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Nel 2017, 109 persone sono morte per annegamento in seguito al naufragio dei loro barconi

Di nuovo attiva la rotta spagnola dei barconi

Lucas De La Cal, El Mundo - 26 luglio 2017

Photo credit: Olmo Calvo

Tangeri, 26 luglio 2017

Dall’alto del barrio multiculturale di Boukhalef, nei dintorni dell’aeroporto di Tangeri, il camerunense Sulten, tatuatore di giorno e trafficante di migranti di notte, racconta che il gommone che ha acquistato a Rabat gli è costato 3.500 dirham (350 euro). “È perché sono nero, e il tizio dell’emporio sapeva perché lo volevo. A un marocchino lo fanno pagare solo 250 dirham (25 euro)”. Accanto a lui, con la pompa dell’aria tra le mani, Michel, imbianchino di giorno e procacciatore di barconi di notte, ci confida che in questo barcone di appena tre metri hanno intenzione di far salire 12 persone. “Le donne e i bambini viaggeranno nel centro, per tirare via l’acqua che potrebbe entrare. Noi uomini ci mettiamo sulle sponde laterali, per remare. Aspettiamo a lungo, passiamo degli anni a risparmiare il denaro in attesa di questo momento”.

A Boukhalef la pazienza instancabile diventa eterna. Il tempo scorre a rilento. Ogni secondo si affronta quasi con apatia in quella che è l’ultima fermata prima di tentare il passaggio alla “bella vita”, alla Penisola, verso ciò che i subsahariani considerano l’El Dorado europeo. Quelli che vivono in questo barrio di transito dei migranti, dinanzi alle sempre ataviche occhiate degli autoctoni marocchini, hanno ben chiaro il motivo per cui in questi mesi si sta verificando un esodo di massa verso la Spagna a bordo di piccole imbarcazioni di fortuna.

Questa stagione di solito è la migliore per prendere il mare, per via del bel tempo. Però ora tutti partono approfittando del fatto che il Marocco sta allentando la morsa dei controlli perché siamo davvero in tanti ad ammassarci nelle strade, e anche la polizia è distratta con le proteste in corso nel Rif”, assicura Michel. I dati gli danno ragione: quest’anno i migranti arrivati (in Spagna, n.d.t.) a bordo dei barconi sono aumentati di circa il 130%. Secondo quanto affermato dal Ministro degli Interni, Juan Ignacio Zoido, sono arrivate sulle nostre coste 7.547 persone. Ed anche il trend è cambiato. I subsahariani, la maggioranza dei quali provenienti dalla Guinea Conakry, ormai non passano più dalla Libia, ma dal Marocco. E, per la prima volta negli ultimi 15 anni, gli stessi magrebini, molti dei quali appena bambini o adolescenti, stanno lasciando il loro paese a bordo dei barconi.

Questa non è soltanto una radiografia centrata sul tragitto marittimo delle rotte migratorie attive nel nord dell’Africa. Questa è la storia di una lunga attesa. Di come vivono e si preparano donne, uomini e bambini prima di tentare il balzo decisivo verso l’occidente. Partendo da Tangeri con i subsahariani, per finire ad Alhucemas (città marocchina situata sulla costa mediterranea, tra Ceuta e Melilla, n.d.t.) con i rifeñi che vogliono andarsene. La bolla migratoria raccontata dai suoi protagonisti. “Attualmente nel nord del Marocco esistono cinque punti chiave da cui stanno partendo la maggior parte dei barconi. Sono Tangeri, Casiago (Castillejos, a quattro chilometri da Ceuta), Oued Laou, Alhucemas e Nador (a 16 chilometri da Melilla)”, ci spiega Sulten da un “gommone-dormitorio” che, per 100 euro al mese, prende in affitto in uno dei 2.000 alloggi delle palazzine bianche di Boukhalef.

