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Over The Fortress: report dell’assemblea del 2 luglio

Il giorno 2 luglio 2016 si è tenuta la prima assemblea nazionale della campagna #overthefortress, riunitasi nello spazio dello Sherwood Festival. L’assemblea ha raccolto un centinaio di attivisti provenienti da diverse realtà italiane, dai centri sociali del nord est a quelli delle Marche, a soggetti impegnati, a vario titolo, nell’accoglienza dei richiedenti asilo fino a singole persone sensibili al tema delle migrazioni.

Questo report, seguendo l’andamento del discorso dell’assemblea stessa durata quasi 3 ore, vede una prima parte di narrazione riguardo al percorso fatto finora ed una seconda sezione dedicata alle prospettive che dal presente si aprono nell’immediato futuro, con proposte e suggestioni per proseguire il cammino.

L’assemblea si è aperta con il racconto di ciò che la campagna #overthefortress è stata fino a questo momento, dagli esordi, con la staffetta che seguiva i migranti lungo la rotta balcanica, alla partecipatissima marcia ad Idomeni, fino alle mobilitazioni contro la chiusura del confine austriaco al Brennero e l’iniziativa di denuncia dello scellerato accordo UE-Turchia presso l’Ambasciata turca a Roma. La prospettiva con cui gli attivisti si sono approcciati a questa campagna si sviluppa su diversi piani: da una parte l’interesse di comprendere queste migrazioni, di riportare le informazioni che i media nazionali trascurano, e dall’altra la ricerca di fornire ai migranti aiuti veri e concreti per superare le situazioni più critiche.

Il ritorno della carovana non è stato la conclusione di un viaggio, ma un nuovo inizio di progettualità: chi è tornato da Idomeni lo ha fatto avendo subito un profondo cambiamento, avendo ricevuto dai migranti stessi una spinta propulsiva per l’azione, una voglia di creare progetti che non terminassero con quell’esperienza.
Da un lato il viaggio ha stimolato ciascuno dei partecipanti, attivandolo nel proprio territorio per restituire l’esperienza fatta, producendo conferenze, dibattiti e racconti pubblici che hanno permesso la diffusione di informazioni e ragionamenti anche a chi fisicamente non ha intrapreso questo viaggio; dall’altro lato il viaggio ha creato dei gruppi di lavoro che hanno sviluppato dei progetti che, nati per la realtà di Idomeni, sono stati tanto utili ed efficaci da divenire riproducibili altrove. Questo è stato possibile perchè sia il progetto del “No Border Wi-fi”, sia la “No Border Radio” hanno generato in primis un metodo di lavoro che ha coinvolto e vede come parte attiva i migranti stessi, rendendoli soggetto, e non oggetto, del cambiamento che si vuole attuare.

Il progetto “No Border Wi-fi” ha portato a Idomeni una connessione internet stabile grazie ad una parabola satellitare donata dallo Sherwood festival. L’accesso alla rete internet rispondeva sia ad un bisogno molto specifico – quello di consentire la Skype-call necessaria per iniziare la procedura di richiesta d’asilo in Grecia -, ma era in generale molto utile anche per comunicare all’esterno quello che accadeva al campo, e per permettere ai migranti di comunicare con i loro cari e di avere informazioni dal mondo. Per questo il progetto è stato presentato all’Hack-meeting di Pisa e ha riunito un gruppo di lavoro che ancora è attivo per farlo diventare facilmente riproducibile in ogni situazione e migliorare la connessione: attraverso l’uso di reti mesh si auspica di riuscire a ridurre i costi e di aumentare la banda.

L’altro progetto presentato è quello della “No Border Radio”, nata dal desiderio di appiattire la distanza tra volontari e migranti, permettendo la partecipazione attiva dei secondi attraverso la creazione di una redazione mista. La radio ha permesso da un lato di produrre musica e poesia dal vivo, dall’altro di raccogliere interviste e materiale con cui narrare la storia e i viaggi delle persone bloccate nei campi informali greci. Anche questo progetto, così come quello del Wi-fi, è pensato per essere mobile e riadattabile, ed è a disposizione per tornare a muoversi seguendo le rotte migratorie.

È stata inoltre narrata la situazione dei migranti, dopo lo sgombero del campo informale di Idomeni e la deportazione di migliaia di persone nei campi governativi, che è divenuta certamente più critica. I campi militarizzati del governo, infatti, non assicurano condizioni igienico sanitarie adeguate, costringono i migranti all’invisibilità e all’esclusione, poiché non è permesso l’ingresso nei campi ai volontari indipendenti e ai giornalisti. Questo rende manifesta l’intenzione dei governi europei di escludere dallo sguardo dell’opinione pubblica migliaia di persone, negando loro il diritto all’esistenza. Altro fatto non secondario è la scelta di separare la moltitudine dei migranti in gruppi più piccoli, suddivisi per nazionalità o gruppo etnico.
L’invisibilità, l’isolamento e la suddivisione sono chiaramente funzionali all’evitare che i migranti si auto-organizzino e rendono più semplice la repressione delle proteste.
Per tutte queste motivazioni #overthefortress ha deciso di rimanere all’esterno dei campi, continuando a sostenere i migranti ove possibile, ma rifiutando di scendere a patti con queste scellerate politiche di ghettizzazione.

