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Donne migranti in transito attraverso il Messico

Movimiento Migrante Mesoamericano, marzo 2016

Foto: Movimiento Migrante Mesoamericano

Erano le 10 del mattino in un centro di detenzione per migranti in California, quando Daniela prese il telefono per avvertire suo marito che nel giro di poche ore sarebbe stata rimpatriata in Honduras. Lui chiese immediatamente il permesso alla sua azienda per assentarsi, prese la macchina e andò a casa a prendere sua figlia Carolina di un anno e mezzo. Sua madre sarebbe stata rimpatriata.

Ho visto mia figlia per l’ultima volta attraverso un vetro, ho potuto vederla solo per pochi minuti. Sono salita su un aereo con le manette alle mani e ai piedi. Durante il viaggio verso il mio paese mi ricordai di quando mia madre lasciò l’Honduras per gli Stati Uniti, avevo 9 anni”, racconta Daniela.

Senza padre, i nonni e i fratelli maggiori si presero cura di lei, nei quartieri della capitale honduregna Tegucigalpa. Solo il giorno del suo compleanno Daniela pianse per la partenza della madre.

Nonostante le comunicazioni costanti, Daniela aspettava il momento in cui sua madre sarebbe entrata dalla porta da cui un giorno se ne era andata. Ha passato 6 anni senza vederla. All’alba del 23 luglio 2006, insieme a suo cugino, Daniela si lasciò alle spalle i momenti tristi per andare alla ricerca di sua madre, con solo 1.000 lempira in tasca, poco più di 20 euro.

Sono riuscita ad arrivare in California dove ho conosciuto Pedro, ci siamo messi insieme e abbiamo avuto Carolina, la ragione per cui ho iniziato questo cammino sofferente, affrontando tragedie. Non varcherò la frontiera, ma attraverserò quel vetro che un giorno ci separò, attraverso il quale ho visto mia figlia per l’ultima volta” grida Daniela, con le lacrime agli occhi.
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A Santa Elena, in Guatemala, abbiamo deciso con altri compagni di viaggio di raggiungere Palenque, in Chiapas, per entrare in Messico. Una volta giunti in territorio messicano, mentre camminavamo in una zona che sembrava una foresta pluviale, all’improvviso cinque uomini armati ci sono venuti incontro e ci hanno perquisiti. A uno dei miei compagni è stato colpito al volto, sanguinando. Lì ho avuto molta paura, ho pensato sarebbe stato meglio chiudere gli occhi. A un tratto uno di loro mi ordinò: “Alzati e cammina”. Io gli chiesi dove mi stessero portando e cosa mi avrebbero fatto. “Quello che facciamo a tutte”, mi rispose l’uomo.

Improvvisamente, mi colpirono in faccia, facendomi cadere a terra. Uno di loro iniziò a spogliarmi mentre io gridavo, imploravo aiuto ma nessuno stava ascoltando le mie preghiere. Tre di loro mi violentarono. “Ora puoi andartene” mi dissero. Uscì correndo, ero così triste e spaventata, piangevo dalla rabbia. Dopo circa quindici minuti che correvo senza sosta, sentì chiamare il mio nome. Era mio cugino con gli altri compagni, mi aspettavano nascosti tra le montagne. Proseguimmo il cammino fino a raggiungere la strada, per poi prendere un minibus diretto a Palenque.

Da lì viaggiamo con il treno mattutino. Fuori pioveva, sono quasi scivolata salendo. Viaggiammo per molte ore, piangevo in silenzio pensando a mia figlia, l’unica cosa che mi dava la forza di andare avanti nonostante quello che mi fosse appena successo.
Noi donne abbiamo sofferto molto durante questo viaggio, alcuni si approfittarono della nostra situazione. C’è sempre una ragione per la quale decidiamo di emigrare, di lasciare il nostro paese.”

