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Ghetto di Rosarno e trasferimento dei migranti nella nuova tendopoli

Appunti dal 18 agosto tra rivendicazioni, lotta e personalismi

Photo credit: Guillermo Laurin

Il caldo calabrese batte ancora forte, il 18 agosto. L’umidità picchia in testa e il sudore ha la meglio tra bottiglie d’acqua ghiacciate e voglia di prendere la via del vicino mare.
La “vecchia” tendopoli di San Ferdinando è sempre lì tra cumuli di spazzatura e miasmi che rendono l’aria irrespirabile già di prima mattina. Da febbraio, in un tavolo di lavoro in Prefettura, a cui hanno partecipato anche MEDU ed Emergency, tra le diverse associazioni coinvolte, si è deciso di dare una svolta alla drammatica situazione in cui versano migliaia di braccianti africani che, oltre ad essere sfruttati sui campi, vivono tra baracche e vecchie tende, in condizioni infernali e non così dissimili dai loro antenati che, come schiavi, lavoravano nelle grandi piantagioni dell’America Latina.

La decisione, inizialmente contestata da molti, metteva in campo la costruzione di una nuova tendopoli (la terza), gestita dalla Protezione Civile regionale, ma questa volta con una novità fondamentale: l’inizio di un dialogo, da parte della Prefettura, con i comuni limitrofi a Rosarno per progettare, di concerto, un piano abitativo che favorisca l’inserimento dei braccianti nelle comunità della Piana, sulla falsariga del modello Drosi, piccolo paesino ad una decina di chilometri da Rosarno, dove 150 braccianti hanno ripopolato il luogo.

Gli eventi dei mesi scorsi, tra cui l’incendio che ha devastato più di metà del ghetto, hanno accelerato la costruzione della nuova tendopoli sempre all’interno della zona industriale di San Ferdinando. A quel punto, terminata la nuova realtà abitativa, la Prefettura e la Questura hanno stabilito nel 18 agosto la data del libero trasferimento dei braccianti. (Per inciso, dando corso al classico modus operandi italiano del lavoro sull’emergenza, la nuova tendopoli potrà ospitare solo 400 braccianti, gli altri 150/180 sono sistemati da quasi due mesi in un capannone tra brandine e pochi servizi igienici nel totale silenzio di chi oggi si erge l’unica realtà non calabrese a difendere i diritti e la dignità dei braccianti. Con l’inizio della raccolta agrumicola, ad ottobre, la situazione si complicherà ulteriormente visto l’arrivo di migliaia di braccianti).

Photo credit: Guillermo Laurin
Photo credit: Guillermo Laurin

E così il 18 agosto è diventato fondamentale quale momento di passaggio da una situazione che richiamava ancora la rivolta del 2010. Già nella prima mattinata le forze dell’ordine, presenti in modo massiccio ma di fatto defilate, e le istituzioni hanno portato avanti una trattativa con i braccianti che avanzavano una serie di richieste riguardanti la nuova tendopoli. È stato in quel momento che si è consumato lo scontro, in verità già in essere da qualche anno, tra uno sparuto gruppetto guidato da Campagne in lotta, convinte assertrici dell’autorganizzazione “all’ultimo secondo” e molte realtà calabresi (e non) presenti, su tutte SOS Rosarno, che invece hanno puntato ad una trattativa, intensa e “a muso duro”, con l’intento di togliere centinaia di persone da una condizione di visibile disumanità.

Trattativa guidata, ovviamente, dai braccianti stessi e che ha portato, dopo qualche ora, al consenso da parte delle istituzioni a tutte le richieste avanzate: un nuovo container adibito a cucina, 6 letti con materasso per ogni tenda al posto di 8 brandine, flessibilità oraria nell’entrata e uscita dalla tendopoli, nessuna selezione nel trasferimento sulla base dell’essere o meno in possesso dei documenti.

Una nuova tendopoli, visitata nel pomeriggio dagli attivisti presenti, che non è la panacea di tutti i mali ma offre per lo meno un senso di umanità diverso che non è dettato tanto dal Wi-Fi gratuito o dall’acqua calda, ma dalla consapevolezza che la dignità umana si misura anche e soprattutto attraverso l’accesso ai servizi minimi per la creazione di una comunità che avrà così gli strumenti per lottare per il reddito, i diritti e la dignità.

Nella vecchia tendopoli, purtroppo, a seguito della mancanza d’acqua potabile, luce, riscaldamento e qualsiasi tipo di servizi che per la maggior parte delle persone che poi rientrano nelle loro abitazioni possono sembrare scontati, si erano venuti a creare una serie di “potentati” che gestivano, a pagamento, l’uso dell’acqua, del cibo, della corrente elettrica e controllavano il giro della prostituzione. Anche per questo la nuova tendopoli, criticata in particolare perché recintata e videosorvegliata, potrà essere un punto di partenza per spezzare i suddetti “potentati”. E’ ovvio che ad alcuni migranti tutto ciò stia stretto, ed infatti gli unici veri momenti di tensione durante le fasi del trasferimento sono stati portati avanti da chi non è nemmeno un bracciante, ma invece è più interessato a mantenere il proprio piccolo tornaconto. E’ capibile, ma solo chi non conosce la situazione lo può considerare, strumentalmente, un alleato del momento.

Alla fine della giornata più di 200 braccianti avevano richiesto l’inserimento nella nuova realtà abitativa sbugiardando così chi, nell’ideologia di pochi slogan, e nell’irresponsabilità di mettere in pericolo persone prive di documenti, ha agito dimostrando totale ignoranza della situazione creatasi prima e durante il 18 agosto. Nonostante la distanza politica da una certa metodologia fine a se stessa, riteniamo però gravi e ingiustificabili i fogli di via comminati dalla questura a due attiviste.

Autorganizzazione bracciantile significa portare avanti un percorso lungo, tortuoso e difficile, significa progettare un cammino di consapevolezza e di nuove lotte, significa lavoro duro a fianco di chi non ha dignità, non un mero buttare allo sbaraglio persone che rischiano sulla propria pelle il protagonismo e l’incapacità di poche altre.
Sta a tutte le altre realtà calabresi (e non) monitorare la situazione da oggi e nei prossimi mesi per far corso ad un cammino che pur tortuoso resta una novità in un panorama nazionale condito da razzismo e xenofobia dilagante.

– Rassegna stampa:
I braccianti nella nuova tendopoli alla ricerca di dignità