccate qui, emerge questo sentimento umano. Ma dopo quasi due mesi, bloccati e senza nessuna via d’uscita, anche le personalità più energiche e combattive hanno avuto grosse difficoltà. In tanti hanno abbandonato il campo. Impossibile stimare quanti siano, ma intere zone sono visivamente più vuote.
Chi lascia il campo lo fa in tre modi: il primo è con un autobus che porta a uno dei campi militarizzati. Non sembra sia possibile scoprire in quale si verrà destinati prima di arrivarci.
Il secondo modo è tentando di attraversare il confine illegalmente con “l’aiuto” di uno smuggler o semplicemente incamminandosi a piedi. Questa via non è più una prerogativa dei ragazzi giovani: intere famiglie, gruppi di anche 25 persone si incamminano nei sentieri di montagna per ore. E la maggior parte delle volte sono catturati e picchiati dalla polizia macedone, per poi essere rispediti di nuovo a Idomeni.
La terza via è tornare a indietro. Sempre più persone decidono di tornare in Iraq o in Turchia, alcuni perfino in Siria. Degli spettri senza più nessun briciolo di speranza. Molti ci confidano di preferire lo sfruttamento e la vita indegna in Turchia a questo campo, altri vogliono tornare dai propri cari sotto le bombe ad Aleppo per morire lì.
Il clima al campo è peggiorato, gli scontri fra etnie sono notevolmente aumentati. Cercando di dare stime, pur nella difficoltà del caso, circa l’80-90% degli abitanti del campo sono siriani, una metà di loro a origini curde e l’altra araba. Queste due sono le fazioni più numerose al campo, contando che anche molti iracheni sono curdi. Per la maggior parte del tempo i gruppi riescono ad andare d’accordo, ma tra le due culture non scorre buon sangue. Parte dei curdi accusa gli arabi di essere “Daesh”, fedeli all’ISIS, parte degli arabi ha ereditato un odio storico verso le popolazioni curde. Alcuni espedienti, molto spesso semplicemente il comportamento di un bambino, causano grosse risse con decine di persone e l’utilizzo di numerose armi improprie. Dopo questi scontri perfino i bambini organizzano sassaiole contro altri bambini dell’etnia avversaria.
Questa situazione ha delle responsabilità che non dobbiamo dimenticare. La frustrazione della vita al campo si fa peggiore di giorno in giorno anche per la stretta delle autorità greche, che continua a fare pressioni perché il campo sia svuotato. I controlli per accedere al campo si sono rafforzati e non di rado, anche se non ancora in modo sistematico, la polizia blocca i volontari indipendenti e il cibo che dovrebbe arrivare al campo tramite le piccole associazioni. Inoltre il Governo sta rallentando quelle migliore che porterebbero maggiori servizi al campo. Ad esempio Medici Senza Frontiere, che ha concluso da poco un progetto di vaccinazioni al campo, è ancora in attesa dei permessi per attivare le docce e i servizi già pronti per essere utilizzati. Allo stesso tempo, gli operatori governativi assieme ai traduttori cercano di convincere i migranti ad abbandonare il blocco della ferrovia e a recarsi nei campi governativi.

Gli scontri

In quest’atmosfera di profonda rassegnazione ieri qualcuno ha decido di agire. Nessun rumors, nessuna voce o chiamata. Semplicemente ad un certo punto, intorno alle 19.30 ora greca, quasi un centinaio di persone hanno spinto un vagone abbandonato sulla ferrovia e hanno cominciato a spostarlo verso il confine, con l’intenzione di forzare il blocco della polizia. Immediatamente si sono radunate tantissime persone che urlavano ”Open The Border”. Quando il vagone si trovava a circa una cinquantina di metri dai pullman delle forze dell’ordine, la polizia ha cominciato a lanciare lacrimogeni. Da quel momento il gruppo di manifestanti non ha fatto che aumentare. Per diverse volte i manifestanti hanno recuperato il vagone per poi ritornare verso la polizia, ma non si è mai verificato un vero e proprio corpo a corpo. Da un lato infatti vi era una fitta sassaiola, dall’altro un lancio massiccio di lacrimogeni.

I lacrimogeni non sono stati lanciati solo nelle zone più vicine alla protesta, ma volutamente anche in mezzo alle tende. Va considerato che l’effetto dei lacrimogeni si protrae a lungo poiché l’aria si riempie di gas nocivo oltre la durata della nuvola del fumo bianco che si vede nelle immagini. Spostati dal vento questi gas hanno inondato anche zone del campo molto lontane dagli scontri. Decine le famiglie che scappavano in lacrime e tossendo. Trovandosi nel punto sbagliato diventava impossibile respirare, non si poteva che correre ed accasciarsi lontano dal gas, con pesanti difficoltà a vedere, parlare e respirare. In grado di mettere in ginocchio degli adulti, l’effetto di questi gas per i bambini è stato devastante. In tantissimi si sono ritrovati da soli senza sapere dove andare, moltissimi sono stati soccorsi boccheggianti o svenuti. Non si possono che ringraziare i migranti e i tanti volontari più o meno indipendenti che distribuivano acqua, limone e soluzione fisiologica e assistevano i più piccoli. Nessuna ambulanza o dottore è entrato nel campo, MSF ha dovuto sospendere le proprie attività ed evacuare il personale e i pazienti fino a questa mattina.
Gli scontri hanno continuato fino a dopo il tramonto, i migranti hanno acceso numerosi fuochi accanto ai binari della ferrovia, mentre la polizia non ha mai smesso di lanciare lacrimogeni. Ad un certo punto, a lato della protesta, è scattata un rissa fra arabi e curdi, con tanto di bastoni e catene. In questo momento preciso, cogliendo i disordini interni e approfittando del buio, la polizia ha effettuato una breve ma fitta sassaiola in una zona piena di tende, incurante di chi avrebbe potuto colpire. In tutto questo non si è nemmeno risparmiata insulti diretti ai manifestati del calibro di ”I will f**k your mother” o ”I will f**k your children” ”You bastards”.
Intorno alle 23.30 ora locale la protesta si è lentamente spenta, con i poliziotti ritiratisi nel proprio blocco fatto di pullman e con numerosi abitanti che lentamente uscivano dalla propria tenda con scopa e paletta per ripulire la strada.

