Siamo i ragazzi che si svegliano all’alba per prendere l’autobus che ci porterà a scuola, dall’altra parte della città prima dell’inizio delle lezione; siamo giovani, quasi giovani, vestiti colorati o monocromatici, siamo gli over trenta e gli ultrasessantenni, di salario e pensione minima, compriamo il pane nei market bengalesi, compriamo vestiti dai negozi dei cinesi; noi siamo famiglie, studenti lavoratori ed immigrati lavoratori, faccia a faccia, siamo mamme a cui piace accogliere in un casa dolce casa i nostri bambini; siamo uomini che lavoriamo duramente durante la giornata e per questo non ci stanchiamo di sognare un futuro migliore durante la notte; siamo amici che allunghiamo la mano al vicino e allo straniero in difficoltà perché la solidarietà non è un reato ma un agire contro le ingiustizie. Noi non siam tutti uguali, siamo alti e bassi, magri ed in carne, rosa e neri, giovani e vecchi, cittadini e stranieri, maschi, femmine e trasgender. Non siamo tutti uguali perché non siamo prodotti di mercato e riproduciamo il dissenso che non è reato ma libertà.
Alcuni ci chiamano rivoltosi e criminali quando non tolleriamo più i “partiti dell’ordine, uomini dell’ordine, l’ordine pubblico, come se la parola ordine avesse un potere taumaturgico; la conservazione degli istituti politici è affidata in gran parte a questo potere” 1.
Ci troviamo al posto giusto al momento giusto e classi, professioni, senza lavori, abitazioni, redditi, documenti e confini né ci determinano né ci qualificano. Siamo i criminali legati da un principio morale che trascende qualunque massima giuridica. Siamo un corteo libero di muoversi, di accogliere, di sostenersi vicendevolmente di fronte alle vulnerabilità di un cittadino comune di fronte allo Stato. Noi siamo quegli uomini che ancora si sentono sicuri se sono uniti in questa epoca di dispersione e non, viceversa, dispersi in un’epoca di unioni.
Siamo un flusso di idee, un movimento di attori, discorsi e desideri liberi dai feroci fascismi che, “attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto la televisione), non solo l’ha scalfita, (l’anima del popolo italiano) ma l’ha lacerata, violata buttata per sempre […]” 2
Siamo criminali, senza saperlo, ed accumuliamo ricchezza di esperienze, di linguaggi, di culture, contro emarginazione e povertà che le società capitaliste prima creano e poi disprezzano.
Non ci appartengono la paura degli altri, gli odi e i razzismi. Vogliamo che un “diritto di visita” spetti a tutti gli uomini, quello cioè di offrirsi alla socievolezza in virtù del diritto al possesso comune della superficie della terra 3 senza uomini dalla parte del torto.
Sfiliamo per un processo democratico che non provveda alla sicurezza, ai bisogni, agli affari, ai piaceri, alle eredità ed ai capitali di alcune famiglie soltanto. Chiediamo il pieno adempimento del diritto al lavoro che non si realizza solo in un articolo costituzionale, che sia il fondante, ma nella garanzia per tutti di avere accesso al mondo del lavoro – dignitoso- ; che si risolva nella reale sicurezza dei luoghi di lavoro e non in scuole i cui tetti crollano; che sia selettivo nella valutazione meritocratica ma paritario nella valutazione di sesso ed etnia senza alcuna discriminazione; che concepisca gli immigrati come lavoratori e non come lavoratori socialmente utili; che rispetti i contratti, le mansioni ed i ruoli del personale addetto; che non falsifichi più l’uomo in sottocategorie, che non lo assuma in mafie nere o lavori forzati; che non molesti e minacci i lavoratori e che che si tuteli più dagli evasori fiscali e meno dai parcheggiatori e dagli abusivi.
Una democrazia reale che non solo conclami il diritto alla cultura ma lo garantisca attraverso l’accesso per tutti e tutte all’istruzione, con l’apertura anziché la chiusura delle strutture pubbliche e che, soprattutto, si manifesti nell’universalismo dell’umanità, che si pratica nel con-vivere, nella comunione, nella comunità, nell’assunzione delle proprie responsabilità anche se di fronte ha un genocidio e il Mediterraneo.
Questo corteo criminoso invoca il diritto alla partecipazione che non si esplica solo attraverso il voto finale bensì nella libertà di parola, di pensiero, di stampa, di critica, di non essere processati per antichi vilipendi e di dissentire pubblicamente senza repressioni. Nel paese che vogliamo, la nostra vita non deve essere solo un dato per le statistiche annuali ma decoro, integrazione, innovazione, nuove cittadinanze, piazze e strade libere da circolare, dove incontri e scontri, rendono la migrazione non un reato “ma una vitale necessità di sentirsi altrove” 4.
Questo corteo pensa che invocare l’europeismo e contemporaneamente chiudere al nazionalismo fratricida è da veri criminali. “La pace non potrà mai essere raggiunta attraverso conferenze ed essere decisa da persone che non solo blaterano, ma vanno pure in guerra […] Tutte le conferenze possono essere riassunte con una sola massima: tutti gli uomini sono figli di Dio e fratelli e per questo devono amarsi e non uccidersi l’un l’altro. Scusate la mia ruvidezza, ma queste conferenze provocano in me un forte sentimento di disgusto per l’ipocrisia cosi manifesta in esse” 5
* A. Camus, L’uomo in rivolta.
** L. Tolstoj Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri