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Minore isolato nella “giungla”. Lo stato condannato

Haydé Sabéran, Libération - 25 settembre 2016

Foto: Calais (Mara Scampoli)

Non è il suo vero nome, ma lo chiamiamo Rebwar. Questo adolescente di 16 anni, curdo d’Irak, solo nel campo dei migranti di Grande-Synthe (nord), ha fatto condannare martedì la Francia a versare 5.500 euro a suo zio in Grande Bretagna.

Motivo: la Prefettura della regione Nord aveva rifiutato di registrare (due volte, il 31 agosto e il 01 settembre) la sua domanda d’asilo in Francia. Una tappa legale che permette di chiedere una riunificazione familiare dall’altro lato della Manica, solo mezzo per l’adolescente di raggiungere suo zio, cittadino britannico, senza dover pagare da 2.000 a 12.000 euro un passeur e rischiare la propria vita. Mercoledì è iniziata una nuova sanzione: 3.000 euro al giorno finché lo Stato non registrerà la domanda d’asilo.

La Prefettura ha risposto domenica che le procedure erano in corso. «Siamo in attesa della nomina [dell’amministratrice ad hoc incaricato ad essere il rappresentante legale del ragazzo, ndlr] del procuratore», dice il portavoce. «Resto prudente», confida a Liberation l’avvocato di Rebwar, Me Marie-Charlotte Fabié, che lavora per Safe Passage Citizen UK, associazione incaricata di facilitare il ricongiungimento familiare dei minori della «giungla» di Pas-de-Calais e del Nord. «Questa informazione non mi è pervenuta. Ma se la condanna ha permesso di aprire una porta affinché la Prefettura del Nord applichi il regolamento, è un ottima notizia», aggiunge. «Non voglio far polemiche. Lo scopo non è fare il giro dei tribunali francesi ma di chiamare le autorità ad accogliere in maniera adeguata nelle Prefetture. Queste sentenze hanno la vocazione di migliorare il sistema e che non ci siano più bambini che muoiono o spariscano».

Conseguenze

Oggi si contano 1.022 bambini soli nella «giungla» di Calais – tra 900 e 950 secondo lo Stato – e numerose associazioni stimano che più della metà possa beneficiare di una riunificazione familiare con i parenti oltremanica. Se il confine franco-britannico è bloccato per gli adulti richiedenti asilo, questo non è il caso per i bambini. Almeno stando ai testi. I minori che hanno la famiglia nel Regno Unito (padre, madre, fratelli, sorelle, zii, zie, e anche dei parenti lontani) sono autorizzati a raggiungerla in virtù del Regolamento europeo di Dublino III. Prevede che questi minori domandino l’asilo nel paese dove si trovano – in questo caso la Francia – poi facciano una domanda di ricongiungimento familiare. Secondo Solenne Lecompte, giurista della Cabane juridique della «giungla» di Calais, solo 75 minori sono passati dall’inizio dell’anno.

Le conseguenze di questo impasse possono essere terribili. Secondo l’ONG Help Refugees, 129 bambini sono stati persi di vista quando la parte sud della bidonville di Calais è stata distrutta a marzo. Rebwar moltiplica i tentativi di passaggio stando alle parole del suo avvocato. Con tutti i rischi: un Afgano di 14 anni è morto vicino al porto il 16 settembre, caduto dal camion sul quale tentava di salire e colpito da una macchina che non si è nemmeno fermata. Il 27 dicembre, Massoud, un afgano di 15 anni, è morto soffocato su un camion nei pressi di Dunkerque. Il 3 dicembre un sudanese di 16 anni è morto colpito da una macchina vicino ad un tunnel. L’Unicef ha spiegato nel rapporto pubblicato a giugno che alcuni ragazzi e alcune ragazze sono costretti a lavorare per gli adulti nella «giungla» o vengono abusati in cambio di «protezione».

Dubbio

E’ su questo pericolo che si è appoggiata la giustizia amministrativa per far condannare lo Stato che si è opposto per ben due volte al ragazzo. «Ciò pone [Rebwar] in una situazione di grande vulnerabilità, […] mentre lui è solo in Francia e vive nel «campo» di Grand-Synthe in condizioni di precarietà, insalubrità e insicurezza descritta da numerosi osservatori», scrive nella sua prima decisione del 9 settembre. Rimprovera alla Prefettura di aver omesso di avvisare il dipartimento, incaricato della protezione dell’infanzia, «un oltraggio grave e manifestamente illegale al diritto di [Rebwar] a non essere sottomesso a dei trattamenti inumani o degradanti». L’amministrazione avrebbe dovuto contattare «immediatamente» il Procuratore della Repubblica. Per non averlo fatto, la Prefettura è stata condannata a pagare, undici giorni più tardi. La condanna getta un dubbio sul funzionamento dell’amministrazione, mentre il Ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ripete che vuole svuotare la «giungla» di Calais e che lavora con i britannici per favorire queste traversate legali.

Non è in effetti il primo «mal funzionamento». Marie-Charlotte Fabié cita il caso di due bambini siriani originari di Deraa, un adolescente di 15 anni e suo fratello di 11, che viaggiano tra Parigi e Calais, hanno subito un rifiuto simile a Parigi. Vivono soli in una tenda a Calais secondo Safe Passage Citizen UK che ha interrogato il fratello maggiore, uno studente in diritto che è riuscito nella traversata nel 2014. «Rischiano sempre di più per scappare dall’incubo della vita nella giungla e raggiungerci. Sono solo dei bambini, non possono restare in quell’ambiente, lamenta il fratello. Hanno già passato sei mesi a Calais, è fin troppo».

A Calais, Hollande lontano dalla giungla

Lunedì mattina, François Hollande sarà a Calais per porre la prima pietra dell’estensione del nuovo porto. In quest’occasione, incontrerà eletti e attori economici locali molto tesi a causa dell’afflusso dei migranti durante l’estate. Senza andare nella «giungla», Hollande approfitterà della sua visita per rendere omaggio alle forze dell’ordine e incontrare gli operatori umanitari presenti sul territorio. Sabato, in occasione della visita ad un centro d’accoglienza e orientamento a Tours, il capo di Stato ha ricordato che la Francia non sarà un paese in cui «si troveranno dei campi», in risposta alle critiche della destra sui rischi del moltiplicarsi di «mini Calais» dopo lo smantellamento annunciato della «giungla».