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Se le frontiere fossero aperte

The Economist, 13 luglio 2017

Photo credit: Edoardo Premoli (Idomeni, 2016)

C’è per terra una banconota da cento dollari. Un economista passa oltre. Un amico chiede all’economista: “Non hai visto quel denaro?”. L’economista risponde: “Ho pensato di aver visto qualcosa, ma devo averlo immaginato. Se ci fossero stati cento dollari per terra qualcuno li avrebbe raccolti”.

Se qualcosa sembra troppo buono per essere vero, probabilmente non è vero. Ma qualche volta lo è. Michael Clemens, un economista del Centre for Global Development, un think-tank a Washington DC, sostiene che ci sono “migliaia di miliardi di dollari sul marciapiede”. Una politica assolutamente semplice potrebbe rendere il mondo due volte più ricco di quello che è: aprite le frontiere!

I lavoratori diventano molto più produttivi quando passano da un paese povero a uno ricco. Improvvisamente raggiungono un mercato del lavoro con ampi capitali, ditte efficienti e un sistema legale prevedibile, che non presenta sorprese. Quelli che per sopravvivere erano costretti a lavorare la terra con la zappa cominciano a guidare trattori. Quelli che fabbricavano mattoni di fango a mano cominciano a lavorare con gru e scavatori meccanici. Quelli che tagliano capelli trovano clienti più ricchi che lasciano buone mance.

Il lavoro è il bene economico più di valore al mondo. Tuttavia, a causa delle norme troppo restrittive sull’immigrazione, ne va persa la maggior parte”, sostengono Bryan Caplan e Vipul Naik in A radical case for open borders. I lavoratori messicani che emigrano negli Stati Uniti hanno un’aspettativa di guadagno del 150% in più. Nigeriani non qualificati ottengono il 1.000 % in più.

Far restare i nigeriani in Nigeria è economicamente assurdo come costringere gli agricoltori a coltivare nell’Antartico”, sostengono Caplan e Naik. Ed anche i benefici non economici non sono di scarso rilievo. Un nigeriano negli Stati Uniti non può essere schiavizzato dagli islamisti di Boko Haram.

I benefici potenziali che possono derivare dalle frontiere aperte diminuiscono quelli, per così dire, del commercio completamente libero, per non dire degli aiuti stranieri. Tuttavia l’idea dell’apertura delle frontiere con i suoi indiscutibili vantaggi è trattata dappertutto come pura fantasia. Nella maggior parte dei Paesi, meno del dieci per cento della popolazione è favorevole ad essa. Nell’era di Brexit e Donald Trump non sembra un obiettivo politico considerabile. Cionondimeno, vale la pena di chiedersi cosa potrebbe succedere se le frontiere fossero veramente aperte.

Per chiarire: “aprire le frontiere” significa che la gente è libera di muoversi per trovare lavoro. Non significa “nessuna frontiera” o “abolizione dello stato nazione”. Al contrario, il motivo per cui la migrazione è così attraente è che alcuni paesi sono bene amministrati e altri malissimo.

I lavoratori nei paesi ricchi guadagnano di più di quelli nei paesi poveri. In parte perché sono meglio istruiti, ma più di tutto perché vivono in società che hanno nel tempo sviluppato istituzioni che hanno favorito prosperità e pace. E’ molto difficile trasferire le istituzioni canadesi in Cambogia, ma abbastanza facile per una famiglia cambogiana volare in Canada. La maniera più veloce per eliminare la povertà assoluta sarebbe di permettere alle persone di lasciare i luoghi dove essa persiste. Si vedrebbero allora nei paesi ricchi molti più cittadini della Liberia o del Bangladesh servire ai tavoli o sistemare merci sugli scaffali. Quella povertà diventerebbe così più visibile, è vero, ma allo stesso tempo molto meno grave.

Se le frontiere fossero aperte, quante persone ne fruirebbero? Gallup, la nota società esperta in sondaggi, ha stimato nel 2013 che 630 milioni di persone – circa il 13% della popolazione mondiale – emigrerebbero in modo permanente se potessero, ed anche di più emigrerebbero temporaneamente. Circa 138 milioni sceglierebbero gli Stati Uniti, 42 milioni la Gran Bretagna e 29 milioni l’Arabia Saudita.

