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Il 77% dei minori che migrano attraverso il Mediterraneo è vittima di abusi

Lola Hierro, El País - 12 settembre 2017

Photo credit: Planeta Futuro

Se provi a scappare, ti sparano. Se smetti di lavorare, ti picchiano. E a fine giornata, ti rinchiudono. Siamo come schiavi”. Aimamo ha solo 16 anni, ma la sua esperienza di vita non corrisponde a quella che dovrebbe avere un ragazzo della sua età. Originario del Gambia, si è lanciato nell’avventura della migrazione attraversando parte dell’Africa e il Mediterraneo per raggiungere un’Europa apparentemente più sicura e più prospera. Oggi, in un centro per minori in Italia, racconta di come alcuni trafficanti di esseri umani lo abbiano catturato in Libia, e di come abbia dovuto lavorare per mesi contro la sua volontà. Come lui, 22.000 migranti – tra essi 11.000 bambini – hanno raccontato all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) e al Fondo ONU per l’Infanzia (Unicef) il loro viaggio spaventoso, appellativo che titola anche il rapporto contenente i risultati di tutte queste interviste, pubblicato questo martedì. Harrowing Journeys, questo il suo nome in inglese, presenta dati strazianti, come che il 77% dei minori che hanno compiuto il proprio percorso migratorio attraverso il Mediterraneo centrale ha ammesso di essere stato vittima di violenze sessuali o in ambito lavorativo.

I bambini e gli adolescenti che per entrare in Europa seguono le due principali rotte migratorie – quella del Mediterraneo centrale e quella dell’Est – vivono un viaggio pieno di pericoli nel quale spiccano gli spaventosi livelli di violenza. In quella Orientale, la maggioranza degli intervistati proviene da Afghanistan, Pakistan, Siria e Bangladesh. Chi ha percorso quella Centrale proviene da Nigeria, Gambia, Marocco, Guinea ed Etiopia. In percentuali diverse, le loro mete auspicate erano Germania, Francia e Italia.

Il traffico di minori – che sottende lavori forzati, sfruttamento sessuale, violenza, matrimonio precoce o sottrazione illecita – è una pratica che, solamente tra il 2012 e il 2014, ha causato 60.000 vittime in più di 100 paesi, sebbene si stimi che, di invisibili, ce ne siano molte di più. È una forma di abuso che logora le vittime fisicamente e psicologicamente, e compromette lo sviluppo e l’educazione del bambino.

Secondo il rapporto, dal 2016 più di 100.000 minori di 18 anni hanno intrapreso il viaggio verso l’Europa. Costituiscono una parte importante dei flussi di persone che arrivano in Europa, che affronta una crisi senza precedenti. Secondo l’IOM, solo dall’inizio di quest’anno sono arrivate nel continente quasi 134.000 persone, e circa 2.500 sono morte nel Mediterraneo. La percentuale di chi è rimasto vittima di violenze o sfruttamento si alza all’83% tra quelli che rispondono al seguente profilo: ragazzi, minori di 17 anni, che viaggiano da soli, privi di istruzione e provenienti dall’Africa Sub-sahariana.

“Il 72% delle bambine sfruttate ha subito violenze sessuali. Tra i bambini, l’86% ha subito sfruttamento lavorativo.”

I risultati dimostrano che la rotta che attraversa il Mediterraneo centrale verso l’Italia è la più pericolosa. Chi la percorre tende a fare tappa in Libia, un buco nero per questi ragazzini, che si imbattono in un’anarchia generalizzata, sono esposti alla violenza e, spesso, vengono arrestati dalle autorità statali. Tra quanti l’hanno scelta, si è riscontrato che il 77% ha subito qualche tipo di abuso o sfruttamento. Tra quelli che si sono mossi attraverso il Mediterraneo Orientale, la cifra scende al 17%. Il traffico di bambini e adolescenti si differenzia anche in funzione del genere. La maggioranza delle bambine che hanno subito qualche tipo di abuso è stata sfruttata sessualmente (il 72%). Nel caso dei bambini, l’86% di essi è stato costretto a lavorare.

