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Dalle chiese alle stalle. Ovvero il treno per Lourdes non ha scioperato

Un report di due medici da Ventimiglia

23 luglio 2016 – Siamo due medici. Partiamo da Genova con il treno delle 6:48. Così presto poiché ci era stato richiesto di fare un collegamento online da Ventimiglia con il Palazzo Ducale alle 11 circa, dove era in corso un incontro sul tema delle migrazioni, organizzato tra gli altri dal comitato piazza Carlo Giuliani e da varie associazioni e solidali.

Come immaginiamo sia noto, le condizioni dei migranti in transito a Ventimiglia sono se possibile peggiorate ulteriormente. Infatti, il campo allestito dalla Croce Rossa e gestito con Caritas e Questura accoglie solo circa 200 migranti mentre tutti gli altri, dopo la chiusura della parrocchia di S. Antonio (a quel tempo si era arrivati a 1.000 persone circa) si trovano in strada (a parte quelli portati in giro per l’Italia con autobus e aerei vari da polizia, carabinieri e guardie di finanza).

Il campo B

Per fortuna abbiamo portato con noi le biciclette, poiché essere medici volontari da queste parti diventa sempre più complesso. Ora infatti le persone sono disperse (parco, spiaggia, fiume, chiesa, campo della Croce Rossa e campo informale vicino a quest’ultimo). Dalla stazione facciamo un giro verso il mare, dove un amico sudanese molto attivo nel supporto ai transitanti dorme. Lo svegliamo, nostro malgrado, per chiedergli dove si trovano le persone. Ci spiega la situazione, è molto preoccupato poiché la confusione e separazione tra le persone e l’allontanamento dei solidali ha creato delle “profonde divisioni”.

Partiamo dunque con un breve giro dei luoghi da lui indicati. In particolare in Chiesa ci sono ancora circa 50 migranti, tutti nuclei familiari con bambini e persone con problemi di salute, lì abbiamo visitato una bambina che aveva una faringite (non c’è più il mezzo della Croce Rossa-ASL, già descritto dai volontari della Caritas come chiuso e inutilizzato da settimane, sostituito da una camionetta dei carabinieri).

Ci dirigiamo verso il nuovo campo. Si trova a tre chilometri almeno dalla chiesa, per arrivarci bisogna passare per la bretella della superstrada, strada a scorrimento veloce, parecchio pericolosa e buia la sera. Ovviamente molti migranti che si trovano sia al campo della Croce Rossa sia nell’adiacente campo informale, per raggiungere per qualsiasi motivo il centro abitato si spostano comunque lungo queste strade. Arrivati al campo vediamo subito molte croci rosse su sfondo bianco, un tendone e alcuni container. Da lontano vediamo che un operatore della Croce Rossa sta seduto all’ingresso.
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Noi veniamo contattati da un altro ragazzo sudanese di nostra conoscenza, anche lui molto attivo nel sostegno ai migranti in transito su tutta la regione Liguria, proprio mentre non riusciamo a trovare l’ingresso al surreale campo informale in cui il resto dei migranti si trovano. Questo è un edificio evidentemente in disuso adiacente al campo della Croce Rossa, sempre nell’ambito dello scalo ferroviario e costituiva probabilmente una stalla per animali trasportati con il treno. Attualmente vi risiedono, oltre a circa trecento migranti in transito, residui di carri allegorici costituiti da enormi personaggi come: l’uomo ragno, specie di diavoli vari, croci e folletti. Tutti in pessime condizioni.