Il suo ruolo, nel secondo rango del sottobosco delle mafie dei barconi, è quello di “procacciatore” di migranti disposti a pagare per attraversare lo Stretto. “Quelli che comandano davvero sono i marocchini o gli algerini, che controllano tutto e fissano i prezzi. In ogni punto caldo c’è un capo. Ma non avrai mai modo di vederli di persona. Si rivolgono sempre ai subsahariani affinché, in cambio di una percentuale abbastanza consistente, facciano da intermediari”, spiega mentre indica il gommone nero che sta provvedendo a gonfiare, in modo che nei prossimi giorni sia pronto a salpare da Tangeri col suo carico di migranti.

I prezzi, racconta, variano in base al periodo. “Ora costa molto più del solito perché tutti vogliono andarsene e non ci sono abbastanza barconi”, lamenta una donna guineana che ha già un posto prenotato per partire con suo figlio di 10 anni, in agosto, verso Algeciras. Le autorità del Marocco spiegano che compiono minuziosi controlli di vigilanza, ma “quest’anno al nord sono arrivati così tanti subsahariani che è molto difficile tenere d’occhio tutte le partenze”.

Nel gommone di Sulten, nel quale “entrano” 12 persone, il posto costa tra i 500 e i 1.000 euro. “A seconda che si viaggi da soli o con dei bambini al seguito. In tal caso il prezzo può schizzare anche fino a 10 volte il suo valore”, afferma. Queste sono le imbarcazioni più economiche. Gli africani raccontano che imbarcandosi in una delle classiche barche di legno il prezzo si alza fino ai 2.000 euro, mentre per quelle che hanno il motore pagano anche più di 3.000 euro.

In questo stesso fine settimana, nel Mar di Alborán e nello Stretto sono stati recuperati nove barconi con a bordo 208 persone. “Normalmente li organizziamo bene, in modo che non possa accadere nulla. Ci procuriamo un telefono satellitare sul mercato nero e lo consegniamo ad uno degli uomini che vanno sul barcone. Altrimenti, informiamo Salvamento Marítimo che è da poco partito un barcone, in modo che siano già in stato d’allerta. E poi hanno anche dei localizzatori sui cellulari per non perdersi”, aggiunge il trafficante, completamente estraniato dalla drammatica realtà.

Solo quest’anno 109 migranti sono morti annegati a causa del naufragio delle loro imbarcazioni. Lo scorso 4 luglio sono scomparsi in 49 in seguito ad un naufragio. Secondo la Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía, circa 6.000 persone hanno perso la vita nello Stretto negli ultimi 20 anni, e si stima che altre 12.000 siano scomparse.

La scorsa settimana, durante l’audizione che il Ministro degli Interni ha tenuto al Congreso de los Diputados su questo tema, dopo aver insinuato che le ONG stanno favorendo l’immigrazione irregolare, Zoido si è limitato a rispondere che “non è nostra responsabilità che decidano di fuggire dai loro paesi in condizioni tanto precarie. Responsabili sono le mafie”. Íñigo Vila, a capo dell’Unità Emergenze della Cruz Roja, riferisce che in questi primi sei mesi dell’anno la ONG ha prestato assistenza a 6.668 persone, contro le 3.628 prese in carico nel primo semestre del 2016.

Nel barrio tangerino di Boukhalef, in uno degli spiazzi del posto, ci sono grossi tubi di cemento nei quali dormono i guineani che non possono permettersi l’affitto di una stanza. Hanno impiegato un mese e mezzo per arrivare dal loro paese all’Algeria. “Lì c’è lavoro nell’edilizia, ti pagano 20 euro per 12 ore di lavoro, mentre qui in Marocco non pagano più di cinque euro. Molti di noi si fermano mesi o anni a lavorare in Algeria per risparmiare il denaro necessario per i barconi”, spiegano. “Ora alle mafie bisogna pagare 500 euro per passare la frontiera con l’Algeria fino alla città di Uchda. E lì altri 500 se vuoi arrivare fino a Tangeri. Nel prezzo sono incluse le mazzette per la polizia”.

