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I decessi dei rifugiati in Serbia – Una conseguenza dell’indifferenza europea difronte alla drammatica situazione

Are you Syrious? , Daily Digest - 22 novembre 2016

Photo credit: Carmen Sabello (ex fabbrica di mattoni a Subotica)
Un cartello di avvertimento. Foto: Emir Omanović, AYS
Un cartello di avvertimento. Foto: Emir Omanović, AYS

SERBIA

Un giovane pakistano di 16 anni è morto folgorato da una scarica elettrica al confine serbo-ungherese che cercava di oltrepassare. Ha toccato il cavo sbagliato mentre attraversava una stazione ferroviaria. I rifugiati continuano inoltre a riportare gravi ferite per mano della polizia di frontiera ungherese, in particolare contusioni e morsi di cane.

Foto: Emir Osmanović, AYS
Foto: Emir Osmanović, AYS

Secondo quanto riportato da Vladimir Cucic, Commissario serbo per i profughi e migranti, fino a due settimane fa erano approssimativamente 810 gli ingressi registrati mensilmente in Ungheria. Ad oggi il numero è sceso a 400.
Altri 1.300 profughi sono accampati nei parchi, mentre altre 5.200 persone alloggiano nei campi profughi del paese.

Secondo i volontari, ci sono all’incirca 140 persone nel campo di Subotica, 110 nel campo di transito di Kelebija e circa 50 ad Horgòs. Ci sono inoltre più di 250 persone che vivono al di fuori di questi campi (a Subotica, nell’antica fabbrica di mattoni della città dietro la stazione degli autobus, e a Kelebija, accampati nei boschi limitrofi).

Subotica è il centro di smistamento ufficiale, dove i rifugiati arrivano pochi mesi prima che giunga il loro turno di passare il confine. Vengono trasferiti lì dai campi profughi di tutto il paese, dato che in Serbia ci si può registrare in uno qualsiasi dei campi. Una volta registrati, i loro nomi vengono riportati su una lista comune. Non appena arriva il loro turno per poter richiedere asilo in Ungheria, vengono portati un uno dei due centri di permanenza temporanea: Kelbijia o Horgòs. Nel campo di Kelbija ci sono prevalentemente rifugiati di lingua araba, provenienti principalmente da Siria ed Iraq, con alcune persone provenienti da Tunisia, Egitto, Marocco e Libia. Coloro che arrivano invece da Afghanistan e Pakistan sono portati ad Horgòs.

Le condizioni in cui vivono e aspettano le persone. Foto: Emir Osmanović, AYS
Le condizioni in cui vivono e aspettano le persone. Foto: Emir Osmanović, AYS
Foto: Emir Osmanović, AYS
Foto: Emir Osmanović, AYS

Oggi in Serbia sono morti due rifugiati

Una delle morti è stata causata da una lite scoppiata tra due rifugiati a Belgrado. Al di là delle motivazioni più ovvie, ossia le tremende condizioni di vita e la situazione insostenibile, le cause del litigio rimangono sconosciute.

Un gruppo di volontari AYS ha raggiunto per la seconda volta i colleghi presenti in Serbia per supportarli nell’area di Subotica e Kelebija.
Oltre a rifornire i campi profughi dell’essenziale alla sopravvivenza tra cui abiti caldi e scarpe, il nostro team ha portato con sé tanta buona volontà ed è riuscito a montare alcune tende per le donne con bambini a carico (di cui una riscaldata) ed ha potuto distribuire cibo e medicinali per alcuni malati del campo. Alcuni di loro sono poi stati portati al pronto soccorso di Subotica. Lo staff medico si è rivelato estremamente amichevole con i rifugiati ed ha tentato di fare il possibile per aiutare.

Foto: AYS
Foto: AYS
Foto: AYS
Foto: AYS

La dura realtà continua al confine

Un gruppo di rifugiati ha occupato un negozio duty-free abbandonato a Kelebija, al confine Serbo-Ungherese. In totale vi sono 100 famiglie e più di 30 bambini. L’età dei residenti va da un neonato ad un anziano di 76 anni. In mancanza di elettricità o di qualsiasi forma di riscaldamento, le condizioni in cui le persone si trovano a trascorrere le gelide notti sono estreme. Qui si dorme in un negozio abbandonato, in tende di scarsissima qualità, o fuori al freddo.

Tende all'interno del negozio abbandonato. Foto: Emir Omanović, AYS
Tende all’interno del negozio abbandonato. Foto: Emir Omanović, AYS
La cucina comunitaria. Foto: Emir Omanović, AYS
La cucina comunitaria. Foto: Emir Omanović, AYS

Ad ogni modo, riescono vivere come una comunità, nonostante le condizioni di incertezza e paura, in un’area dove tutti li vedono come ospiti indesiderati e, data la situazione politica, come un peso.

