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Nuove sfide per la sicurezza umana: cambiamenti climatici e mobilità umana

Institute for the Study of Diplomacy, Georgetown University - 7 aprile 2017

Photo credit: Luca Catalano Gonzaga/Witness Image

I cambiamenti climatici influenzano le traiettorie interne ed esterne della mobilità umana in tutto il mondo – sia nel caso di spostamenti improvvisi e di grandi proporzioni sia in quello, più difficile da tracciare, delle migrazioni che si sviluppano lentamente. Tali cambiamenti mettono spesso a rischio la sicurezza umana.
I cambiamenti climatici e gli stress ambientali indotti dall’uomo comportano sempre più notevoli implicazioni per le dinamiche globali della mobilità umana e dei nuovi insediamenti.
Per approfondire come il cambiamento climatico influenzi le migrazioni e discutere di come i percorsi globali della mobilità abbiano ripercussioni accertabili sulla stabilità e la sicurezza del mondo, nell’autunno del 2016 l’Institute for the Study of Diplomacy ha riunito un gruppo di lavoro su “Nuove sfide per la sicurezza umana: cambiamenti climatici e mobilità umana”. (Scarica il rapporto)

Studiosi di cambiamenti climatici, migrazioni e politiche di sicurezza hanno incontrato alcuni dei policymakers più esperti per esplorare il nesso che lega cambiamenti climatici e sicurezza umana, concentrandosi sulle migrazioni ambientali e sulle politiche a riguardo. Il gruppo di lavoro ISD (Institute for the Study of Diplomacy, ndt) ha prodotto una raccolta di Linee Guida per policymakers, organizzazioni non governative e istituzioni internazionali da inglobare nelle loro programmazioni di breve periodo:

  • Elaborare una definizione di “migranti ambientali” – Le definizioni universalmente accettate da applicare a persone che abbandonano le loro case per motivi ambientali, tali da distinguerle da altri tipi di migranti e rifugiati, sono importanti per ragioni legali, economiche e di sicurezza.
  • Raccogliere più dati – Quali sono i gruppi e le società più colpiti, e quali strategie di resilienza risultano più efficaci? Serve più ricerca anche rispetto a dove le persone siano dirette – o verso dove pensiamo che potrebbero dirigersi.
  • Tenere in considerazione i vantaggi dei “ricollocamenti programmati” – I ricollocamenti programmati sono destinati a diventare sempre più necessari – e più comuni, dal momento che i cambiamenti climatici rendono ormai impossibile rimanere in alcuni luoghi. Tuttavia, gli alti costi e la complessità insita nel far muovere intere comunità di loro iniziativa richiedono ulteriori studi e pianificazione per il futuro.
  • Rendere gli aiuti allo sviluppo più flessibili – I governi nazionali, le ONG e le organizzazioni internazionali devono lavorare assieme per diventare più flessibili nella elaborazione di progetti a sostegno delle comunità più minacciate dai cambiamenti climatici.
  • Istituire accordi regionali – I migranti ambientali tendono ad attraversare diversi confini internazionali, con potenziali ripercussioni legali e di sicurezza. Gli accordi regionali possono favorire condizioni di migrazione più fluide e gestibili, in particolar modo nell’eventualità di trasferimenti forzati su larga scala.
  • Approntare “valvole di sicurezza” regionali – Si presenta la necessità di assegnare collettivamente il ruolo di spazi sicuri per i migranti ambientali ad uno o più Stati all’interno della regione, istituendo incentivi praticabili per questi Stati cuscinetto.
  • Gestire in maniera efficiente le risorse e le infrastrutture – Alcune comunità a rischio potrebbero riuscire a rimanere dove si trovano, se l’infrastruttura locale e la gestione delle risorse fossero rafforzate. Le comunità che accolgono i migranti ambientali potrebbero anche trovarsi a dover affrontare ulteriori problemi nella gestione delle loro rispettive risorse e infrastrutture.
  • Indirizzare le persone dove le loro necessità possono essere meglio soddisfatte – Dal momento che molti migranti ambientali si dirigono verso le aree urbane lungo la costa, il gruppo di lavoro raccomanda di identificare le regioni e le città che possano servire da punti di raccolta adatti alle esigenze dei migranti ambientali – creando così fattori di attrazione che indirizzino i migranti verso quelle città/regioni.
  • Concentrarsi sulle necessità dei migranti nelle comunità di accoglienza – La maggior parte dei migranti ambientali si dirige verso le città, le quali a loro volta si trovano a gestire le sfide dei cambiamenti climatici. Inoltre, si possono verificare problemi di natura etnica e culturale a seguito dell’arrivo di grandi flussi di migranti ambientali.
  • Dare priorità alla creazione di lavoro nelle città di destinazione – È in corso un’esplosione della popolazione urbana, in particolar modo nelle aree costiere, di per sé molto vulnerabili ai cambiamenti climatici e agli stress ambientali. Tuttavia, questa “urbanizzazione senza crescita” troppo spesso non include maggiore occupazione o crescita economica – offrendo così poche opportunità lavorative ai migranti ambientali.