I numeri di Gallup potrebbero essere sovrastimati, la gente non sempre fa quello che dice. Lasciare la propria patria richiede coraggio e resilienza. I migranti devono dire addio ai loro familiari, a tante tradizioni e usanze dell’educazione di famiglia, compresa la cucina della nonna. Molte persone non sono sempre disposte a fare questo sacrificio, perfino nella prospettiva di grandi ritorni di vantaggi materiali.

I salari sono due volte più alti in Germania che in Grecia e nelle regole europee i Greci possono passare liberamente in Germania, ma solo in 150 mila lo hanno fatto dall’inizio della crisi economica del 2010, su una popolazione di 11 milioni. Il tempo è orrendo a Francoforte e quasi nessuno parla greco. Persino disparità molto grandi combinate con frontiere aperte non conducono necessariamente ad un esodo di massa. Fin dal 1986 i cittadini della Micronesia hanno potuto vivere e lavorare senza Visa negli Stati Uniti, dove il reddito pro capite è circa venti volte più alto. Tuttavia due terzi di loro sono rimasti in Micronesia.

Nonostante queste limitazioni, è molto probabile che le frontiere aperte condurranno a grandi flussi di persone. Il divario fra paesi ricchi e paesi poveri è globalmente molto più ampio del divario fra i paesi più ricchi e quelli meno ricchi all’interno dell’Europa e la maggior parte dei paesi poveri non sono isole paradisiache del Pacifico. Molti tra i Paesi di potenziale migrazione sono violenti oltre che poveri o hanno governi oppressivi.

La migrazione è anche, nel linguaggio specialistico, “path-dependent” (dipende cioè dalla catena migratoria). Comincia con un numero esiguo: la prima persona che passa dal paese A al paese B arriva in un paese dove nessuno parla la sua lingua o sa il modo giusto per cuocere la pasta. Ma il secondo migrante – che può essere suo fratello o cugino – ha qualcuno che gli mostra la strada. Mano a mano che nel posto dove è cominciata la diaspora si diffonde la voce che il paese B è un buon posto dove vivere, sempre più gente partirà dal paese A. Quando arriveranno mille migranti, troveranno un intero vicinato di compatrioti.

Così i numeri di Gallup potrebbero anche essere troppo bassi. Oggi ci sono 1,4 miliardi di persone nei paesi ricchi e 6 miliardi in quelli meno ricchi. Non è infatti affatto inverosimile pensare che fra qualche decina d’anni un miliardo o forse più di quelle persone potrebbero emigrare se non ci fosse alcun ostacolo legale. Chiaramente, ciò trasformerebbe i paesi ricchi in modo non prevedibile.

Agli elettori dei Paesi di destinazione non importa una certa immigrazione, ma temono che frontiere veramente aperte li porterebbero ad essere “sommersi” dagli stranieri. Essi temono che ciò renderebbe peggiore la loro vita e forse minaccerebbe il sistema politico che aveva reso il loro Paese meritevole di trasferirvici come prima scelta. Essi temono che una emigrazione di massa porterebbe più criminalità e terrorismo, salari più bassi per i locali, uno sforzo impossibile per il welfare, un orribile sovraffollamento e una spaccatura culturale traumatica.

Domande aperte

Se molte persone migrassero dalla Siria lacerata dalla guerra, dal Guatemala tormentato dalla criminalità o dal caotico Congo, porterebbero con sé questi disordini?
È una paura comprensibile. E una di quelle su cui giocano i politici anti-immigrazione. Ma per sostenerla c’è ben poco oltre alle congetture ed evidenze aneddotiche. Di sicuro alcuni immigrati commettono crimini o persino sono coinvolti in atti di terrorismo. Ma in America gli stranieri che probabilmente saranno incarcerati sono solo un quinto dei nativi. In alcuni Paesi europei, come ad esempio la Svezia, i migranti hanno più probabilità di mettersi nei guai dei locali, ma questo è principalmente dovuto al fatto che essi sono in maggioranza giovani e maschi. Uno studio fatto dai ricercatori dell’Università di Warwick sui flussi della migrazione fra 145 Paesi fra il 1970 e il 2000, ha rilevato che la migrazione riduce il terrorismo piuttosto che alimentarlo, principalmente perché la migrazione favorisce la crescita economica.