Le tende che abbiamo montato con l'aiuto dei nostri colleghi serbi per portare un minimo di sicurezza e privacy per le persone più in difficoltà. Foto: Emir Omanović, AYS
Le tende che abbiamo montato con l’aiuto dei nostri colleghi serbi per portare un minimo di sicurezza e privacy per le persone più in difficoltà. Foto: Emir Omanović, AYS

Questa cosiddetta “Terra di nessuno” è la casa di decine di persone terrorizzate in paziente attesa che accada qualcosa. È molto comune vedere persone, tra cui adolescenti di appena 15 anni, dormire all’aperto nei boschi. C’è persino un bambino di 8 anni che si trova qui con suo fratello.

Un uomo prega di fronte ad una tenda provvisoria che da troppo tempo è la sua casa. Foto: Emir Omanović
Un uomo prega di fronte ad una tenda provvisoria che da troppo tempo è la sua casa. Foto: Emir Omanović

SIRIA

490 Bombardamenti aerei diretti alla città di Aleppo negli ultimi 8 giorni, hanno ucciso 300 civili e ferito più di 820 persone

Bombardamenti ad Aleppo
Bombardamenti ad Aleppo

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: “Appoggiate la risoluzione!”

Non c’è nulla di sottile o complicato in questa pratica di assedio. I civili vengono isolati, lasciati a morire di fame, bombardati e privati di ogni possibilità di accesso a cure mediche o assistenza da parte delle organizzazioni umanitarie, allo scopo di costringerli a sottomettersi o a fuggire”, è quanto ha affermato il direttore per gli aiuti umanitari dell’ONU Stephen O’Brien, parlando ai membri del Consiglio. Ha poi aggiunto: “Senza l’appoggio deciso di ciascuno di voi, i limiti continueranno ad essere superati, il diritto umanitario internazionale sarà nuovamente violato, altri crimini di guerra verranno commessi. E finchè non vi sarà un intervento da parte vostra, i responsabili resteranno impuniti”.

Le conseguenze dell'attacco con barili-bomba lanciato dagli elicotteri del regime siriano su Aleppo est; l'attacco ha colpito una moschea nel distretto di Katerji e tre persone sono rimaste uccise. Foto: Rami Jarrah
Le conseguenze dell’attacco con barili-bomba lanciato dagli elicotteri del regime siriano su Aleppo est; l’attacco ha colpito una moschea nel distretto di Katerji e tre persone sono rimaste uccise. Foto: Rami Jarrah

Con il regime e le forze ribelli che sferrano attacchi contro i civili, sono più di una decina i bambini rimasti uccisi in entrambe le zone della città. L’Osservatorio siriano per i diritti umani (OSDH) monitora e documenta i decessi in tutto il territorio siriano.
Leggete il rapporto dettagliato delle vittime civili, comprese quelle dei bombardamenti nella capitale e a Idlib.

Gli attacchi agli ospedali sono stati una triste costante del conflitto. Secondo le fonti, la stragrande maggioranza degli attacchi, precisamente 293 dei 382 registrati, sono stati opera del regime di Assad. Una mappa degli attacchi ai centri di assistenza medica in Siria è dispondibile qui.

Dopo l’attacco di ieri, che ha distrutto gli ultimi ospedali rimasti nella zona est di Aleppo uccidendo 2 medici e ferendo 16 operatori sanitari, i membri di Doctors Under Fire, parlando alla Conferenza mondiale sulla promozione e la condivisione di conoscenza in campo medico (WEM) tenutasi ad Edimburgo, hanno fatto appello ai colleghi di tutto il mondo perché si uniscano contro questi orrori, dando vita a una risposta collettiva:

I medici siriani rimasti nella zona est di Aleppo non possono farcela senza di voi. E per riuscire ad ottenere un cambiamento dobbiamo agire fianco a fianco e nello stesso momento. Dobbiamo urlare tutti insieme “BASTA!” – ovunque voi siate e lavoriate. Inviate una e-mail a [email protected] oppure a [email protected], commentate qui sotto, o ancora scrivete a Medium specificando il vostro nome, specializzazione, località, indirizzo e-mail e luogo di lavoro. Se non siete personale sanitario per favore passate parola il più possibile”.

Il direttore del Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) , Peter Maurer, volerà a Mosca, Washington e Teheran nei prossimi giorni nel tentativo di assicurare l’accesso agli aiuti umanitari per tutti i civili di Aleppo. .

GRECIA

Lesbo

Secondo fonti locali, 45 persone, tutte siriane, sono sbarcate sulle coste meridionali dell’isola di Lesbo lunedì all’alba.

