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La rotta spagnola dei barconi tocca i livelli del 2008

Jesús A. Cañas, El País - 14 settembre 2017

Photo credit: Carlos Barba (EFE)

È stata una nottata dura e intensa nello Stretto di Gibilterra, come non se ne ricordavano da mesi. Protetti dall’oscurità e incoraggiati dal mare calmo, centinaia di migranti a bordo di miseri barconi si sono gettati nell’impresa di raggiungere le coste spagnole. A quella lunga notte si è aggiunta una mattinata altrettanto intensa nel Mar di Alborán. Lo scorso 17 agosto, in sole 12 ore i servizi di soccorso hanno tratto in salvo 600 persone, il maggior numero di migranti assistiti dall’inizio dell’anno. Soltanto una prova ulteriore di come lo stillicidio dei barconi sia ormai diventato talmente incessante che, in questo 2017, la cifra dei migranti tratti in salvo in Spagna ha già superato il dato del 2016: 11.043 soccorsi fino a questo settembre contro i 10.389 dello scorso anno, secondo la Cruz Roja.

Le ONG hanno ben chiaro che l’incremento non risponde né a cause fortuite, né tantomeno univoche, e indicano due motivazioni principali. Da un lato, il dislocamento dei flussi migratori dinanzi all’aumento delle restrizioni in Libia. Dall’altro, la minore vigilanza lungo le coste marocchine a causa dei conflitti e delle sommosse che attanagliano la zona del Rif. Entrambi i fattori hanno fatto sì che, durante l’estate, le coste di Cadice, Malaga e Almería siano state gremite di barconi soccorsi e condotti a riva, come rilevato dalla Cruz Roja. Fino ad oggi, giugno è stato il mese con il maggior numero di persone soccorse, 2.384, a fronte delle 671 soccorse nello stesso periodo del 2016. In luglio, la Cruz Roja ne ha assistite 1.855 (371 nello stesso mese dello scorso anno), mentre il dato di agosto ammonta a 1.506 persone (contro le 1.155 dello stesso periodo del 2016).

Alle cifre fornite dalla Cruz Roja bisognerebbe aggiungere quelle relative a quei barconi i cui occupanti sono stati rinvenuti già sulla terraferma (senza il bisogno di ricevere assistenza medica), arrivati senza essere intercettati o arrivati per vie diverse da quella marittima. Difatti, la Guardia Costiera e di Frontiera Europea (Frontex) alza a 14.000 gli arrivi dall’inizio dell’anno. Ciò significa che la cifra si è moltiplicata “di oltre 2 volte e mezza rispetto allo scorso anno”, come ha dichiarato lo scorso lunedì il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, in una conferenza stampa nella quale si è mostrato piuttosto cauto nel definire le ragioni dell’incremento dei barconi.

Il dato maturato in questi otto mesi, secondo la Cruz Roja, non solo supera quello dell’intero 2016, ma bisogna addirittura risalire al 2008 – quando furono salvate un totale di 12.690 persone – per ravvisare affluenze comparabili. Sebbene i numeri siano ben lontani dai 100.000 migranti arrivati in Italia dalla Libia nel corso di questo 2017, essi spiccano perché, dinanzi alla flessione delle altre rotte migratorie europee, quella spagnola continua a crescere. E ci si attende che il numero salga in misura considerevole per la fine dell’anno, soprattutto con gli arrivi di settembre e ottobre.

Era da più di 10 anni che i migranti non arrivavano a bordo di malconce imbarcazioni di legno.

I dati equiparabili a quelli del 2008 non sono il solo richiamo al passato che il mare offre in questi ultimi mesi. Sebbene siano l’immagine più emblematica che identifica il fenomeno migratorio spagnolo, certo è che era da più di 10 anni che i migranti non arrivavano a bordo di malconce imbarcazioni di legno, quelle comunemente note come “pateras”. “Tuttavia, quest’anno hanno ricominciato a vedersi, soprattutto con persone di origine magrebina”, come constata l’attivista Ana Rosado, dell’Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía (APDHA).

Alla ricomparsa delle pateras si unisce il ritorno di gommoni con a bordo più di 20 persone, come accadeva prima. “I piccoli canotti che iniziarono ad approdare diversi anni fa stanno continuando ad arrivare (dice riferendosi a canotti solitamente usati per lo svago, come anche le tavole da surf), ma stiamo rilevando che hanno ripreso ad arrivare imbarcazioni più grandi, e questo è insolito”, afferma la Rosado. A bordo di esse, la maggior parte degli occupanti sono uomini sub-sahariani, seguiti dai magrebini. Tra i secondi, una quota via via crescente è costituita da minorenni. E, difatti, José Carlos Cabrera, mediatore culturale del centro per minori El Cobre di Algeciras, stima che solo nella zona del Campo de Gibraltar (regione appartenente alla provincia di Cadice, estremo sud dell’Andalusia, n.d.t.) “è arrivato circa il 79% di minori in più rispetto al 2016”.

