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Siamo solo numeri?

Rita Carvalho, ECRE (European Council on Refugees and Exiles) - 20 luglio 2016

Il 1° giugno 2016 abbiamo visitato il porto del Pireo ad Atene, Grecia. Gli eventi menzionati in questo blog riguardano quella visita.

Io e Mohammed abbiamo alcune cose in comune: siamo nati nello stesso anno, siamo entrambi vegetariani, viviamo fuori dai nostri paesi natali (e ci mancano moltissimo), abbiamo opinioni simili riguardo le politiche in materia d’asilo dell’UE, e siamo entrambi d’accordo sul fatto che la mia calligrafia è pessima. “Come fai a leggerla?”, ride mentre cerco di annotare ogni sua parola sul mio quaderno. Io e Mohammed abbiamo cose in comune ma viviamo in due mondi diversi.
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Siamo seduti nel porto del Pireo, ad Atene. Il sole inizia a tramontare e, dato che la temperatura diventa sopportabile, i bambini giocano intorno alle tende. Le loro risatine rallegrano l’umore del campo. Dopo averci raccontato i problemi affrontati da molti nel Pireo, Mohammed decide di parlarci della sua esperienza. Di solito non lo fa, ma qualche giorno fa ha visto un video che l’ha scioccato. Nel filmato alcune persone a Toronto, Canada, reagiscono ad alcune immagini scattate in Siria e sembrano inconsapevoli della realtà della nazione. “Se quelle persone reagiscono in questo modo – dice – forse non capiscono perché sono fuggito”.
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Non è stato facile decidere di lasciare il posto da cui viene, Deir Ezzor in Siria. Una delle ultime volte che si sono visti, sua madre gli ha detto di lasciare il paese. Non voleva lasciarla sola. “Ma lei mi ha detto: ‘Preferisco parlare con te al telefono ogni settimana, piuttosto che vederti morto qui’. Così – ricorda Mohammed – abbiamo messo insieme i soldi per pagare un trafficante”. La fuga dalla Siria è stata un’odissea: cercare di scappare da zone controllate dall’ISIS, oltrepassare zone curde ed essere scambiato per un combattente dell’ISIS. È stato arrestato per alcuni mesi ma alla fine è riuscito a raggiungere il confine con la Turchia.

Era molto vicino al raggiungimento del suo obiettivo: trovare trafficanti che lo avrebbero portato in Grecia, per poi farsi strada verso la Germania per ricongiungersi con le sorelle. Sfortunatamente l’odissea non era finita. Ha provato ad oltrepassare il confine turco-siriano 8 volte, e ogni volta le autorità turche hanno sparato a lui e al piccolo gruppo con cui viaggiava. Sostiene che le autorità sembra siano dotate di attrezzatura in grado di rilevare i movimenti al buio, rendendo l’attraversamento molto difficile. La piccola cicatrice lasciatagli dallo sparo è ancora visibile, ma è stato fortunato, proprio di fronte a lui hanno sparato ad una madre e un bambino con cui viaggiava, “sono morti entrambi”.
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Finalmente sono arrivato a Izmir, sono andato in piazza Pasmana a cercare un trafficante per arrivare in modo sicuro in Grecia, ma ce n’erano a centinaia. Come si fa a sapere chi è affidabile e chi no? Alla fine ho deciso di scegliere lo stesso trafficante usato da mio cugino”.

42 persone sono state stipate insieme a lui in una piccola imbarcazione. Poco dopo aver lasciato la costa, la motovedetta della polizia turca li ha intercettati e ha iniziato a creare delle onde intorno a loro. “Volevano farci tornare indietro. Hanno iniziato a speronare la nostra imbarcazione con la loro e infine il motore si è spento. Ci hanno riportati a riva”.
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“Appena arrivati sulla spiaggia in Grecia ho pensato di essere in paradiso. Ce l’avevo fatta finalmente! Ero salvo!”