In particolare l’aspetto legale della situazione in Grecia è stato oggetto di monitoraggio da parte di un gruppo di operatori legali ed avvocati dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) che, dopo una prima inchiesta effettuata durante la marcia ad Idomeni, sono tornati in Grecia, dividendosi su tutto il territorio. Dal monitoraggio risulta un quadro allarmante: i migranti non hanno accesso ad informazioni sulle prassi per la richiesta di protezione internazionale o di riallocamento; in realtà non c’è neppure una vera procedura codificata, gli unici che hanno diritto di richiedere la protezione sono i Siriani ed Iracheni, mentre le altre nazionalità risultano a tutti gli effetti prive di ogni diritto, ed i migranti sono costretti ad una stanzialità forzata in centri che sono vere e proprie carceri, carenti sotto ogni profilo.

Allo stesso tempo più di un intervento ha sottolineato come per il momento la fase acuta del flusso migratorio verso la Grecia sia da considerarsi conclusa. Sicuramente i flussi non si sono arrestati, ma sono sicuramente diminuiti in quanto depotenziati. Da un lato, l’accordo tra UE e Turchia ha svolto un ruolo chiave nel cambiamento di scenario, portando, grazie anche all’agenzia Frontex, un grosso aumento dei dispositivi di arresto dei flussi sia sulle isole greche sia nel territorio turco. Dall’altro, la Grecia ha di fatto isolato e nascosto la grande contraddizione che rappresentavano i campi informali. Per questi motivi è più che prevedibile che il flusso migratorio in Italia aumenti considerevolmente nel prossimo futuro, senza contare la situazione drammatica che già oggi si percepisce nel “laboratorio” Italia.

Un nodo problematico è certamente quello delle morti in mare, delle sparizioni di migliaia di persone durante il viaggio o dopo lo sbarco, e del riconoscimento dei corpi di coloro che sono annegati in mare. Quando anche i migranti riescono a sbarcare sani e salvi, la loro condizione in Italia non è certo migliore di quella che subiscono in Grecia: gli Hotspot nel sud Italia sono dei centri che trattengono per un periodo non definito i migranti, la libertà personale è fortemente limitata, lo stato di diritto è sospeso, l’identificazione tramite impronte e fotosegnalazione viene eseguita in modo coatto, anche con l’uso della violenza e della tortura.

Nel nord del paese invece il potenziamento dei controlli delle forze armate lungo l’asse del Brennero e soprattutto a Ventimiglia, dove le violenze verso i migranti sono delle prassi giornaliere, puntano a limitare la mobilità dei e delle migranti, facendo svolgere anche all’Italia un compito di nuovo guardiano d’Europa.

Come #overthefortress crediamo che i respingimenti in mare attuati da Frontex in Grecia, l’esternalizzazione delle frontiere europee con il blocco delle partenze dai Paesi di origine o di transito sono da contrastare con ogni mezzo necessario.

Anche riguardo l’accoglienza gli interventi hanno evidenziato forti criticità nel sistema italiano: regna un’impreparazione generalizzata, mascherata come situazione emergenziale e temporanea, quando i flussi migratori sono, evidentemente, tutt’altro che estemporanei ed inaspettati.

Il programma europeo del ricollocamento non si è mai realmente messo in moto sia per l’ostruzione dei paesi dell’est Europa, ma soprattutto perché appare come “uno specchietto per le allodole” quando invece bisognerebbe agire modificando radicalmente il Regolamento Dublino. Le nazionalità che possono accedere alla Relocation sono solo tre (Siriani, Eritrei e Iracheni) e da quando è iniziata nel settembre 2015 dalla Grecia e dall’Italia sono state trasferite meno di 2300 persone sulle 160.000 previste (dall’Italia poco meno di 800).

Nel nostro paese le forti percentuali di dinieghi nella concessione dei permessi di soggiorno umanitari o della protezione internazionale stanno generando clandestinità, illegalità, nonché l’esclusione dei migranti dall’accesso ai diritti fondamentali inalienabili che sono propri di ogni essere umano, come il diritto al cibo, alle cure mediche, all’istruzione, ad avere un’abitazione.
Inoltre l’espulsione dei migranti dai progetti di accoglienza, in seguito ai dinieghi, li mette in condizioni di estrema ricattabilità e li espone al rischio, assai concreto, come evidenziano numerosi fatti di cronaca e reportage, di essere sfruttati come schiavi nei campi del sud Italia, o, peggio, di sparire, vittime silenziose e invisibili del traffico internazionale di organi.
L’ingerenza delle forze politiche nella concessione (anzi, nel diniego) dei permessi umanitari è una questione di estrema rilevanza, che si ricollega al costante tentativo del governo di esternalizzare le frontiere cercando beceri accordi con Paesi Terzi, siano quelli di provenienza o di transito, che si accollino la gestione dei flussi e blocchino, con qualsiasi mezzo, le partenze verso l’Europa.