L’immigrazione su larga scala peggiorerebbe le condizioni economiche dei locali?
Finora non è successo. Gli immigrati sono più portati dei nativi a portare nuove idee e ad iniziare loro attività in proprio, molte delle quali assumono lavoratori locali. Soprattutto, i migranti concorrono al prosciugamento delle finanze pubbliche con meno probabilità dei nativi, a meno che le leggi locali non rendano impossibile per loro lavorare, come è il caso dei richiedenti asilo in Gran Bretagna. Un grande afflusso di lavoratori stranieri potrebbe deprimere leggermente i salari dei locali con abilità simili. Ma la maggior parte degli immigrati hanno abilità diverse. Dottori ed ingegneri riducono la carenza di abilità. Migranti senza particolari abilità si prenderanno cura di bambini o anziani, liberando così i nativi per lavori più lucrativi.

Le frontiere aperte causeranno sovraffollamento?
Forse, in città molto attrattive come Londra. Ma la maggior parte delle città occidentali potrebbero costruire molto di più, creando più spazio per ulteriori insediamenti urbani. E migrazioni di massa renderebbero il mondo nel suo complesso meno affollato, poiché la fertilità fra i migranti diminuisce rapidamente finché arriva molto vicino alla norma del loro Paese ospitante più che a quella del loro Paese di origine.

L’immigrazione di massa cambierà la politica e la cultura dei Paesi ricchi?
Senza dubbio. Guardiamo come è cambiata l’America, principalmente in meglio, poiché la sua popolazione è aumentata vertiginosamente da 5 milioni di persone (nel 1800), per la maggior parte bianchi, a 320 milioni oggi, di cui molti di colore. Tuttavia ciò non prova che le future ondate di immigrazione saranno benigne. I nuovi arrivati da Paesi illiberali potrebbero portare abitudini non bene accette, come ad esempio la corruzione politica o l’intolleranza verso le persone gay. Se ne venissero un certo numero, potrebbero votare per un governo islamico o per uno che alzasse le tasse sui nativi per favorire i nuovi arrivati.

Occhio al premio

Ci sono certamente rischi se le frontiere fossero aperte improvvisamente e senza le giuste politiche per assorbire i flussi. Ma quasi tutti questi rischi possono essere mitigati e si potrebbero superare molte delle più comuni obiezioni con un po’ di creatività.

Se la preoccupazione è che gli immigrati potrebbero superare nelle elezioni i locali e imporre un governo non congeniale ai nativi, una soluzione potrebbe essere di non fare votare gli immigrati – per cinque anni, dieci anni o per tutta la vita. Ciò può sembrare troppo duro, ma è molto più benevolo che non farli entrare. Se la preoccupazione è che i futuri migranti potrebbero non pagare per la loro sussistenza, perché non far pagare di più i visti di entrata? O far pagare tasse extra? O restringere il loro accesso al welfare? Tali imposizioni potrebbero anche essere usate per regolare il flusso di migranti, evitando così grandi improvvise ondate.

Questo suona orribilmente discriminatorio, e lo è, ma per i migranti è meglio dello status quo nel quale essi sono esclusi dal mercato del lavoro dei Paesi ricchi a meno che non paghino decine di migliaia di dollari ai trafficanti di uomini – e persino che essi debbano lavorare clandestinamente o siano soggetti a deportazioni improvvise. Oggi, milioni di migranti lavorano nel Golfo, dove non hanno nessun diritto politico. Malgrado ciò continuano ad andare. E nessuno li costringe a farlo.

Le frontiere aperte renderebbero gli stranieri migliaia di miliardi più ricchi”, osserva Mr Caplan. Un elettore attento, anche se non gli importa del welfare degli stranieri, non dovrebbe dire: “E allora?…..”. Invece dovrebbe dire: “migliaia di miliardi di dollari di ricchezza sono sul tavolo. Come possono i miei concittadini ottenere grandi benefici da ciò?”. I governi moderni di solito usano tasse e trasferimenti di denaro per ridistribuire ricchezza dai giovani ai vecchi e dai ricchi ai poveri. Perché non usare gli stessi strumenti politici per ridistribuire dagli stranieri ai nativi? Se un mondo di libero scambio fosse 78 mila miliardi di dollari più ricco, non dovrebbero i liberali essere preparati a fare grossi compromessi politici per attuarlo?