L’altro itinerario utilizzato dalle mafie è quello che porta fino a “La Foret”, come chiamano il bosco di fronte alla valla di Ceuta in cui i migranti restano ad aspettare. Il costo del viaggio è di 100 euro. “Questi sono quelli che non hanno il denaro per i barconi, i mafiosi lo sanno, per questo è molto più economico”, affermano. In più di 3.200 sono entrati superando le barriere di Ceuta e Melilla. I dati di cui non si è a conoscenza riguardano il totale delle persone che hanno superato la frontiera nascoste nei vani o sotto i sedili delle automobili.

Per essere costantemente aggiornati sui barconi che quasi quotidianamente arrivano alla Penisola bisogna seguire su Twitter la ricercatrice ed esperta di migrazioni Helena Maleno. Pochi trattano questa questione come fa lei, in maniera tanto scrupolosa. “Verso la fine dello scorso anno hanno smesso di passare dalla Libia a causa della situazione di conflitto che si vive in quel paese. Ora le migrazioni subsahariane passano attraverso la realtà guineana, quella numericamente più consistente nel nord del Marocco”, spiega la Maleno a El Mundo, fornendoci un’ulteriore conferma di questo cambio di passo dando conto di quella che è la realtà effettiva dei tanti barconi in arrivo alle Baleari, a Murcia o a Cartagena (100). “È importante anzitutto sapere che la maggioranza, tra le persone che stanno partendo, sono proprio i marocchini. Ciò si deve alla situazione esistente nel Rif, oltre al fatto che il Marocco ha un modello di sviluppo economico nel quale le diseguaglianze stanno aumentando. I prezzi salgono ma i salari no, e questo accresce l’impoverimento e fa sì che i più giovani cerchino una via d’uscita. Lo scorso mese quasi in 600 hanno attraversato lo Stretto”.

La settimana scorsa, nella città di Alhucemas si sono verificati pesanti scontri tra la polizia e i manifesti che chiedevano la liberazione dei quasi 200 attivisti detenuti per aver rivendicato una serie di diritti di base per la popolazione rifeña. I più giovani, la maggior parte di essi minori, hanno manifestato a questo giornale la loro intenzione di partire in massa sui barconi in occasione della festa dell’agnello (in settembre), “se dovesse proseguire la repressione delle autorità”.

Molti dei loro amici e familiari si trovano già nella Penisola. La maggior parte di essi sono partiti da Cala Youseff, una spiaggia nascosta sul lungomare. “Sono barche di cinque metri nelle quali il posto costa 500 euro. Sono arrivati a partire in 20 su un barcone”, ci racconta un ragazzino di 15 anni del barrio di Buyibar. “Qui non c’è lavoro, né futuro. Siamo sempre più isolati. Per questo tutti noi ragazzi tentiamo questa fuga via mare. Già da qui oppure, come fanno in tanti, si va fino alle spiagge di Oued Laou, meno controllate dalla polizia”. L’adolescente spiega che i pochi subsahariani che ci sono in questa zona del nord si nascondono tra le montagne, lasciandosi vedere solo al momento dell’imbarco.

Alcuni, tra i rifeñi che sono riusciti ad arrivare fino a Malaga o Motril, hanno già presentato domanda di asilo politico come rifugiati di un conflitto. E le loro richieste sono state dichiarate ricevibili. Un altro aspetto che desta preoccupazione è il collasso del sistema di assistenza ai minori nella zona costiera andalusa, come nel caso del Centro di Cadice, dove questo mese hanno già hanno accolto 80 adolescenti. Juan Carlos Cabrera, ricercatore in studi arabi contemporanei all’Università di Granada, ricorda che nel 2016 hanno attraversato lo Stretto 350 minori. Questi sono quelli rintracciati, ma sostiene che nell’intera Europa ci siano più di 10.000 “desaparecidos”. “La legislazione sull’infanzia con la quale si lavora attualmente è antecedente all’emergere del fenomeno della migrazione minorile. Negli ultimi 17 anni non si è legiferato, né si è registrata alcuna evoluzione dinanzi a questa nuova realtà”, afferma Cabrera.

Queste righe tornano ancora una volta fino a Boukhalef, nella città di Tangeri, fino al rifugio in cui i subsahariani trascorrono la notte a chiacchierare e a guardare a tv. Loro ne sono ben consapevoli. “Tutto questo non è solo che all’inizio”.