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Padova – Accoglienza e diritto d’asilo al tempo degli hotspot

Lunedì 4 luglio, Sherwood Festival - Park Nord Stadio Euganeo

Foto tratta da Medici Senza Frontiere

Lunedì 4 luglio ore 21

Accoglienza e diritto d’asilo al tempo degli hotspot

Sherwood Festival 2016
Park Nord Stadio Euganeo
Second stage #sherwood16

Mai come in questo momento l’Europa, di fronte ai flussi migratori, sta mostrando una palese ostilità. Questo determina non solo il ripristino dei confini nazionali e del filo spinato, ma una contrazione generale del diritto d’asilo, accordi indecenti come quello con la Turchia e un’accoglienza emergenziale e scadente. L’approccio hotspot delle politiche europee ha fallito e c’è estremo bisogno di riaffermare i diritti e nuove prassi dell’accoglienza.

Ne discutiamo con:
Giuseppe De Mola, Medici Senza Frontiere
Roberto Viviani, Baobab Experience di Roma
Antonello Ciervo, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)
Tommaso Gandini, campagna Over The Fortress
Francesco Ferri, operatore legale / campagna Welcome Taranto

Coordina: Stefano Bleggi, Progetto Melting Pot Europa

Lo sgombero del campo di Idomeni, sul confine greco macedone, ha rappresentato in ordine cronologico l’ultimo atto, e forse il definitivo, della progressiva chiusura della rotta balcanica. Donne, uomini e bambini ostaggio delle politiche europee, da mesi intrappolati ad Idomeni, sono stati trasferiti forzatamente in campi del governo inadeguati ad accoglierli. Le persone, divise per etnia e smistate nei campi militarizzati, sono così tornate nuovamente invisibili. Perché Idomeni, pur essendo un luogo infernale, aveva mantenuto alta la visibilità delle loro istanze: la loro presenza così a ridosso della frontiera, le proteste sui binari della ferrovia ed il sostegno di tantissimi attivisti e volontari sono stati in grado per molto tempo di mettere in luce tutte le storture del regime dei confini dell’Unione europea.

Se analizziamo quanto è accaduto nell’ultimo anno in Europa, non possiamo non notare che la pressione dei migranti sui confini esterni ed interni, in particolare in Grecia e lungo la rotta dei Balcani, è riuscita ad aprire una breccia nel muro dell’indifferenza e mettere in discussione regolamenti inadeguati come quello di Dublino. I migranti in transito, grazie alla loro determinazione, erano riusciti nell’intento di dischiudere uno spazio temporaneo di contrattazione con le élites europee. Rivendicando la libertà di proseguire il proprio cammino ed il diritto alla protezione, avevano trovato in una parte consistente della società civile europea solidarietà ed empatia. Difficilmente l’Europa, ed in primis la Germania, senza questa duplice spinta si sarebbe dimostrata disponibile ad accogliere (anche se momentaneamente) così tante persone in fuga da guerra e miseria. Per tutti questi mesi la rotta, che ha nella Turchia il suo punto di partenza, è stata quindi la lente d’ingrandimento con la quale verificare gli effetti delle scelte delle politiche europee e dei governi sulla mobilità dei e delle migranti. Le leadership europee, per bloccare gli arrivi ed il transito delle persone, in pochi mesi hanno dato il via ad un piano articolato contro i profughi nel quale le forzature dei singoli Paesi, come ad esempio quelle dell’Austria, hanno avuto un ruolo centrale nell’accelerazione di questi processi e nelle risposte repressive e di chiusura di quel “corridoio”.

L’Europa che litiga sulle quote di una relocation che non è mai partita si è poi ricompattata e, di fronte a flussi migratori che non cessano, ha scelto quindi la strada dell’ostilità. Questa avversione non è visibile solo nel ripristino dei confini nazionali e del filo spinato o nei controlli alla frontiera, ma si è palesata, in violazione delle principali convenzioni sul diritto d’asilo e sui diritti umani, soprattutto con il patto scellerato con la Turchia e con la scelta di trasformare gli Hotspot nelle isole greche in centri, di fatto, detentivi. In generale l’Europa, in questa fase, tende sempre più a rafforzare la propria immagine di fortezza con dei dispositivi politici, ideologici e giuridici che coincidono con il ritorno preoccupante dei nazionalismi e lo spostamento a destra delle politiche dei governi, aspetto che produce una pesante contrazione del diritto d’asilo. Persino gli Stati del Nord Europa, considerati all’avanguardia in materia di diritti umani, stanno restringendo il campo d’applicazione del diritto d’asilo come deterrente all’arrivo dei nuovi rifugiati. Questo significa che assieme al ripristino dei controlli alla frontiera e l’obbligo di registrazione dei migranti in centri detentivi, questi paesi stanno abbassando gli standard di qualità nell’accoglienza, proponendo un tetto massimo annuale di ingressi e allo stesso tempo espulsioni di massa per ridurre il numero delle persone accolte. Ogni nuova norma o forzatura politica, sia su un piano nazionale e sia su quello europeo, è studiata per restringere diritti importanti come il ricongiungimento familiare ed al tempo stesso produrre un monito per coloro che sono in procinto di partire da territori martoriati dalla guerra e dalla miseria.

Ma se si chiude una rotta è inevitabile che se ne aprano di nuove. E l’Italia, molto probabilmente, è il paese nel quale si intensificheranno gli sbarchi ed inevitabilmente si moltiplicheranno le tragedie del mare: dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo sono morte circa 2900 persone (2440 partite dalle coste africane verso l’Italia), un dramma al quale l’Europa assiste in modo ipocrita e che potrebbe essere evitato. Quello che è stato per lunghi mesi il laboratorio greco sulle migrazioni, può essere replicato con attori differenti nel nostro paese. Qui “l’approccio hotspot” ha già mostrato tutte le crepe di questo sistema, non solo perché, come in Grecia, costringe le persone a rimanere nel paese d’approdo, ma anche perché discrimina molti migranti, categorizzandoli in economici e non permettendo a loro di fare richiesta d’asilo, condannandoli infine alla clandestinità. Dal sud al nord Italia, inoltre, il rischio concreto è che la già precaria e scadente accoglienza imploda completamente e che il governo, riproducendo lo schema del patto Ue-Turchia, si limiti a sponsorizzare il piano di accordi con i paesi africani come nuova barriera alle migrazioni. Il Migration Compact, se adottato, affosserebbe definitivamente i principi solidali europei e metterebbe in pericolo milioni di persone, lasciandoli in balia di feroci dittature e di paesi nei quali non sono rispettati i diritti fondamentali.

L’Italia e tutta l’Unione europea sono di fronte all’ennesimo bivio. Come riuscire a spostare il baricentro delle politiche europee dalla parte dei diritti, della libertà di circolazione, delle esperienza diffuse di accoglienza dignitosa? Come riportare al centro del dibattito le proposte che nascono dal basso e da coloro che lavorano per nuovi modelli di accoglienza e un nuovo sistema di diritto d’asilo, per l’apertura di canali umanitari?