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Francia – Comunicato dei migranti ospiti del CAO di Rennes

Expansive.info, 16 novembre 2016

Photo credit: Olivier Laban-Mattei pour Le Monde

Rennes, mercoledì 16 novembre

Siamo delle persone che hanno trascorso dai due anni ai sei mesi nellagiungla” di Calais. La vita a Calais è molto dura, ma noi vogliamo andare in Gran Bretagna.

A Calais, si è tenuto un incontro con il responsabile dell’OFPRA (l’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi, ndt) di Parigi e un esponente del governo francese. Quasi tutti noi abbiamo registrato le nostre impronte digitali in Italia; ci hanno detto che avrebbero dimenticato questo fatto delle impronte se fossimo andati a stare negli accampamenti, che potevamo scegliere. Poi ci hanno detto che ci avrebbero dato i documenti necessari per rimanere in Francia o per spostarci altrove.

A quella riunione erano presenti delle persone a cui nel 2015 era stata fatta la stessa promessa; avevano poi scoperto che per loro le restrizioni del Trattato di Dublino erano ancora valide e sono riusciti a tornare a Calais. Il rappresentante dell’OFPRA ha promesso che questo fatto non si ripeterà.

Ci siamo fidati di loro, dato che non erano dei semplici portavoce ma degli alti dirigenti.

Ora, la situazione è l’esatto contrario di quello che ci era stato detto: quando siamo andati alla Prefettura di Ille-et-Vilaine, ci hanno comunicato di aver preso la decisione di chiedere all’Italia se potevamo venire riammessi dentro i suoi confini; nessuno di noi voleva rimanere in Francia, ma ci avevano promesso che avremmo potuto se avessimo voluto.

Ci sono stati degli incontri con ogni comunità e paese di provenienza per spiegarci che non era necessario fuggire, che di sicuro avevano le nostre impronte altrove, ma non era un problema – capita che si venga controllati – ma ci è stato promesso che le procedure del Trattato di Dublino sarebbero state annullate.

Noi gli abbiamo creduto, siccome non volevamo rimanere qua dato che la Francia era solo un paese di passaggio, ma nel caso in cui fossimo stati ben accolti avremmo voluto poter fare domanda di asilo qui. Ma alla fine ci siamo resi conto che era una bugia. Dato che ci hanno imposto il contrario di quanto ci avevano promesso, non mangeremo e d’altronde non c’è altro da fare, quindi non possiamo fare che questo, smettere di mangiare.

Improvvisamente, ieri 15 novembre, abbiamo deciso tutti insieme di smettere di mangiare e anche oggi abbiamo detto ai volontari che ci danno lezione di francese che non vogliamo più seguire i corsi, che siamo stanchi della nostra situazione e non possiamo fare nient’altro che questo.

Non sappiamo chi siano i responsabili del centro di Coallia. In fin dei conti non fanno niente, non sappiamo se sono degli operatori sociali o no. Ci sono dei responsabili che si occupano dei pasti e che compilano le domande di asilo delle persone che possono seguire una procedura normale; per riempire il modulo, gli fanno le domande in inglese, altrimenti si può avere una traduttrice di arabo.

Siamo nervosi e stressati a forza di non sapere cosa ci aspetta. Vogliamo che chi si occupa delle nostre domande venga a trovarci e a parlarci e non vogliamo come interlocutore gli addetti di Coallia, che non sanno niente delle nostre domande e non possono prendersene carico.

Attraverso lo sciopero della fame, vogliamo che i piani alti vengano allertati e vogliamo potergli parlare del fatto che la promessa non è stata mantenuta.

I migranti eritrei, sudanesi e somali di Calais a Rennes.

P.S.
Oggi, mercoledì 16 novembre, gli addetti di Coallia del CAO di Rennes si sono rifiutati di farci tenere un incontro con un’avvocata e una traduttrice, con la scusa che il CAO (Centro di accoglienza e di orientamento n.d.t.) è un luogo privato e che ogni attività deve essere approvata dai suoi responsabili. Le persone ospitate dal CAO si sono rifiutate di mangiare per 24h e stanno boicottando le poche attività proposte da Coallia.
Di fronte a questo rifiuto di accesso all’informazione e alla negazione dei diritti per i migranti, ci siamo organizzati per sostenere le loro istanze.
Il testo qui sopra è stato scritto collettivamente dai migranti e tradotto dall’inglese e dal tigrino, e tradotto in francese con l’aiuto di una traduttrice.