Nuove rotte e relative motivazioni

Fino ad ora, le rotte più importanti della migrazione sono state essenzialmente tre: due di esse sono quelle che vanno da Nador (Marocco) e Orán (Algeria) ad Almería e Granada attraverso il Mar de Alborán, poi c’è quella che unisce Alhucemas (Marocco) a Malaga e Tangeri (Marocco) a Cadice. Tuttavia, monitorando le pateras che risalgono la costa da Larache (sulla sponda atlantica del Marocco, n.d.t.) fino a Cadice, è stato possibile individuare un itinerario più lungo. “È una rotta nuova, che dura più di 16 ore”, afferma Estrella Galán, segretaria generale della Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR).

Moehcine Hammane, mediatore culturale nella Fondazione CEPAIM Algeciras e membro del collettivo Ideas por La Paz, non ha dubbi sul fatto che l’aumento delle rotte spagnole abbia “una spiegazione politica”. “Dal momento che attualmente la situazione in Libia è più complicata per il migrante, molte delle persone che provano ad arrivare lo fanno attraverso il Marocco”, afferma Hammane a proposito di una tendenza che crede seguirà in ascesa. “I rifugiati che prendevano quella via ora si spostano via terra fino al Marocco, per provare ad attraversare da lì”, aggiunge la Rosado, la quale precisa comunque che questo cambiamento non ha effetti diretti sulla maggior parte dei sub-sahariani che arrivano in Spagna.

Da Frontex si mostrano cauti nel definire le ragioni dell’incremento delle pateras.

Ad ogni modo, per quanto riguarda l’intensificarsi delle rotte spagnole la Galán indica una ragione su tutte: “Che sia in maniera orchestrata o meno, quel che è certo è che il Marocco sembra aver attenuato il proprio controllo marittimo”. La Galán crede che questo apparente lassismo nel controllo sia originato, a sua volta, dal massiccio trasferimento delle forze e dei corpi di sicurezza verso i conflitti in corso nel Rif. Anche la Rosado rileva il fenomeno, e indica come possibile spiegazione “il rafforzamento della sicurezza registrato alla valla di Ceuta nelle ultime settimane”. “È impossibile indicare un’unica ragione. Stiamo analizzando sul campo le possibili cause, i movimenti migratori funzionano come vasi comunicanti”, aggiunge la Rosado.

Quel che è certo è che questo incremento sta creando non pochi problemi ad alcuni degli attori impegnati nell’assistenza ai nuovi arrivati. Per gli oltre 2.000 minori assistiti quest’anno, la Junta dell’Andalusia è stata costretta ad attingere dai fondi di emergenza e a realizzare un centro di assistenza temporanea in un’area di Tarifa. Ma gli enti locali non sono i soli ad essere sotto pressione. Carmen Velayos, segretaria a Cadice del Sindacato Unitario di Polizia (SUP), lamenta che gli organi di polizia “si ritrovano letteralmente sommersi di lavoro” a causa della situazione.

Dopo esser stati soccorsi e assistiti da Salvamento Marítimo, Cruz Roja e Guardia Civil, è alla polizia che spettano le attività di documentazione, controllo del CIE di Algeciras (e del suo distaccamento di Tarifa) e rimpatrio dei migranti (nel caso dei pochi di origine marocchina). “C’è carenza di personale nei commissariati e nei CIE. Nel caso dei rimpatri violiamo il protocollo, poiché li prendiamo in custodia in gruppo, quando invece è previsto che debba esserci un funzionario per ciascun rimpatriato”. È per queste ragioni che la Velayos non nasconde la propria preoccupazione: “Abbiamo già allertato tutte le autorità competenti dell’insufficienza dei mezzi e dell’improvvisazione con la quale si sta operando”.

Ciononostante, dalla Policía Nacional hanno scongiurato di fornire una qualche risposta al Sindacato, limitandosi a puntualizzare che la situazione è del tutto sotto controllo. Anche Estrella Galán fa un appello al buon senso. Ritiene che la Spagna “non è in una situazione di allarme e che sia nelle condizioni di operare. “A seguito della crisi molti programmi di integrazione sono scomparsi o si sono ridotti al minimo, e quando i rifugiati escono dal sistema di accoglienza non ci sono programmi che possano fornire continuità al loro percorso di integrazione”, aggiunge la Galán. Dinanzi al prevedibile aumento degli arrivi nei prossimi mesi, la responsabile di CEAR non è la sola ad aver chiaro che saranno le decisioni assunte in questa fase a determinare l’arrivo dei migranti. “Anche se non sembra, il movimento è ‘top-down’. In funzione di quanto farà l’Europa, così sarà l’immigrazione”, ribadisce deciso Moehcine Hammane.