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Interessante è la strana separazione che si è creata tra una metà delle persone che sono state accolte nel campo della Croce Rossa e hanno quindi “diritto” al posto per dormire, benché non troppo salubre, all’acqua, al cibo e all’uso dei bagni, l’altra metà viene chiamata alla fine dei pasti da volontari che passano nel secondo campo quando hanno finito con i primi. Il pasto è sempre l’orrida bustina che ormai da mesi vediamo: mezza baguette, scatoletta di tonno della Coop, un pomodoro. Non è chiaro se agli abitanti del campo informale forniscano sempre l’acqua. Per quanto riguarda l’accesso all’acqua, dalle tre alle cinque, in gruppi di cinque, accompagnati da personale della Caritas o comunque accreditato presso la Prefettura, possono passare la ringhiera che li separa dalle docce.
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I solidali non sono pochi, provengono da diverse parti d’Italia, ma anche Inghilterra e Francia. Sono attivi nella logistica, tra cui aiuto nel reperimento di acqua e cibo, traduzioni e accompagnamenti presso strutture sanitarie. Tutte attività che fino a poco tempo fa erano da ascrivere agli aspetti migliori della solidarietà umana e che recentemente sono state considerate “criminali”.
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Visitiamo una cinquantina di persone che presentano in prevalenza scabbia e altre affezioni cutanee, infezioni delle vie respiratorie, piccoli traumi, qualche varicella. I farmaci sono pochi e per questo motivo chiediamo l’aiuto economico dell’Associazione Ambulatorio Città Aperta via mail. Non facciamo più il collegamento previsto con il Ducale poiché un’altra collega riesce ad andare personalmente all’incontro.
Nel frattempo alcuni solidali tentano di costruire una rudimentale doccia e forniscono una batteria per ricaricare i telefoni cellulari, cucinano attraverso una cucina da campo. Il pomeriggio passa più o meno ugualmente alla mattina.
Per la notte ci ospitano in casa di solidali in un paese vicino.

24 luglio 2016 – La mattina andiamo a visitare una famiglia del Ciad, madre padre e tre bambini piccoli, ospitata in una casa nell’entroterra. Chiedevano la nostra visita per problemi cutanei. Si tratta di scabbia con la necessità di trattamento e delle ovvie procedure di igiene (cambio indumenti, lavaggio intenso della biancheria), di cui si occuperanno i solidali. Il problema più grave, peraltro evidente, è che il bambino più grande di circa 4 anni non parla, piange diffusamente e presenta automatismi motori da riferirsi probabilmente ad una forma di autismo. Immaginiamo il dolore e lo sconcerto di questa famiglia di trovarsi in questa situazione e con questi problemi, che l’affetto dei solidali mitiga ma non può risolvere.

Incontriamo altri solidali in un vicino paese per recuperare farmaci e ritorniamo al campo informale, visitiamo una ventina di persone e cerchiamo di sottolineare la necessità, per quanto possibile, di separare le persone affette da patologie contagiose, seppur relativamente banali, quali la scabbia e la varicella.
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Purtroppo siamo dovuti tornare a Genova più presto del previsto perché gli unici treni sopravvissuti allo sciopero erano il treno speciale pellegrini da Reggio Calabria a Lourdes e il treno per Genova delle 17.48.
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Considerazioni generali – Riteniamo sulla base della nostra esperienza che le condizioni di precarietà con assenza totale di diritti delle persone in transito siano solo peggiorate a partire dalla nostra prima venuta a Ventimiglia. L’assurda separazione, operata allo scopo di dimostrare di aver trovato una soluzione, fa acqua da tutte le parti.

Migranti di serie A stipati nei container, migranti di serie B stipati nelle stalle; volontari della Caritas e volontari e collaboratori stipendiati dalla Croce Rossa sono solidali di serie A, attivisti e persone indipendenti solidali di serie B, quindi criminalizzati ed allontanati.

