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Baobab: il transito dei migranti e la negata accoglienza

Comunicato stampa della Rete legale di supporto a via Cupa

La rete di supporto legale realizzata da A Buon Diritto, Action Diritti in Movimento, Baobab Experience, Consiglio Italiano per i Rifugiati e Radicali Roma – ha svolto un’attività di orientamento e tutela legale. Ecco un bilancio dei dati relativi alle persone intercettate a via Cupa e dei loro bisogni.

Lo sgombero forzoso del presidio solidale di via Cupa del 30 settembre scorso mette a nudo l’inadeguatezza dell”amministrazione di Roma Capitale nel risolvere il problema dei migranti in transito da Roma. L’unica strategia trovata è stata mascherare un problema che non si è riusciti a risolvere.

Per capire meglio lo scenario torniamo un po’ indietro, a quando le nostre associazioni hanno deciso di mettere in campo un’attività di supporto legale rivolta ai migranti che sostavano al presidio. Abbiamo tracciato un bilancio degli ultimi cento giorni, finalizzato in parte a chiarire dati e situazioni di Via Cupa, completamente trascurate dalle Istituzioni. Partiremo dal periodo dell’insediamento della nuova amministrazione, quando la sindaca si era impegnata a trovare una soluzione al problema dei migranti di Via Cupa entro una settimana: “Per strada non possono stare, non è una situazione dignitosa né tollerabile per loro”.

In attesa delle misure promesse, la Rete di supporto legale si è attivata e dal 15 giugno 2016 al 30 settembre 2016 ha garantito 150 ore di assistenza legale con team di operatori legali e mediatori culturali, intercettando oltre 400 migranti in transito nella Capitale, che avrebbero voluto finalizzare il loro progetto migratorio nei paesi del Nord Europa: cittadini eritrei (74%), etiopi (5%), sudanesi (14%) e somali (6%) (qui link al report completo).

Il 97% dei migranti intervistati ha dichiarato di volersi recare nel Nord Europa, dove ben il 34% ha riferito di avere uno o più familiari. Il 15% del totale delle persone da noi incontrate erano famiglie, soprattutto di nazionalità eritrea ed etiope di etnia Oromo e il 35% erano donne.

Nel 28% del totale dei casi, e precisamente per i cittadini provenienti dall’Etiopia, Somalia e Sudan, non è stato possibile attivare la relocation a causa dei criteri restrittivi e fortemente discriminatori di questo strumento europeo, per quanto si trattasse di migranti in cerca di protezione e intenzionati a transitare oltre i confini italiani.

In una prima fase il presidio di via Cupa ha rappresentato, per la quasi totalità dei migranti (99%), un luogo di passaggio, di transito, nel quale riorganizzare le poche risorse economiche disponibili, recuperare le forze e pianificare l’ulteriore tragitto da compiere.

La quasi totalità delle persone da noi informate era stata fotosegnalata negli hotspot voluti dall’Unione Europea. Questa circostanza ha fatto sì che l’informativa legale fosse fortemente incentrata sui diritti e sui vincoli che questa condizione poneva: sul Regolmento Dublino, sulla possibilità di chiedere asilo in Italia e di fruire dello strumento della relocation. Da sottolineare, infatti, la pressoché totale assenza di informazioni che queste persone denunciavano nonostante fossero stati negli hotspot, nei centri di prima accoglienza e di accoglienza straordinaria: nessuna attenzione all’accesso a una informazione adeguata sui loro diritti, ma l’interesse esclusivo a che le loro impronte digitali fossero registrate.

Tutto è cambiato sensibilmente nel momento in cui sono state chiuse le frontiere a Nord. Dal mese di agosto si sono inasprite le forme di controllo che hanno portato a casi di trattenimento e di trasferimento forzato dai luoghi di confine. Oltre il 50% dei richiedenti sudanesi, intercettati dai nostri operatori, erano destinatari di un provvedimento di espulsione.

Da questo momento in poi, oltre 140 rifugiati eritrei hanno cominciato ad avanzare richieste per accedere alla relocation, prontamente trasmesse in diverse comunicazioni da parte delle nostre organizzazioni, alla Prefettura e all’Ufficio immigrazione della questura per una immediata attivazione delle procedure.

Va segnalato anche quanto accaduto nelle ultime settimane a un rilevante numero di richiedenti asilo, come nel caso di alcuni cittadini somali, sudanesi o provenienti dall’Etiopia circa il 10% del totale dei transitanti intervistati che hanno deciso di avvalersi in Italia della procedura per l’accesso alla protezione internazionale ma non sono riusciti a presentare la domanda per oltre tre settimane. In particolare, è stato loro comunicato, una volta giunti in via Patini, la sospensione dell’accettazione delle richieste da parte degli uffici fino al 21 ottobre.

Alla luce dei dati indicati possiamo certamente dichiarare via Cupa un luogo di transito per i migranti in cerca di protezione. Ci colpiscono le parole dell’assessora Baldassarre secondo la quale lo sgombero era anche finalizzato ad evitare che le fragilità riscontrate a Via Cupa fossero strumentalizzate per finalità oscure, dichiarando, attraverso dati a noi sconosciuti, la presenza di migranti non transitanti che avrebbero gonfiato una emergenza molto più ridotta.

Vogliamo sottolineare che i migranti da noi informati non erano attirati a Via Cupa da una nascosta strategia né da promesse di alcuna sorta, ma solamente dalla disperazione individuale di migliaia di persone a cui le istituzioni non avevano fin qui garantito informazione e accesso ai diritti loro garantiti. L’evidenza sta nei numeri di quanti dopo l’informativa hanno chiesto asilo in Italia o hanno avuto accesso al programma di relocation.

È evidente che le questioni fondamentali che riguardano l’asilo, l’accoglienza, la tutela delle persone vulnerabili non sono una priorità di questa giunta e della Sindaca Raggi. Ed è evidente che questa amministrazione non è riuscita a sviluppare una adeguata strategia in merito nonostante il confronto con le associazioni che di questi temi si occupano da anni e che hanno proposto una serie di misure concrete da attuare.
L’accoglienza è un gesto di coraggio, responsabilità e umanità, negarla rende complici delle migliaia di morti dell’immigrazione che proprio la giornata mondiale di oggi ci ricorda.

Rete legale di supporto a via Cupa
A Buon Diritto, Action Diritti In Movimento
Baobab Experience, Consiglio Italiano per i Rifugiati
Radicali Roma