Foto di Antonio Nicolini
Foto di Antonio Nicolini

Quale futuro per Idomeni?

Difficile prevedere cosa succederà nel campo. Oggi la situazione è tornata molto tranquilla, è tornata a quella disperata routine degli scorsi giorni. Il Governo dal canto suo ha bloccato l’accesso ai volontari non accreditati per tutta la mattinata, anche se sembra che già questo pomeriggio abbia allentato di nuovo la stretta. Ma difficilmente la situazione tenderà a migliorare. Oggi non è stato garantito per la prima volta in assoluto l’accesso al campo al Banana Team, che ogni mattina distribuisce banane. Può sembrare indifferente, ma in tantissimi nel campo hanno sofferto questa notizia, non solo perché il cibo è ancora una necessità per tantissime famiglie, ma anche per il valore simbolico del gesto, che spezza una delle abitudini positive del campo.
Noi attivisti di Overthefortress abbiamo lasciato temporaneamente il campo nel primo pomeriggio, dopo essere rimasti a Idomeni tutta la notte. Il Wi-fi, dopo un breve mal funzionamento, è stato ripristinato questa mattina e anche il punto donne procede regolarmente. Le ragazze siriane che se ne occupano sono completamente autonome. Al momento circa una dozzina di donne al giorno entra nel ”Beauty center” per farsi tagliare i capelli, truccarsi e depilarsi gratuitamente. Allo stesso modo le docce e lo spazio ricarica e musica sono di giorno in giorno sempre più utilizzati, e aumentano anche i volontari indipendenti che decidono di aiutare, chi dipingendo le pareti, chi aiutandoci nello studiare come portare acqua calda.
Siamo più che consapevoli che l’unico modo per aiutare queste persone è aprendo i confini. E sappiamo che questo non si otterrà né a breve né stando a Idomeni, ma solamente attraverso un cambiamento radicale a livello europeo, che le persone e i movimenti hanno il dovere di esigere. Eppure è fondamentale rimanere qui ad osservare e a raccontare quello che accade, e quando si riesce anche ad agire. Monitorare semplicemente quello che succede non è proprio possibile in queste situazioni. In modo più o meno organizzato in ogni caso le migliaia di vite bloccate qui impongono azione a chiunque attraversi questo campo, la gentilezza e l’ospitalità della gente obbliga ad adoperarsi praticamente per aiutare dove possibile. Nonostante la maggior parte delle persone al campo sia grata a chiunque sia qui con loro, non sarebbe possibile osservare questa situazione con le mani in mano. Ecco quindi che come Overthefortress crediamo sia importante rimanere all’interno e garantire sia l’azione di monitoraggio e racconto, sia dei servizi come internet e lo spazio per le donne.
Al campo non siamo i soli ad agire in queste direzioni: un gruppo di spagnoli chiamati ”Bomberos” ha allestito un ospedale da campo indipendente, la ”Info tent” raccoglie informazioni sul campo e sulla situazione in Grecia per fornirle ai migranti, il ”Cultural Center Idomeni” organizza sia una scuola per bambini che per adulti, oltre che dei piccolo spettacoli e concerti. Tutte queste realtà si stanno muovendo in modo totalmente indipendente e ieri, come sempre, erano presenti al campo per supportare gli abitanti dove necessario. Non a caso proprio i volontari indipendenti sono i più osteggiati dal governo, che li vorrebbe come istigatori delle proteste per isolarli definitivamente, e intanto gli nega l’accesso ai campi governativi.
Questo è uno schema che non potrà che riproporsi in altre contraddizioni che si andranno a creare in Europa in seguito alle scellerate politiche migratorie attuali. Sarà fondamentale, nel breve periodo, capire come combattere tutti i nuovi confini che si stanno creando attorno ai migranti. Il fatto che a dei cittadini europei sia impedito all’interno dello spazio europeo di portare solidarietà attiva a delle persone palesemente sofferenti, evidenzia un modus operandi molto pericoloso che rischia di replicarsi velocemente.
Per il momento noi rimaniamo qui, ad osservare e ad aiutare come possibile. Di progetti ce ne sono tanti, mutabili a seconda delle esigenze e delle condizioni del campo.
Non abbiamo nessuna intenzione di scoraggiarci: se il Governo greco intende prendere per esaurimento gli abitanti del campo il processo sarà ancora molto lungo, sempre ammesso che tutti accettino di andarsene. Noi non abbiamo intenzione di farlo.

Tommaso Gandini

Racconto migranti e migrazioni dal 2016, principalmente tramite reportage multimediali. Fra i tanti, ho attraversato e narrato lo sgombero del campo di Idomeni, il confine del Brennero, gli hotspot e i campi di lavoro nel Sud Italia. Nel 2017 ero imbarcato sulla nave Iuventa proprio mentre veniva sequestrata dalla polizia italiana. Da allora mi sono occupato principalmente del caso legale e di criminalizzazione della solidarietà.