Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Non partite, il nostro popolo non vi vuole e non vi ama

L'appello choc di Don Vinicio Albanesi ai migranti

Se voleva essere una provocazione è davvero riuscita male. Se non lo era è addirittura peggio. Lo stucchevole appello lanciato questa settimana dal presidente della Comunità di Capodarco don Vinicio Albanesi “agli uomini e alle donne dei paesi dell’Africa e del Medio Oriente che pensano di venire in Italia di non partire”, rafforza l’amara constatazione di come l’Italia stia precipitando senza paracadute in una spirale di xenofobia e odio razziale che rischia di travolgere tutto e tutti.

Infatti, se anche una decennale istituzione del mondo dell’accoglienza, della solidarietà e dell’inclusione sociale come la Comunità di Capodarco getta la spugna, chiedendo a quell’umanità inerme, fatta di uomini, donne e bambini in fuga da guerre, povertà e persecuzioni di arrendersi alle proprie miserie e alle proprie sofferenze, è probabile che nessuna luce giunga presto a rischiarare il buio caduto sulla coscienza civile di questo Paese.

Difficile dire quali siano le ragioni profonde che hanno spinto don Albanesi a rivolgere tale invito dalle pagine del “Redattore sociale”, la nota agenzia della stessa Comunità di Capodarco, poi ripreso da molti media marchigiani. Di certo, però, come ben sa ogni migrante, nessuno degli argomenti elencati può rappresentare un motivo di persuasione per chi ogni giorno decide di lasciare quell’inferno toccato in sorte a milioni di persone che vivono nei paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, predati dalle multinazionali occidentali o seppelliti sotto le macerie provocate dalle bombe “intelligenti” portatrici di democrazia e libertà.

Non lo sono le angherie, le violenze e i soprusi di chi si imbarca arricchendo gli spietati trafficanti di esseri umani, così come non lo è il pericolo concreto di morire in fondo al mare. Non lo sono neppure le leggi repressive e le logiche burocratiche di uno Stato insensibile che respinge le domande di accoglienza e asilo, e con esse le speranze di un futuro migliore, né la mancanza di solidarietà che don Albanesi sintetizza in un semplice “il nostro popolo non vi vuole e non vi ama”. E non lo è neanche l’impossibilità di emigrare in altri paesi del continente a causa, bontà sua, di “un’Europa cinica e sorda”.

No, onestamente non c’è un solo punto tra quelli elencati dal presidente della Comunità di Capodarco che riesca a essere minimamente convincente. Ma non solo: ognuno di quei presunti impedimenti dovrebbe rappresentare lo stimolo a un maggiore impegno, totalmente assente nell’orizzonte tracciato da don Albanesi, a lavorare fin da subito a soluzioni vere, che in alcuni casi sono anche a portata di mano, come l’istituzione di corridoi umanitari per evitare le tante tragedie che si consumano ormai quotidianamente in mare.

Impegno a battersi contro il progressivo restringimento degli spazi di accoglienza, rafforzato di recente dal famigerato decreto Minniti-Orlando, per costruire un sistema davvero garante dei diritti sociali e civili dei migranti.

Impegno a creare ovunque spazi multiculturali di inclusione e solidarietà capaci di opporsi al dilagante razzismo, e che non di rado, vale in questo caso più che mai sottolinearlo, vede protagoniste tantissime associazioni e realtà cattoliche di base. Un impegno che costa fatica, molto più delle dolenti omelie invitanti alla rassegnazione, e di questi tempi anche coraggio per non arrendersi all’isolamento che colpisce chiunque tenti di porsi controcorrente a una narrazione fomentata dalla cronaca etnicizzata dei media, volta a radicare i più banali e stupidi stereotipi e a creare un vero e proprio clima da caccia alle streghe, come dimostra l’ultima campagna mistificatoria scatenata contro le Ong che operano nel soccorso dei migranti in mare.

Diventa dunque davvero difficile interpretare il senso delle parole pronunciate da don Albanesi, che sembrerebbero offrire, e di fatto lo fanno, una disastrosa legittimazione a quanti, a destra e a manca, chiedono da tempo alle politica più stringente nel controllo dei flussi migratori.

Ma ciò che ancora di più sorprende è che l’appello giunge a poco meno di un anno dalla tragedia consumatasi lo scorso luglio a Fermo, a pochi chilometri da Capodarco, con l’omicidio del rifugiato nigeriano Emmanuel Chidi Namdi per mano dell’italianissimo Amedeo Mancini, figura vicina agli ambienti dell’estrema destra cittadina. Quella vicenda, come dovrebbe ben ricordare don Albanesi, contribuì in maniera definitiva a squarciare la coltre d’ipocrisia dietro cui da anni si cela il feroce volto della provincia italiana. Infatti, la morte di Emmanuel divenne per alcuni mesi oggetto di un osceno dibattito che contro ogni evidenza vide largamente prevalere in città il fronte “innocentista” a favore di Mancini e che certamente finì per influenzare la successiva breve e vergognosa parentesi giudiziaria, culminata con il patteggiamento dell’omicida e la sua condanna a quattro anni di arresti domiciliari, nonostante l’aggravante dei motivi razziali.

Qualcuno forse dirà che quel dramma non c’entra nulla con l’appello di don Albanesi. Può darsi, anche perché più volte la Comunità di Capodarco e lo stesso don Albanesi sono stati bersaglio dell’infamante accusa di trarre profitto dal “business dell’accoglienza”. Tuttavia non c’è dubbio che da oggi, in questo pantano così fertile per far crescere e prosperare ogni forma di odio verso gli stranieri, alcuni troveranno un argomento in più per giustificare la propria intolleranza.

Simone Massacesi

Vivo ad Ancona e mi sono laureato in Storia contemporanea all’Università di Bologna. Dal 2010 sono giornalista pubblicista.