Con questi sbarchi nuovamente in crescita, i nostri amici a Lesbo hanno bisogno di donazioni:

– Abiti da uomo, taglie S ed M
– Cappotti
– Calzini
– Scarpe
– Biancheria intima
– Articoli per l’igiene personale
– Sacchi a pelo
– Tende

I camionisti greci per la libertà di movimento

A Mitilene i camionisti hanno protestato contro questa situazione che costringe i rifugiati a nascondersi nei loro veicoli per andarsene dall’isola. Hanno affermato di essere loro, insieme ai rifugiati, a pagare le conseguenze delle politiche europee e chiedono un cambiamento. Alcuni camionisti sono stati accusati di aver trasportato illegalmente i migranti e per questo i loro veicoli sono stati sequestrati dalla polizia.

Samo

Come già riportato, negli utimi tempi si è riscontrato un incremento negli scontri tra i residenti e i rifugiati sbarcati sulle isole. I media greci hanno annunciato che il Comune di Samo ha organizzato una manifestazione di piazza lunedì alle 13 contro l’impatto dei rifugiati sull’isola.

Uno striscione di protesta degli rifugiati a Souda
Uno striscione di protesta degli rifugiati a Souda

Chio

Le autorità di Chio chiedono il trasferimento dei migranti dall’isola. Il ministro greco per l’immigrazione Mouzalas ha risposto che un trasferimento di massa non farebbe altro che incoraggiare maggiori arrivi dalla Turchia. Ha inoltre espresso preoccupazione riguardo l’apparente coinvolgimento di manifestanti di estrema destra negli attacchi ai rifugiati.
A seguito di questi attacchi ai rifugiati sull’isola, le ONG che sono a lavoro sul campo hanno emesso una dichiarazione con cui richiedono sicurezza per i rifugiati a Souda.

Decine di donne e bambini dormono per le strade di Chio per la terza notte di fila. Foto: Juliette Georgiades
Decine di donne e bambini dormono per le strade di Chio per la terza notte di fila. Foto: Juliette Georgiades

Per proteggere i quasi 100 rifugiati e migranti che hanno perso il loro alloggio nel campo profughi di Souda a Chio negli ultimi due giorni, l’UNHCR ha iniziato a montare delle tende pavimentate. Hanno espresso la loro preoccupazione per i recenti attacchi e la speranza di riuscire rapidamente a trovare degli alloggi alternativi per permettere la chiusura del campo di Souda.

La situazione nella maggioranza dei campi in Grecia peggiora di giorno in giorno. Questo è un video mandatoci dai rifugiati del campo di Malakasa, dove la pioggia ha inondato i loro alloggi, cioè le tende di tela in cui vivono da mesi.

Segui gli aggiornamenti sulla situazione del campo di Malakasa e guarda quali dei campi profughi presenti in Grecia sono maggiormente a rischio di inondazioni e clima rigido su questa mappa.

I rifugiati yazidi dal campo di Petra sono stati trasferiti in zone più adeguate nell’area di Salonicco. Secondo i volontari, alcune persone sono state spostate in luoghi con tende riscaldate, mentre altri trasferiti in hotel vicini alla città di Salonicco.

Curdi yazidi provenienti da Petra aspettano il trasferimento, si spera verso un luogo più sicuro e salubre. Foto: Tamás Zoltán Szüts
Curdi yazidi provenienti da Petra aspettano il trasferimento, si spera verso un luogo più sicuro e salubre. Foto: Tamás Zoltán Szüts

Bulgaria

I media bulgari riportano che ai rifugiati sarà temporaneamente impedito di lasciare il centro di Harmanli (nel sud-est del paese) a causa del sospetto e della paura dai residenti per il possibile contagio di malattie infettive. Speriamo che le organizzazioni sanitarie e i delegati in Bulgaria dell’agenzia ONU per i rifugiati risolvano il problema quanto prima.

Belgio

Il 23% di tutti i richiedenti asilo al di sotto dei 18 anni nell’Unione Europea sono minori non accompagnati, per un totale di circa 88.300 giovani.

I 121 minori non accompagnati registrati nel 2016 come rifugiati in Belgio hanno trovato tutti una nuova casa. In settembre 2015, l’organizzazione Pleegzorg Vlaanderen, che si occupa di coordinare più di 4000 famiglie adottive in Belgio, ha lanciato una campagna chiamata “Give the world a home “ (“dai una casa al mondo”), con l’obiettivo di aiutare tutti i minori profughi a trovare una casa.

70 minorenni sono ancora in attesa di essere accolti da una nuova famiglia adottiva.

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Ulteriori aggiornamenti sulle statistiche riguardanti i processi di rilocalizzazione sono disponibili sul sito dell’EASO (Ufficio europeo di sostegno per l’asilo)