In questo #overthefortress ha fatto e deve continuare a fare un’opera di monitoraggio e denuncia, cercando brecce nel diritto che permettano di contrastare i dinieghi ed i rimpatri.
Contemporaneamente viene fatta la proposta di monitorare le situazioni di accoglienza, per contrastare le speculazioni di alcune cooperative che tentano l’arricchimento sulle spalle e a discapito dei migranti che ospitano, e al contempo cercare di valorizzare le numerose realtà che praticano una vera e buona accoglienza e mettono in atto percorsi efficaci di integrazione.

In maniera molto fluida la discussione si è dunque spostata sulle prospettive future di azione, sulle tappe e le scadenze per proseguire la campagna sociale e politica. Nella progettualità è sottolineata la volontà di tenere sempre un doppio sguardo, da un lato ai bisogni dei migranti e alle contingenze pratiche, dall’altro all’analisi della situazione in continua evoluzione, presupposto necessario per una pratica politica che non sia mai avulsa dal contesto in cui opera e che deve essere sempre pronta a rimettere in discussione obiettivi e metodi.
La progettualità inoltre mira ad allargare il proprio orizzonte dall’Italia a tutto lo spazio europeo, in particolare alla Grecia, luogo di continue sperimentazioni nella creazione dal basso di vere pratiche di accoglienza, che affrontano il difficile tema della questione abitativa attraverso la pratica di occupazioni di spazi abbandonati in favore dei migranti.

Un altro grosso nodo affrontato dall’assemblea è quello degli attacchi, da parte delle istituzioni, alla solidarietà e alla lotta politica in favore dei diritti di tutti, con l’utilizzo di provvedimenti giuridici a scopo limitativo della libertà di movimento e dissenso; ne sono esempio i fogli di via da Ventimiglia dati agli attivisti che distribuivano cibo ai migranti, o le denunce penali nei confronti dei volontari udinesi di “Ospiti in arrivo”.

Da un punto di vista più strettamente pratico sono state proposte, da parte di diverse realtà, alcune scadenze: la prima in ordine temporale sarà la partecipazione al No Border Camp a Salonicco, vicino a Idomeni, organizzato da diverse realtà politiche greche ed europee, che si terrà dal 15 al 24 luglio; sarà un’occasione di confronto su merito e pratiche del nostro attivismo, con workshop, assemblee ed azioni.

Accogliendo la proposta di Ums Ganze (gruppo di attivisti tedeschi) il No Border Camp sarà raggiunto con una carovana che, partendo dalla Germania e attraversando l’Italia, fermerà a Milano il 12 luglio per una giornata di discussione e analisi, con workshop e conferenze, un pranzo comunitario e dei momenti di sport e divertimento con un gruppo di rifugiati milanesi. La carovana proseguirà e farà tappa ad Ancona per imbarcarsi poi il 14 luglio verso la Grecia.

Altre due proposte che sono emerse sono legate al nostro paese che, appunto, rappresenta un territorio centrale per la strategia generale europea di governo dei flussi migratori.

Per questa ragione #overthefortress si propone di organizzare una carovana che tocchi diverse luoghi della penisola per fare emergere le contraddizioni nella gestione delle migrazioni: dagli Hotspot in quanto zone franche del diritto, passando ai grandi centri di accoglienza che sorgono limitrofi, guarda caso, a quelli dello sfruttamento lavorativo, alle città di transito dei migranti, fino ai confini militarizzati di Ventimiglia e del Brennero.

Al tempo stesso #overthefortress si propone di organizzare in autunno un’assemblea / seminario europeo dove mettere in comune le esperienze e l’analisi per costruire dal basso un’agenda politica e sociale per contrastare il piano europeo contro i migranti.

Tutto questo non può certo prescindere dal costante lavoro necessario sul proprio territorio, analizzando e monitorando la situazione e cercando di creare delle reti di solidarietà tra differenti realtà che già operano per dare sostegno ai migranti.

In conclusione, queste migrazioni hanno avuto il grande merito di aver riportato al centro del dibattito le contraddizioni insite nella nascita e nell’evoluzione dell’Unione Europea a partire dalla libertà di circolazione, dalla solo apparente abolizione delle frontiere, riapparse prepotentemente al primo accenno di crisi, fino alla più recente Brexit. Tutte queste criticità hanno spinto molte realtà italiane ed europee ad unirsi per mettere in pratica delle reali alternative alle politiche comunitarie, costruendo dissenso, analisi critica e risvegliando la solidarietà di molti.