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Verità e giustizia per le vittime del naufragio del 18 aprile 2015, in Sicilia rimanga la memoria

Un comunicato della Rete Antirazzista Catanese

Da anni denunciamo le tragiche conseguenze delle leggi liberticide dell’Unione europea e dei suoi Stati membri, che, impedendo canali d’ingresso legali a chi fugge da guerre e miseria, costringono milioni di persone ad affidarsi alle tratte gestite dalle mafie mediterranee, e a morire in migliaia nel Canale di Sicilia. L’orrenda strage del 18 aprile 2015 chiede ancora verità e giustizia per le 728 vittime accertate; purtroppo dopo le autopsie e la repertazione del DNA (grazie all’eccellente lavoro della dott.ssa Cattaneo dell’Università Statale di Milano) non si è ancora riusciti a progredire nel riconoscimento delle vittime per scarsa organizzazione nella ricerca dei parenti. Sarebbe stato utile, al tal fine, ricostruire i collegamenti con i familiari valorizzando il prezioso contributo dei 24 superstiti, di cui 19 fino al dicembre scorso risiedevano ancora nel Cara di Mineo, prima di essere trasferiti in altre regioni d’Italia. I parenti delle vittime dovrebbero vedersi riconosciuta la possibilità di contribuire alla identificazione delle salme, nonché il diritto di rendere omaggio ai loro scomparsi in un luogo preciso. In più, bisogna considerare che, secondo alcune legislazioni dei paesi d’origine africani e mediorientali, senza l’identificazione delle salme i parenti non potranno ricevere assistenza dal loro Stato d’appartenenza

Il relitto del peschereccio doveva essere trasferito dal governo Renzi prima a Bruxelles, poi a Milano; adesso inizia ad essere ventilata l’ipotesi di lasciarlo nel luogo dov’è approdato dopo il recupero, ossia ad Augusta. A riguardo, siamo a conoscenza della proposta del comitato megarese “18 aprile” di istituire un “Giardino della memoria” trasferendo il relitto del naufragio nella chiesetta all’aperto del Monte Tauro.

L’idea di lasciare il relitto ad Augusta ci sembra molto positiva, per l’alto valore simbolico dell’iniziativa, dopo che l’intera procedura di recupero ed estrazione delle salme è stata completamente blindata all’interno del pontile Nato, tramutando in operazione militare quella che poteva essere una straordinaria occasione di solidarietà e cordoglio pubblico della popolazione civile.

Tuttavia, rispetto alla proposta del comitato “18 aprile”, non condividiamo l’indicazione di una chiesa, o di un qualsiasi altro luogo di culto, come sito dove istallare il relitto – o una parte di esso – poiché in quel naufragio trovarono la morte persone di diverso orientamento religioso, non solo cristiani. Pertanto, nel rispetto che è dovuto a queste vittime, riteniamo che un luogo civile, pubblico e laico, sia il più adatto per l’istituzione di uno spazio dove custodire la memoria di quella terribile strage.

Infine, in replica a quanto detto dalla sindaca Di Pietro che sostiene l’iniziativa, siamo assolutamente contrari a invitare, all’inaugurazione del futuro “Giardino della memoria”, i ministri di un governo che è, insieme agli altri governi europei, corresponsabile di quest’ennesima strage, assieme a tutte le altre continuamente prodotte dalle frontiere – fisiche, giuridiche e ideologiche – erette da un’Europa divenuta fortezza invalicabile e cimitero dei diritti umani.

Quest’anno si chiuderà con il maggior numero di morti accertati nel Mediterraneo, e le scelte dell’agenzia Frontex e della missione Eunavfor Med di rafforzare le operazioni di contrasto dell’immigrazione “illegale” – cioè d’impedire con ogni mezzo le partenze dalla Libia – non potranno che peggiorare la barbarie in corso da anni nel Canale di Sicilia e in Nordafrica.

Rete Antirazzista Catanese

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