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La condizione di vulnerabilità e di povertà e il percorso di integrazione sono presupposti sufficienti per la protezione umanitaria

Il Tribunale di Genova con questa ordinanza del 4 luglio riconosce la protezione umanitaria a un richiedente asilo senegalese in base a dei presupposti che accomunano moltissimi migranti provenienti dai paesi africani.
Il primo è la condizione di particolare “vulnerabilità” del ricorrente, dettata non tanto da specifici handicap personali, quanto dalla sua età, dalla condizione di vita e dal contesto di provenienza, elementi che stanno alla base del suo percorso migratorio. Il richiedente arriva da una zona rurale povera sia economicamente che culturalmente (era privo di lavoro e scolarizzazione), tale da costringerlo a lasciare il luogo da minorenne.
Il secondo è rappresentato dalla “totale assenza di mezzi di sostentamento” nel caso ricevesse un decreto di espulsione e fosse costretto a rientrare nel paese. Ciò vuol dire che l’attuale situazione di povertà della famiglia nel paese d’origine non gli permetterebbe di avere una vita dignitosa.
L’ultimo, ma non di minore importanza, è definito dal suo percorso di integrazione sociale verificabile dall’impegno profuso nell’apprendimento della lingua italiana, dalla partecipazione alle attività di orientamento lavorativo e di volontariato che il progetto SPRAR gli ha proposto. Questo aspetto evidenzia come sia fondamentale pretendere da tutte quelle strutture di accoglienza straordinaria – visto che allo stato attuale sono la maggioranza – dei progetti di qualità che forniscano servizi e opportunità di integrazione sociale.
Questi tre semplici principi, se ci fosse la volontà politica, potrebbero essere applicati immediatamente anche dalle stesse Commissioni territoriali. Ne gioverebbero tutti: sia il richiedente asilo, sia il sistema d’accoglienza, sia i tribunali congestionati dai ricorsi. Ma più in generale la nostra società risulterebbe più giusta e lungimirante.

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Tribunale di Genova, ordinanza del 4 luglio