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Costa d’Avorio – La condizione di fragilità, la giovane età e il percorso di crescita personale giustificano la protezione umanitaria al richiedente

Corte d'Appello di Trieste, sentenza n. 186 del 23 marzo 2017

Photo credit: Angelo Aprile

Interessante pronuncia della Corte d’Appello di Trieste che affronta due questioni rilevanti.
L’una relativa al riconoscimento della protezione richiesta, che passa attraverso la valorizzazione di ogni singolo aspetto della vicenda narrata dal richiedente, l’altra, invece, attinente a questioni legate al patrocinio a spese dello Stato ed alle spese di lite in generale.

Sui motivi di vulnerabilità che giustificano il riconoscimento della protezione umanitaria

La Corte d’Appello di Trieste ricordando che: “tale forma residuale di protezione, “nelle situazioni cd. vulnerabili che possono avere l’eziologia più varia e non devono necessariamente discendere come un “minus” dai requisiti delle misure tipiche del rifugiato e della protezione sussidiaria (Cass. 26566/2013)”, riconosce la protezione umanitaria all’appellante evidenziando che: “l’attuale condizione dell’appellante appare, infatti, connotata da una significativa fragilità, dovuta non solo alla perdita di contatti con il paese d’origine, essendo lo stesso rimasto orfano di genitori già da lungo tempo, ma altresì alla giovane età, dalla quale si desume un percorso di maturazione non ancora del tutto completo.
Un eventuale repentino ritorno nella città natia arresterebbe bruscamente il percorso di crescita personale intrapreso dal giovane, il quale ha dimostrato, secondo quanto dichiarato in sede istruttoria, sia la volontà che l’effettiva capacità di apprendimento, avendo svolto con impegno e serietà l’impiego lavorativo stagionale offertogli, mostrando, altresì, di aver raggiunto una compiuta integrazione anche sotto il profilo dei rapporti sociali. Tali considerazioni inducono a ritenere che i prossimi due anni di permanenza in Italia possano permettere al richiedente di sviluppare sufficientemente la propria condizione personale, anche sul versante professionale, consentendo il rientro in condizioni psico-fisiche migliori, risultando pertanto giustificata la concessione della c.d. protezione umanitaria”.

Sulle spese di lite

Il Giudice di primo grado con un unico provvedimento respingeva la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria e revocava il beneficio del patrocinio a spese dello Stato concesso al richiedente dal competente consiglio dell’ordine. Con un unico atto di appello veniva impugnata l’ordinanza di rigetto e veniva richiesto il riconoscimento della protezione internazionale, nonché l’ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato per il primo grado.
La Corte sul punto stabilisce: “Per il primo grado del giudizio, il beneficio concesso dal COA è stato revocato dal giudice ai sensi dell’art. 136 DPR n. 115 del 2002. La revoca, anziché essere pronunciata con separato decreto, è stato inserita nella sentenza, ma l’errore del Tribunale non porta allo sconvolgimento delle regole sull’impugnazione consentendo l’appello avverso un provvedimento per il quale è prevista tutt’altra modalità d’impugnazione, per il combinato disposto dell’art. 170 DPR cit e dall’art. 15 del d.lgs n. 150 del 2011. Competente a decidere è il capo dell’Ufficio che ha emesso la revoca del beneficio, a prescindere dalla forma esteriore data alla pronuncia in parola. L’appello sul punto è inammissibile, ma gli effetti sono quelli di consolidare la revoca del beneficio, con il corollario dell’applicazione delle normali regole sulla soccombenza, che è stata in parte reciproca con compensazione per la metà delle spese e accollo della parte residua, liquidata come in dispositivo, al Ministero appellato, maggiormente soccombente”.
Ma in senso difforme rispetto alla forma dell’impugnazione in casi analoghi a quello di specie, si segnala la già nota pronuncia della Corte di Cassazione con cui è stato chiarito che laddove la revoca sia intervenuta con la sentenza che ha deciso il merito della causa “la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio adottata con la sentenza che definisce la causa va impugnata con il rimedio ordinario dell’appello senza che sia configurabile una separata opposizione ex art. 170 DPR n. 115/02, sicchè, ove quest’ultima procedura sia stata erroneamente instaurata, il ricorso per cassazione avverso il relativo provvedimento va dichiarato inammissibile attesa l’inammissibilità dell’intero procedimento”. (Corte di Cassazione, sentenza 7191/2016).

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Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 186 del 23 marzo 2017