Riteniamo infine giusto, puntualizzare quale è stata la nostra esperienza globale rispetto al cosiddetto “impegno della ASL nella gestione sanitaria dei migranti”. Innanzi tutto la situazione di emergenza per i migranti in transito dura da più di un anno, nessun presidio o interesse della ASL c’è stato prima del primo sgombero, dopo un anno di permanenza delle persone al confine con la Francia. Dall’inizio di Maggio, quando i migranti sono stati sgomberati dai balzi Rossi fino almeno a un mese dopo, non c’e stato alcun tipo di intervento per le oltre duecento persone presenti sotto il cavalcavia di via Tenda, mentre noi e altri colleghi ci siamo recati lì ogni fine settimana e comunque da Genova siamo stati sempre in contatto con solidali presenti sul campo. Come espresso nella lettera dalla direzione della ASL, la prima azione di questa, è stata la richiesta al sindaco di sgombero del greto del fiume. Tuttavia la mera azione di sgombero non si è accompagnata ad alcuna altra attività che fosse rivolta a preservare il diritto o la dignità delle persone che lì stazionavano (accesso all’acqua, al cibo e a servizi igienici, ad esempio).
Le persone hanno dovuto spostarsi senza sapere dove andare per cui quelli di loro che non sono stati portati via dalle forze dell’ordine (anche questo senza rispetto dei loro diritti) presso strutture di identificazione, hanno spontaneamente deciso di chiedere aiuto presso la parrocchia di Via Tenda (S. Antonio). Dal 9 Giugno una unità mobile della croce rossa ha stazionato di fronte alla parrocchia. Da quel momento in poi, ogni volta che ci siamo recati a Ventimiglia abbiamo avuto molte visite da fare, le persone con problemi di salute venivano accompagnate da noi anche dai volontari della Caritas che richiedevano la nostra presenza, lamentando ripetutamente l’assenza in alcuni casi (il medico era presente più o meno tre giorni a settimana, per alcune ore, la mattina) o l’insufficienza (veniva somministrata una sola o poche dosi di terapia es 1 compressa di amoxicillina/clavulanato) dei servizi della ASL.
Durante il fine settimana solo una volta era stato presente un medico della guardia medica per circa un’ora la mattina di Sabato perché era stato richiesto da persone accolte nella chiesa. Dopo poco è stato chiamato poiché era il medico della guardia medica che si occupava di tutto il territorio della ASL.

Il 5/6/2016, a seguito del riscontro di alcuni casi di varicella (sempre da parte di medici volontari, che poi hanno inviato i casi più gravi in ospedale), è stata iniziata un’opera di vaccinazione di parte dei migranti. Sembra che il vaccino utilizzato sia stato un vaccino vivente attenuato, che ha per altro dei rischi nel momento in cui venga somministrato a persone con qualche grado di immunodeficienza. La cosa più strana è che non è stata effettuata nel contempo nessuna prevenzione o monitoraggio nei confronti delle donne incinte (viste da noi almeno tre) che erano presenti negli stessi locali della chiesa, nello stesso periodo.

Addirittura all’inizio di Giugno (10/6/16), quando l’unità di strada della Croce Rossa è stata posta di fronte alla parrocchia di S. Antonio, ci è stato chiesto dalla ASL (attraverso un collega facente parte del Gruppo Immigrazione e Salute Liguria), di fare turni di volontari medici che utilizzassero tale presidio alternandosi con un medico inviato dalla ASL. Tale soluzione è stata ovviamente rifiutata da noi in quanto auspicavamo che le esigenze sanitarie venissero coperte dalla ASL, per poter assicurare sostenibilità e continuità.

Vogliamo precisare come, nello spirito dell’Associazione Ambulatorio Città Aperta (quello di chiudere allorché finalmente le persone extracomunitarie siano seguite dal SSN), riteniamo che l’aspetto sanitario di questo fenomeno debba essere preso in carico dalle istituzioni, poiché il caso dei migranti in transito da emergenza si sta trasformando in situazione consolidata in tutta Europa. Come cittadini e come medici abbiamo potuto osservare sul campo dei ritardi e delle mancanze evidenti.

Inoltre riteniamo che il ridicolo nonché pericoloso tentativo di sminuire e addirittura criminalizzare l’aiuto dei solidali, dei volontari e degli attivisti sia una triste risposta di una società inerte di fronte a un grave fenomeno a cui la società civile sta invece in alcuni casi rispondendo attivamente, sopperendo alle carenze delle istituzioni (dal Baobab a Calais, passando per Ventimiglia).
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Amelia Chiara Trombetta
Antonio Curotto