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Mali – Protezione umanitaria e sussidiaria: sentenze della Corte d’Appello di Trieste

L’importanza del doppio grado di giudizio per i richiedenti asilo

Photocredit di Angelo Aprile

Pubblichiamo tre sentenze della Corte d’Appello di Trieste inerenti al riconoscimento della protezione umanitaria o sussidiaria ai cittadini del Mali. Ogni sentenza è corredata da un commento di sintesi delle motivazioni più importanti adottate dalla corte.

Integrazione sociale quale motivo di riconoscimento della protezione umanitaria

Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 159/2017

La Corte d’Appello di Trieste accoglie la domanda di protezione umanitaria avanzata da cittadino proveniente dalla regione di Keyes nel sud del Mali, così argomentando: “Va accolta, invece, la censura relativa alla reiezione della domanda di protezione umanitaria atteso che tale misura ha carattere residuale ed atipico, da accertarsi caso per caso e come precisato dalla Suprema Corte (Cass. n. 21903/2015) la stessa è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui si è in presenza di c.d. vulnerabili che possono avere l’eziologia più varia. Può pertanto concedersi al richiedente la protezione umanitaria (…omissis…) atteso che lo stesso ha fatto ogni ragionevole sforzo per l’inserimento e l’integrazione in Italia, avendo frequentato un corso di lingua italiana per lavoratori e un corso professionale (…omissis…)

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Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 159 del 6 marzo 2017

E’ la situazione della zona di effettiva residenza che deve essere valutata ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria. Valorizzazione delle ragioni di vulnerabilità

Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 197/2017

La Corte d’Appello nel provvedimento pubblicato ricostruisce la situazione relativa alla sicurezza in Mali ed evidenzia come nella città in cui è nato il richiedente, che si trova nel sud del Mali, non vi siano situazioni tali da riconoscere la protezione sussidiaria. Il richiedente, però, ha dichiarato di essersi trasferito a Kidal prima di decidere di fuggire a causa dei ribelli. La Corte, quindi, considerando l’ultima dimora come luogo di provenienza, specifica: “Questa Corte d’Appello ha concesso la protezione sussidiaria ai richiedenti che risiedevano nelle aree del Nord e Nord-Est del Paese ove la criticità e instabilità è massima e questa Corte intende dare continuità a tale orientamento. Le informazioni su Kidal, assunte da questa Corte, confermano l’elevato e concreto rischio di pericolo per l’incolumità personale del richiedente in caso di rientro in tale zona nella quale è presente una forte contrapposizione armata tra gruppi di ribelli tuareg e militari da un lato e forze filogovernative dall’altro un concreto rischio di rimanere coinvolti negli scontri. (…omissis…). A ciò deve aggiungersi che la giovane età del richiedente, la mancanza di legami familiari e sociali in una situazione pesante e sovraccarica di tensioni, nel caso di rientro a Kidal, giustifica l’adozione della misura di protezione sussidiaria“.

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Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 197 del 24 marzo 2017

Il pericolo di subire riti tribali fonda e giustifica il riconoscimento della protezione sussidiaria

Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 234/2017

La Corte d’Appello di Trieste riconosce la protezione sussidiaria a cittadino del sud del Mali, che pone alla base della fuga dal Paese d’origine la volontà di sottrarsi a riti tribali.
La Corte grazie alle informazioni assunte ha accertato che: “il rapporto COI sul punto (esistenza di riti tibali N.d.R.) non nega l’esistenza, soprattutto nei rituali islamici, di ipotesi sacrificale anche umane pur indicando tra le principali vittime di tali sacrifici i “garibout” e cioè gli allievi delle scuole coraniche informali che spesso vengono offerti in sacrificio dai loro stessi maestri. Altre fonti riportate sempre nel rapporto COI affermano l’esistenza di pratiche di magia e stregoneria e crimini a sfondo rituale che vedono quali oggetti sacrificali soprattutto i bambini e cioè le creature più fragili ed innocenti; si afferma ancora in altro rapporto seppur datato, che esista un vero timore da parte di donne e bambini e creature meno protette, ogni qual volta eventi rilevanti come cerimonie di iniziazione o elezioni abbiano luogo in Mali” e pertanto ha riconosciuto la richiesta protezione ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 251/2007

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Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 234 del 5 aprile 2017