La sofferenza e le aggressioni si moltiplicano in Messico

Le statistiche sulle violenze femminili indicano che 7 donne su 10 hanno subito un abuso sessuale, mentre 9 donne su 10 vengono molestate sessualmente durante il pericoloso viaggio verso gli Stati Uniti. Nonostante questi numeri siano allarmanti, non si è ancora riusciti a trovare un modo per fermare questi crimini. Le donne viaggiano con la paura di venire violentate in qualsiasi momento, sia dalle bande del crimine organizzato sia dalle autorità di polizia.

Un gran numero delle donne sequestrate sono destinate a lavorare come prostitute. Molti dei sequestri che avvengono in Messico ai danni dei migranti riguardano esclusivamente le donne, venendo poi consegnate alle bande criminali che si dedicano allo sfruttamento sessuale. Uno degli stati messicani dove vi è un alto tasso di questo crimine è il Chiapas: è facile vedere ragazze di origine centroamericana molto giovani, dai 15 ai 18 anni, che lavorano nei bar, nelle osterie e nei bordelli, dove vengono obbligate a prostituirsi contro la loro volontà.

La maggior parte delle donne che decidono di emigrare scappano dalla violenza domestica. Sono le vittime dell’insicurezza del loro paese, molte di loro sono state addirittura costrette a lavorare per mantenere il loro partner. Decidono di intraprendere un simile viaggio verso il Messico proprio perché la loro vita è in pericolo. “Ho paura di salire sul treno. Ma ho ancora più paura di tornare nel mio paese” spiegano la maggior parte di loro.

Una volta entrate in territorio messicano, il pericolo si acuisce. Durante il viaggio, come i loro compagni, devono prendere strade pericolose e salire sul treno. Alcune di loro si rivolgono a dei trafficanti di essere umani per ricevere una guida, ma questo significa anche venire abusate sessualmente dai cosiddetti “coyote”.
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Negli ultimi anni, la migrazione femminile è aumentata. Nei centri d’accoglienza si può notare questo notevole incremento, le donne sono il gruppo più vulnerabile di tutti. Sono stati documentati casi di violenze sessuale entrando nel paese, durante il viaggio in treno o persino una volta arrestate dalle autorità.

Il valore delle donne migranti è ammirevole perché, nonostante tutto quello che succede loro durante il cammino, non si fermano, non vogliono più soffrire nei loro paesi d’origine. Oggi è necessario porre loro maggiore attenzione, fare in modo che in Messico ci siano e vengano veramente rispettate leggi migratorie che possano prevenire questi crimini. È necessaria soprattutto la creazione di leggi migratorie che aiutino a tirare fuori queste persone da questo “inferno”, facendo in modo che non soffrano più altri oltraggi. È ora di fermare questo olocausto e una delle maniere migliori è concedere loro un permesso o visto di transito per permettere a queste donne di viaggiare dignitosamente e far finire una volta per tutte le violenze.

Finora, le storie di queste donne si sono perse tra i numeri delle statistiche sui sequestri, violenze, assalti e traffico di esseri umani, nessun organismo o istituzione si è mai davvero preoccupato su cosa accade alle donne migranti. Queste donne sono vittime della delinquenza organizzata ma allo stesso tempo invisibili e ignorate dal governo e dalla società maschilista.

Donna emigrante

La bestia si ferma quando la notte nera si approprierà dei tuoi sogni, lei e il suo complice nella missione di fermare la tua libertà. I tuoi occhi brillanti si rabbuiano nel mezzo dell’oscurità, un brivido corre lungo il tuo corpo e senza alcuna compassione vieni portata al macello. Qui, le mani sporche del malvagio strappano i tuoi vestiti per rapire la tua innocenza, i tuoi sogni. Vorresti morire, ma la tua valenza e il tuo coraggio sono più forti dell’indifferenza che ha permesso questo crimine codardo contro di te. Alzati e continua il tuo percorso verso la morte”.

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