Dopo due giorni, il trafficante pagato da Mohammed gliene consiglia un altro. Quando il gruppo ha raggiunto la costa si è rifiutato di salire a bordo poiché le onde erano molto alte. Il trafficante ha reagito in modo aggressivo, puntandogli contro una pistola, costringendoli a salire e gettando i loro averi in mare. Lui non è salito a bordo con loro ma gli ha mostrato velocemente come condurre l’imbarcazione. Sono stati nuovamente avvistati dalle autorità turche ma questa volta sono riusciti a raggiungere le acque internazionali e sono stati portati in salvo dalla Guardia Costiera greca.

Appena arrivati sulla spiaggia in Grecia ho pensato di essere in paradiso. Ce l’avevo fatta finalmente! Ero salvo!”, ricorda Mohammed con un timido sorriso. Non era esattamente il paradiso, spiega guardando intorno a sé le persone che dormono nelle tende, sul pavimento di cemento del porto ateniese. “Almeno sono uno dei fortunati. Vivo in un appartamento perché ho i requisiti per il trasferimento, ma la procedura sta richiedendo molto tempo. Siamo semplicemente in attesa… In attesa…” Mentre aspetta, fa volontariato qui al porto del Pireo, terminal E 1.5. Mohammed ha studiato inglese in Siria, dove ha inoltre fatto volontariato per la Croce Rossa, quindi le sue capacità vengono sfruttate al meglio. Conosce molte persone mentre cucina, distribuisce cibo o aiuta con la traduzione.
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“Non è colpa della Grecia se l’unico modo per raggiungere l’UE è attraverso le sue coste.”

Sostiene che molte persone considerino la permanenza in questi campi greci un’aggiunta al trauma del loro viaggio. Non ci sono bombardamenti qui ma il trattamento che ricevono è simile a quello dei paesi da cui sono scappati; Mohammed conosce persone che hanno deciso di tornare indietro proprio perché non riuscivano più a sopportarlo. Non è la prima volta che lo sentiamo. “In Siria le persone sono solo numeri. Quante sono morte? Quante sono sopravvissute? Quante hanno lasciato il paese? Anche qui in Europa siamo numeri. Quanti sono nei campi ufficiali? Quanti in quelli irregolari? Quanti sono stati trasferiti? Quanti hanno lasciato la Grecia?

Mohammed, come altre persone che abbiamo incontrato, non incolpa la Grecia o il popolo greco per la loro situazione. Non gli dispiacerebbe fermarsi qui, gli piacciono le persone, il clima e la città. “Non sono loro che chiudono i confini. Non è colpa loro se l’unico modo per raggiungere l’UE è attraverso le loro coste. Hanno la crisi economica. Mi piacerebbe restare, ma come potrei? È difficile anche per il popolo greco.

“Le persone qui stanno aspettando l’arrivo dell’UE”

Mohammed dice che i suoi piani sono cambiati nuovamente. Non è importante per lui dove viene trasferito, non ha più l’obiettivo di raggiungere le sorelle in Germania. Andrà ovunque, ha solo bisogno di sapere dove, poi inizierà ad imparare la lingua per poter trovare lavoro velocemente. I suoi obiettivi principali sono portare sua madre in salvo e finalmente “iniziare a vivere, non solo a sopravvivere”.
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Le persone qui stanno aspettando l’arrivo dell’UE, forse anche che arrivi la Merkel per salvarci tutti” ride. “Se gli Stati Membri vogliono davvero aiutare i rifugiati come dicono in TV, perché non mandano aerei in Grecia? Potreste portar fuori le persone in pochissimo tempo. Sembra che gli stati dell’UE non vogliano risolvere tutto questo. Penso sia molto semplice! Se il costo è elevato non ci sono problemi, alcuni di noi possono pagarsi il volo, proprio come qualsiasi altra persona.


Il campo del porto del Pireo è stato recentemente sgomberato. Mohammed non può più fare volontariato qui ma continua a sostenere i diritti dei rifugiati e ad aiutare dove può. È stato una delle 1.000 persone a marciare per le strade di Atene il 14 luglio, facendo appello ai governi dell’UE affinché si prendano la responsabilità per i rifugiati e i richiedenti asilo arrivati in Grecia, cosicché possano iniziare a ricostruire le loro vite.