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Il ruolo dell’operatore dell’accoglienza verso un nuovo paradigma

di Daniele Colombi, operatore sociale

Nonostante sia una professione relativamente recente, quella dell’accoglienza ha già visto mutare nel tempo la modalità di approccio, di gestione delle micro-dinamiche, intese come azioni-reazioni tra le persone, e delle macro-dinamiche, cioè le relazioni tra enti e sovrastrutture.

Si possono individuare tre principali paradigmi:
– assistenzialistico/paternalistico,
– l’indipendenza,
– l’interdipendenza.

Molto conosciuto e molto studiato, con delle radici storiche molto forti, l’approccio assistenzialistico è stato riproposto in alcuni momenti dell’accoglienza in una versione più paternalistica, generando come ben sappiamo una spirale di dipendenza della persona dal sistema.

L’approccio attuale è quello dell’indipendenza, modello studiato e implementato all’interno delle reti che si occupano di accoglienza diffusa, questo modello si basa sull’accompagnamento della persona verso la capacità di muoversi in autonomia nel tempo e nello spazio, favorendo l’inclusione sociale secondo i canoni delle costruzioni mentali del suo sistema di riferimento.

Uno spunto di riflessione nasce dalla possibilità di superare i concetti precedenti di indipendenza e di inclusione tendendo verso l’approccio dell’interdipendenza, cioè un sistema nel quale persone indipendenti non solo sappiano e vogliano, ma debbano interagire tra loro, mosse dalla necessità volontaria di condivisione di saperi e conoscenze. In uno stadio evoluto del pensiero il bisogno si affranca dalla conseguenza conosciuta di azione istintiva e si unisce al concetto di volontarietà del gesto esprimendo così la consapevolezza della necessità di interconnettersi per vivere meglio. In questa prospettiva, il richiedente che abbia trovato la sua autonomia e si sia affrancato dalla mentalità dell’accoglienza, non dal progetto stesso ma dal velo assistenzialistico di cui sopra, diventa un attore di pari valore agli altri, riconosciuto come tale e generatore quindi di positività dal momento che può (deve) essere snodo della rete di condivisione.

Questa situazione evolutiva si basa sul concetto che tutti i nodi, tutti gli attori, attraverso il loro agito, siano contemporaneamente la forma statica e il cambiamento dinamico del sistema stesso, pertanto l’approccio dell’operatore deve assumere un carattere fortemente proattivo, relazionandosi con il richiedente non più in maniera spontanea ma bensì spintanea, assumendosi un ruolo centrato e preciso rispetto al progetto educativo.

Sarebbe dunque disfunzionale se l’operatore si approcciasse in maniera disorganizzata rispetto al percorso da effettuare, volendo usare una metafora si può paragonare l’operatore a una guida alpina che deve accompagnare la sua cordata verso la cima, lontana, a tratti invisibile, ma che lui conosce.

In questa metafora sarebbe fonte di malintesi e malumori far pensare che la guida possa sostituirsi agli alpinisti, e molto pericoloso far credere che possa portare gli zaini degli altri (dove lo zaino rappresenta il fardello emotivo). Lo sforzo è singolo ma trova sollievo nello sforzo collettivo.

In questo sistema l’operatore assume un ruolo fondamentale, a questo punto la guida, se resta in posizione di guida e non cambia il suo abito, può aiutare realmente:
– è colui che indica la via, non perché sia più bravo ma perché c’è già stato,
– sa evitare i pericoli o per lo meno li riduce al minimo perché conosce l’ambiente circostante,
– non può rimuovere le difficoltà ma deve accompagnare e sostenere.

L’interdipendenza di una cordata può essere il pensiero che accompagni l’operatore, riflettendo su come delle persone, nonostante siano esse indipendenti e capaci di muoversi in autonomia, decidano di condividere le proprie conoscenze e alleviarsi mutualmente i dolori.

Daniele Colombi
Cooperativa Sociale ProSer Valcamonica Onlus