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Oltre i confini. Ri-creare la propria vita attraverso l’Arte

Uno spazio di creatività ed incontro all'interno di un CAS

Michele Costantini è un artista, nato e formato a Milano, che attualmente vive a Varese, dove si occupa di pittura, illustrazione e scrittura. Da due anni collabora con un’associazione piemontese che si chiama Pacefuturo. Questa associazione dal 2014 gestisce un CAS e attualmente ospita 120 richiedenti asilo provenienti dal Pakistan e dai paesi dell’Africa subsahariana.
Ha attivato un progetto costituito da uno spazio molto particolare all’interno del centro d’accoglienza: uno spazio pensato e progettato per creare le condizioni ideali affinché la creatività venga stimolata, attivata ed utilizzata durante l’esperienza – spesso traumatica – dell’arrivo in Italia.
“Non è un luogo dove si insegna qualcosa di artistico”, scrive Michele, “piuttosto si tratta di uno spazio protetto dove ogni essere umano sottoposto allo stress dell’abbandono del proprio paese e nella fragilità dell’incognita per il futuro crea un dipinto, un oggetto di argilla, un racconto, una musica e facendo ciò ricostruisce il senso della propria esistenza”.

Michele crede, senza per questo voler essere presuntuoso, che ogni CAS dovrebbe avere un luogo così.

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OLTRE I CONFINI – Ri-creare la propria vita attraverso l’Arte.

Intervista a cura di Sophie Costa

Come nasce l’idea di questo spazio e di questo progetto?

Tutto nasce dall’incontro con Andrea Trivero e dal nostro comune interesse per l’Africa e l’Arte in tutte le sue forme. Andrea sapeva della mia esperienza in quest’ultimo campo e mi ha chiesto di creare qualcosa di innovativo per Pacefuturo. Per questo motivo mi sono inizialmente immerso nella realtà di un centro di accoglienza in veste di operatore, per vivere il più possibile a contatto con i profughi, osservarne i comportamenti e guadagnare la loro fiducia, elemento questo assolutamente fondamentale. All’interno dell’edificio – una costruzione indipendente che accoglie oggi 28 giovani uomini provenienti da diversi paesi africani e dal Pakistan – ho individuato una stanza con una piccola finestra, un luogo raccolto che mi ha trasmesso subito un’idea di pace e di intimità. Lì ha preso forma il progetto.

Tu hai lavorato come pittore al tema dell’orientamento, del viaggio, dei confini. Quanto ha influenzato questo progetto la tua visione di artista?

Moltissimo. Inevitabilmente. Quando anni fa ho dipinto le prime mappe per “salvarmi” dallo smarrimento imperante intorno a me non immaginavo che un giorno mi sarei trovato a dipingere fianco a fianco con i protagonisti di questo epocale movimento di genti. Scoprendo di avere molte cose in comune.

Mi sembra di capire dalle tue parole che non sarà un semplice luogo dove si dipinge…

Infatti…molto di più! Basti pensare che è stato il luogo stesso ad ispirare i concetti di riposo, di casa, di spazio immerso in una diversa dimensione temporale ma non per questo separato dal mondo. Col tempo il tema della casa si è trasformato in grembo. E li mi sono chiesto: esiste simbolo più esplicito e al tempo stesso poetico per parlare di accoglienza e protezione? La risposta è stata immediata.
Con l’aiuto di un falegname e di alcuni ospiti del centro ho rivestito completamente lo spazio con caldi pannelli di legno; poi abbiamo creato un ingresso che richiama la forma di una vulva ed è completamente rivestito di terra cruda.
Il passaggio è più basso e stretto rispetto al normale, di modo da costringere chiunque voglia accedervi ad un inchino. In questo modo lo spazio ha assunto la sua forma definitiva di grembo/utero e l’atto semplice, ma già di per sé significativo di entrare ed uscire da esso, esprime ora la forza rigenerante e curativa che stavo cercando. Lì dentro si può pensare di fare cose particolari a partire dal semplice raccoglimento, all’ascolto di sé, al desiderio spontaneo di raccontare attraverso i gesti dell’Arte la propria vita. Ri-tornare simbolicamente e metaforicamente nel passato (l’origine) per ri-nascere ogni volta nel presente, con lo sguardo rivolto a tutte le possibili trasformazioni future.

Come funzionerà lo spazio?

All’interno sarà disponibile ogni genere di materiale, da quello prettamente artistico (carta, colori, pennelli, matite, tele, gesso argilla) a materiale riciclato come legno, cartone, plastica. Ogni visitatore sarà libero di scegliere di volta in volta ciò che sentirà necessario per dare forma alla sua idea.
Ma ci sarà anche la possibilità di ascoltare musica, leggere, scrivere o semplicemente fermarsi ad osservare qualcun altro al lavoro. Tutto ciò che verrà prodotto resterà lì, non ci saranno finalità o progetti espositivi, non si interpreteranno i lavori. Nessuna competizione, nessun livello di bravura. Solo il godimento e l’atto ludico per tentare di ritrovare attraverso il gioco e il fare artistico i codici del proprio senso narrativo, facoltà essenziale per ristabilire il proprio equilibrio interiore. Sono convinto che è dando ritmo e forma ad emozioni indicibili – che si possano creare le premesse di una maggiore stabilità, di un nuovo radicamento. Capisci bene che quando si parla di profughi questo tema è vitale, impellente. Significa sentire di potersi fermare, perché il luogo dove ci si trova, anche se è lontano migliaia di chilometri dal paese d’origine, ora è casa. Penso all’espressione “mettere a dimora” usata quando si semina il terreno. Non è un caso che questo spazio abbia così tanti rimandi con la terra. Per giungere allo spazio bisogna scendere lungo una scala che lo collega al piano superiore. Questa “discesa”, insieme alla vista e all’odore della terra danno un po’ la sensazione di un luogo sotterraneo. A questo punto è affascinante pensare ai frequentatori di questo posto come semi e vedere ogni loro atto collegato al radicare, al generare. In fondo tutti i profughi sono semi provenienti da mondi lontani che produrranno la futura Europa multietnica.

Lo spazio sarà quindi riservato esclusivamente ai richiedenti asilo di Pettinengo?

Assolutamente no, anche se, va riconosciuto, è la presenza dei profughi ad averlo ispirato. L’accesso allo spazio, lo ripeto, sarà libero, ciò significa che chiunque si troverà in zona o di passaggio potrà accedervi e farne esperienza. Il luogo sarà aperto ai bambini e alla loro fantasia senza confini tanto quanto alle persone anziane o semplicemente a chiunque desideri mettersi in gioco. A questo proposito sono già curioso di immaginare insieme in azione persone di ogni età e provenienza, certo che questo luogo catalizzerà, potenziandoli, i principi fondamentali della convivenza, della solidarietà e della Pace.

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