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Le donne rifugiate vogliono un posto sicuro

Lola Liceras (Amnesty International Spagna), El Diario - 24 novembre 2016

Ilustrazioni per la campagna contro la violenza di genere © Asia Alfasi/PositiveNegatives/Amnesty International
© Asia Alfasi/PositiveNegatives/Amnesty International
© Asia Alfasi/PositiveNegatives/Amnesty International

Restiamo in gruppi e dormiamo solo quando siamo veramente vinte dal sonno. Di notte non usciamo dalle nostre tende e i nostri figli devono fare i loro bisogni all’interno.”

Così racconta una donna che vive con sua figlia di sei anni in uno dei campi allestiti in Grecia per coloro che fuggono dalla Siria. La mancanza di servizi igienici e docce separate per sesso, la scarsa illuminazione e l’assenza di protezione fanno sì che le donne vivano costantemente nel terrore di essere molestate e di subire qualsiasi tipo di violenza a causa del solo fatto di essere donne.

Quest’anno, il 25 di novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, Amnesty International vuole mettere sotto i riflettori 1 la violenza alla quale vengono sottoposte le donne e le bambine rifugiate, in quello che potremmo chiamare il circolo degli abusi, dai loro paesi di origine durante il conflitto, passando per il viaggio, fino ai paesi di accoglienza. L’organizzazione ha intervistato diverse donne yazide nel campo di Nea Kavala, in Grecia. Erano fuggite dagli attacchi dello Stato Islamico contro le comunità minoritarie del nord dell’Iraq, dove le donne e le bambine erano state torturate, violentate e obbligate a matrimoni forzati o a schiavitù sessuale.

La mancanza di vie legali e sicure verso i paesi di accoglienza aumenta i rischi di subire violenze per le donne in viaggio, dato che la loro unica opzione è affidarsi alle organizzazioni mafiose.
Hala, una ragazza di 23 anni originaria di Aleppo, ha raccontato ad Amnesty International il ricatto sessuale a cui era stata sottoposta durante il suo lungo viaggio verso il nord d’Europa: “Nell’hotel in Turchia, uno degli uomini che lavorava col trafficante, un siriano, mi disse che se fossi andata a letto con lui non avrei pagato o avrei pagato di meno. Ovviamente ho rifiutato, era qualcosa di ripugnante. La stessa cosa è accaduto a tutte noi in Giordania.

Neppure le bambine scampano alle violenze di genere e il dislocamento comporta una maggior rischio di stupro e di matrimoni forzati. In Turchia le bambine rifugiate siriane sono considerate come possibili seconde o terze mogli di uomini più anziani. Proprio in questi giorni ci è arrivata la notizia che il Parlamento turco pretendeva di approvare una legge in base alla quale i violentatori di una minore non avrebbero subito alcuna pena qualora si fossero sposati con quest’ultima. Fortunatamente, la pressione delle donne turche e degli organismi internazionali per il riconoscimento dei diritti umani ha fatto sì che il governo ritirasse la legge, impedendo un simile sopruso.

Neanche l’arrivo al paese di accoglienza mette fine alla violazione dei diritti umani delle donne. Maryan (pseudonimo), una siriana di Homs che ora vive in Libano con la propria famiglia, ha riferito ad Amnesty International: “Un mio parente morì in agosto. La polizia prese la mia deposizione e quella di mia sorella. Ci presero tutti i dati: nome, domicilio e numero di telefono. Dopo qualche tempo questi poliziotti si presentavano a casa nostra o ci chiamavano chiedendoci di uscire con loro. Dal momento che non avevamo il permesso legale (di soggiorno), gli agenti ci minacciarono dicendo che se non fossimo uscite con loro, ci avrebbero arrestate.”

La guerra non è l’unico motivo scatenante della fuga delle donne. In paesi come Honduras, El Salvador, Guatemala, le violenze inflitte dalle maras (gang centroamericane) fanno sì che il viaggio verso Messico e Stati Uniti non abbia solo una causa economica, ma sia volto anche a salvare la vita. Il tasso di femminicidi fra 2008 e 2015 è aumentato del 37% in Honduras e addirittura del 60% a El Salvador. Diana ha lasciato l’Honduras nel 2004 perché una mara uccise suo fratello, e lei, avendo assistito alla scena, sporse denuncia. Tuttavia, benché la polizia avesse fermato gli assassini, questi non finirono in carcere e iniziarono a minacciarla. Ora vive in Messico dove ha chiesto asilo.

Queste violazioni dei diritti umani non sono però solo responsabilità dei paesi menzionati. Se i governi europei non stabiliscono delle vie legali e sicure di asilo, se si rifiuta l’accoglienza alle persone che si ammassano in Giordania, Libano, Turchia, Grecia e Italia, paesi attualmente saturi, le forme di violenza qui descritte continueranno.

La Spagna ha accolto 687 persone delle 17.337 che dovrebbe accogliere. Solo 139 sono donne. Amnesty International esige che lo stato spagnolo tenga conto nella politica di asilo della situazione vulnerabile delle donne e delle bambine rifugiate che ora cercano di sopravvivere nei paesi limitrofi alla Siria, o le quali attendono di uscire dai campi di Grecia e Italia. La Spagna, con il suo sistema di asilo discriminatorio e inefficace, non sta neppure dando ai rifugiati che si trovano già qui l’accoglienza che si meritano.

Links utili:
Grafic series © Asia Alfasi/PositiveNegatives/Amnesty International
Proteggere le rifugiate dalla violenza sessuale e di genere

  1. Vedi anche il comunicato Las mujeres refugiadas necesitan urgentemente protección frente a la violencia sexual y de género di Amnesty International Spagna