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Un rifugiato siriano vince il ricorso contro il ritorno forzato in Turchia

Apostolis Fotiadis, Helena Smith e Patrick Kingsley, The Guardian del 20 maggio 2016

Foto: Yamine Madani, campo di Idomeni - aprile 2016

L’accordo sulle migrazioni tra UE e Turchia è finito ulteriormente nel caos dopo che un’autorità indipendente che esamina le richieste di appello in Grecia si è pronunciata contro il ritorno in Turchia di un rifugiato siriano, creando potenzialmente un precedente per migliaia di altri casi simili.

In un caso epocale, il comitato di appello ha sostenuto l’appello di un richiedente asilo che era stato uno dei primi siriani in lista per il rimpatrio, secondo quanto previsto dall’accordo tra UE e Turchia.

In un documento scovato dal Guardian, un tribunale di Lesbo ha stabilito, in seguito alle richieste d’appello di tre persone, che la Turchia non sarebbe stata in grado di dare ai rifugiati siriani tutti i diritti che spettano loro secondo i trattati internazionali e, pertanto, ha rovesciato l’ordine di rimpatrio del richiedente con un due voti favorevoli a uno. Il caso verrà ora rivalutato in merito all’annullamento.

La conclusione del comitato è stata: “Il Comitato ha ritenuto che la protezione temporanea che la Turchia potrebbe dare al richiedente, in quanto cittadino siriano, non gli garantisce dei diritti equivalenti a quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra”.

La decisione indebolisce la base pratica e legale dell’accordo tra UE e Turchia, che era stato pensato dai leaders europei per scoraggiare i rifugiati dal recarsi in Europa, assicurando il veloce rimpatrio della maggiorparte delle persone sbarcate sulle coste greche.

Dopo la firma del contratto il 18 Marzo, i funzionari europei hanno affermato che questi rimpatri sarebbero stati legalmente giustificati sostenendo che la Turchia rispetti i diritti dei rifugiati.

Ma l’esecutivo europeo ha scarso controllo sui protocolli di asilo greci. Il comitato ha rigettato la logica del trattato tra UE e Turchia, citando come giustificazione alcune precedenti direttive interne dell’Unione Europea.

Mentre quasi altri 400 richiedenti asilo sono ritornati in Turchia secondo quanto previsto dall’accordo, nessun richiedente di nazionalità siriana è stato rimandato indietro contro la propria volontà- rendendo la decisione di venerdì un momento di svolta.

Al suo primissimo esame, l’accordo tra UE e Turchia si sgretola” ha detto Gauri van Gulik, il vice direttore europeo di Amnesty International.

Il governo greco, che non ha preso parte alla decisione del comitato indipendente, ha ammesso che la sentenza ha creato “una situazione molto complicata”.

Il vice ministro greco responsabile della politica di migrazione, Yannis Mouzalas, ha detto al telefono da Bruxelles: “Ho appena saputo la notizia della decisione del comitato d’appello e devo essere in Grecia per studiarlo. Ci sono, come sa, comitati indipendenti per cui mi risulta difficile esprimermi – ma se la pensano in questo modo, la situazione diventerà molto complicata”.

Questa decisione va contro tutte le direttive di ONU e UNHRC, sostiene Mouzalas. “Sul serio non so come siano arrivati a questo punto”.

UNHRC non ha offerto risposte immediate, ma aveva precedentemente già criticato il trattato, affermando di non volerne prender parte.

I media greci hanno affermato che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che la decisione “bomba” avesse l’effetto valanga di scatenare una miriade di richieste di asilo simili da parte di altri rifugiati, soprattutto siriani, detenuti nelle vaste isole dell’Egeo. 174 ricorsi sono stati esaminati finora da comitati d’appello composti da esperti in materia di asilo, avvocati e funzionari a Lesbo, di cui 100 sono stati accordati, secondo il quotidiano greco Kathimerini.

Le cifre governative diffuse venerdì hanno rivelato che 8,592 rifugiati e migranti erano in quel momento detenuti nelle isole, spesso in condizioni precarie.

La prospettiva crescente di avere il permesso di restare in Grecia, invece di essere rimandati in Siria, potrebbe innescare la scintilla di una nuova ondata di migrazioni dalla Turchia.
Scoraggiati dall’accordo e dalle crescenti misure al confine turco, il numero dei migranti è diminuito significativamente da quando l’accordo è stato reso pubblico.

I gruppi per i diritti umani hanno accolto immediatamente la notizia. “Abbiamo sempre sostenuto che la Turchia non sia un Paese sicuro per i rifugiati perché non ha ratificato del tutto la Convenzione di Ginevra e lo status sociale e giuridico dei rifugiati, soprattutto dei non siriani”, ha affermato Wenzel Michalski, il quale, in quanto responsabile tedesco di Human Rights Watch, ha assistito ad aprile ai primi ritorni forzati dei migranti da Lesbo alla Turchia.

Le promesse turche di migliorare le regole del mercato del lavoro per facilitare i permessi di lavoro ai rifugiati non sono state mantenute, e neanche le promesse di integrare i bambini rifugiati del sistema scolastico, ha affermato Michalski. Per non parlare dei respingimenti al confine turco-siriano, dove aspiranti rifugiati sono stati deliberatamente colpiti ed uccisi, circostanze negate dal governo turco.

Ci sono ancora molti bambini che lavorano invece di andare a scuola, e, ancora peggio, non conosciamo ancora il vero destino di coloro che sono finora stati rimandati in Turchia, dato che alle ONG e ai giornalisti è stato negato l’accesso ai campi per i rifugiati, e la prima cosa che le autorità turche hanno fatto è stata la confisca dei loro cellulari”, ha detto da Berlino. “Dobbiamo dire grazie alla Grecia per questa splendida mossa”.