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Perquisizione aggressiva in casa di Cédric Herrou, l’uomo che aiuta i migranti

Adèle Sifaut, Libération - 20 gennaio 2017

Photo credit: Laurent Carre

Una ventina di poliziotti, con caschi ed armi, si sono recati presso la fattoria di questo agricoltore della valle della Roya che fornisce assistenza ai migranti che attraversano il confine franco-italiano.

A casa di Cédric Herrou le perquisizioni cominciano a diventare un’abitudine. Quindi, quando questo militante che aiuta i migranti ad entrare, circolare e soggiornare in Francia, è stato posto in stato di fermo per la terza volta, mercoledì sera, i suoi familiari hanno aspettato pazientemente che i poliziotti arrivassero a casa loro.

Giovedì, nel giardino, davanti ad un piatto di pasta e uova sode, hanno visto sfilare una ventina di agenti con caschi, armi e nervi a fior di pelle.

Agenti venuti a perquisire la casa, il terreno e la macchina della figura emblematica dell’aiuto ai migranti della valle della Roya, ad una cinquantina di km da Nizza.

Alle 16.30, in questa casa di Breil (Alpi Marittime), Marie è appartata dietro ad una tenda con Nasser. Questa infermiera di Medicins du Monde sta curando una ferita al malleolo e si occupa del mal di gola di questo giovane sudanese. Fuori, Morgan (il fratello di Cédric), Lucile e Emile (due militanti) e due minori stranieri aspettano. Sparecchiano la tavola.

Nello stesso momento, più in basso, due furgoni e cinque automobili delle forze dell’ordine parcheggiano ai piedi della proprietà.

Venuti per una perquisizione, gli agenti salgono in fila indiana, correndo, sul terreno di Cédric Herrou. Quindici di loro hanno caschi, visiere abbassate, giubbotti antiproiettili e armi a portata di mano.

In pochi minuti, allontanano con la forza il fotografo di Libération ammanettandolo (un quarto d’ora dopo, lo metteranno a terra) e passano tra i trattori, i polli e le arnie.

Si dispongono rapidamente sotto gli olivi, prima di circondare la casa. “Di colpo, sono entrati molti uomini e si sono messi ad urlare talmente forte che non capivo cosa dicevano”, racconta l’infermiera. Tira la tenda. “Mi sono trovata davanti quattro agenti, ho visto solo l’arma che mi puntavano addosso. Così tante persone in una stanza così piccola, era quasi assurdo”. La volontaria di Médecins du monde cerca di rassicurare Nasser, il giovane sudanese, che si è messo a piangere . “Quello che mi ha più traumatizzata, è quello che questi bambini devono patire. C’è una forma di maltrattamento morale che oltrepassa ogni limite. Eravamo tutti stupefatti, sotto shock e senza parole”.

Morgan e Lucile vengono ammanettati. Émile resta fuori. Su richiesta degli agenti, si occupa del cane di Cédric Herrou. “Era tutto completamente eccessivo. Sono arrivati urlando e dandoci del tu” racconta. “Sono stato raramente testimone di una simile violenza. Non era veramente fisica, ma era palpabile nell’atmosfera, nell’aria”.

In meno di trenta minuti, gli agenti fanno il giro della proprietà. Lucile, Morgan e i tre minori vengono fatti salire nelle automobili dei gendarmi. “I due parenti di Cédric Herrou sono stati presi in custodia” conferma il Procuratore della Repubblica di Nizza. Quanto ai metodi utilizzati: “È obiettivamente una questione umanamente fuori dal normale” risponde.

Il fermo di Cédric Herrou è stato prolungato di 24 ore. Non presente al momento della perquisizione del domicilio, il suo avvocato Zia Oloumi giudica queste misure “sproporzionate”: “abbiamo a che fare quasi con una squadra antiterrorismo”, dice. Cédric Herrou è stato interrogato per fatti qualificati come complicità nell’ingresso e nel soggiorno di immigrati.

Le autorità non allentano la pressione sulla valle della Roya. Più tardi quella stessa sera, alle 3 del mattino, è stata arrestata una giornalista. Lisa Giachino che stava realizzando un reportage sulla solidarietà e gli aiuti ai migranti per il suo giornale L’âge de faire. “Ho passato la notte sotto i tunnel e sui ponti della ferrovia tra Saorge e Sospel”, racconta a Libération, “ero con sei giovani eritrei, tra i 14 ed i 18 anni, che tentavano di uscire dalla valle dove erano rimasti bloccati“.

Il piccolo gruppo marcia per molte ore con la speranza di salire su un treno alla stazione successiva. Lisa Giachino li segue, bloc-notes alla mano. “Di colpo, una quindicina abbondante di agenti sono sbucati dall’oscurità e si sono catapultati su di noi“. La giornalista viene separata dai migranti. Il seguito dell’interrogatorio si svolge con calma. “Non era in possesso di un accredito stampa” precisa il Procuratore della Repubblica di Nizza Jean-Michel Prêtre; “E’ stata trattenuta per verificare che stesse effettivamente realizzando un reportage e non aiutando i migranti“.

Nessuna accusa è stata formulata nei suoi confronti, e Lisa Giachino è stata rimessa in libertà….con alcuni consigli da parte dei poliziotti: “mi hanno detto ’attenta a non farti ri-beccare con dei migranti!’… non è normale dire una cosa del genere ad una giornalista!” Per il prossimo reportage, gli agenti della PAF di Mentone le hanno raccomandato di fare una richiesta di autorizzazione alla Prefettura.