Un fattore che aggiunge complicanze è il colore della pelle: i risultati dell’indagine rivelano che i ragazzi provenienti dall’Africa sub-sahariana sono trattati peggio rispetto agli altri. E accade in entrambe le rotte. Per quanto riguarda quella Centrale, il 65% dei sub-sahariani ha ammesso di aver subito violenze, a fronte del 15% dei ragazzi di altre regioni. Per quanto riguarda la rotta Orientale, l’83%. Tra le altre cause, loro credono sia per mero razzismo. “Alla gente di qui [Libia] non piacciono i neri, veniamo maltrattati”, ha affermato Michelle, congolese di 15 anni. “A loro non piacciono i neri, quando cammini per strada hai sempre paura di essere arrestato dai soldati o aggredito da bande di delinquenti”, ha detto della Libia un altro ragazzo gambiano di 17 anni.

Ma questo non accade solo nei paesi di transito, avverte il documento. La Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza ha rilevato, in Europa, un aumento del populismo di matrice nazionalista. In Germania, per esempio, nel 2016 si sono registrati più di 2.500 attacchi o aggressioni a richiedenti asilo e richiedenti protezione, contro i 199 del 2014.

Dal punto di vista educativo, accade che i ragazzi con un più alto livello di istruzione vengano sfruttati meno degli altri. Il 90% di quelli della rotta Centrale senza educazione secondaria si è scontrato con violenze, a fronte del 75% di quanti invece la avevano. “L’istruzione è uno strumento utile per spostarsi. Saper leggere, parlare una lingua straniera o conoscere i tuoi diritti può aiutarti a mediare e a cavartela meglio in un contesto pericoloso”, recita il rapporto.

“I ragazzi pagano tra i 1.000 e i 5.000 dollari (tra gli 835 e i 4.170 euro) in media per ciascun viaggio.”

I ragazzi pagano tra i 1.000 e i 5.000 dollari (tra gli 835 e i 4.170 euro) in media per ciascun viaggio. Per far fronte alla spesa, si vedono costretti a lavorare durante il cammino. Aimamo, l’adolescente gambiano, sperava di essere pagato per il suo lavoro in Libia. Non immaginava che quel lavoro, che avrebbe dovuto permettergli di proseguire il suo cammino, fosse in realtà una galera. Lo stesso è successo a Sanna, anche lui gambiano, di 17 anni. “I libici non volevano pagarci, e se discutevamo tiravano fuori le armi. Non potevamo fare nulla, eravamo schiavi”. Sono esempi emblematici della facilità con la quale i ragazzi vengono ingannati, soprattutto in Libia. Almeno il 28% di essi ha lavorato contro la propria volontà, e un altro 12% non è stato pagato.

Protezione, istruzione e migrazione sicura

Unicef rileva che questo accade perché i canali sicuri per migrare – visti per lavoro o studio, programmi di ricongiungimento familiare, reinsediamento dei rifugiati o concessione di asilo – sono estremamente circoscritti e inaccessibili. Per questo, ai giovani resta solo l’opzione di arrivare in maniera irregolare, privi di qualsiasi protezione. Per raggiungere la loro meta viaggiano rinchiusi all’interno di camion, a bordo di sgangherati barconi con i quali è facile naufragare, soffrono la privazione di acqua, cibo, istruzione e assistenza sanitaria… E corrono il rischio di cadere nelle mani dei trafficanti di esseri umani, così come delle autorità locali, delle milizie o della polizia di frontiera, che abusano di loro sessualmente o nell’ambito del lavoro.

Mentre il mondo sta ancora affrontando la realtà dello spostamento forzoso e la migrazione, le conclusioni tratte da questo rapporto evidenziano la necessità urgente di agire”, sottolineano. Tanto l’Unicef, quanto l’IOM, sollecitano le autorità statali ad adottare, su più fronti, strategie che proteggano espressamente i minori migranti. Tra esse, citano l’estensione di canali di migrazione regolari e sicuri al fine di ridurre l’ingerenza dei trafficanti di esseri umani. Suggeriscono inoltre di investire in istruzione e altri servizi essenziali per rafforzare la capacità di resilienza dei ragazzi, oltre a coordinare misure di protezione infantile e lottare contro il razzismo e la xenofobia tanto nei paesi di transito, quanto in quelli di destinazione.