Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La Libia è un grande carcere a cielo aperto

di Davide Salvadori, Milano in Movimento

Foto: Narciso Contreras

‘‘L’attuale tendenza di ridurre drasticamente il diritto all’asilo politico, accompagnata dal ferreo divieto d’ingresso agli “immigranti economici”, non indica affatto una nuova strategia nei riguardi del fenomeno dei profughi, ma solo l’assenza di una strategia e il desiderio di evitare una situazione in cui tale assenza possa causare imbarazzo politico”.

Non poteva essere espressa in modo migliore che con questa citazione di Bauman la ragion di stato che ha determinato l’assetto politico del governo italiano ed europeo sul fronte migratorio.
Il problema non era tanto inseguire la destra, ma sbarazzarsi di un tema scomodo che avrebbe solamente dato spazio agli avversari. Ed è con la stessa freddezza di un aguzzino sul patibolo che il governo Gentiloni e l’Europa di Juncker hanno giustiziato diritti e corpi indesiderati, con la speranza di placare con ogni mezzo una bufera mediatica che non erano in grado di saper gestire. Sarebbe lecito domandarsi quanto questa manciata di voti guadagnati esista davvero e quanto questa tattica porterà effettivamente a dei risultati positivi per il Partito Democratico. I sondaggi ci dicono che probabilmente sarà l’ennesimo flop, questa volta però, oltre che sui diritti dei lavoratori, anche sulla pelle di decine di migliaia di migranti bloccati in Libia.

Nazionalità dichiarate al momento dello sbarco - anno 2017
Nazionalità dichiarate al momento dello sbarco – anno 2017

Un po’ di chiarezza

Pochi temi come il fenomeno migratorio hanno scatenato il peggio dell’industria mediatica italiana, le bufale e le leggende metropolitane rare volte hanno determinato cosi tanto il dibattito attorno a questioni importanti. Non possiamo che quindi partire da alcune evidenze statistiche per liberarci della retorica da Talk Show e fare un po’ di chiarezza. Semplicemente per stabilire di che cosa stiamo parlando.

La portata della cosiddetta ”crisi dei rifugiati” è un fenomeno che ha perlopiù colpito il Nord Europa, e che in Italia è stato parecchio ingigantito dall’esasperazione del dibattito pubblico. Gli arrivi in Italia e in Nord Europa riguardano due flussi migratori ben distinti e di diversa entità, dove anche i paesi di partenza sono diversi. Da un lato il Medio Oriente, dall’altro l’Africa, Bangladesh e Pakistan.
La crisi migratoria non ha colpito tutti i paesi europei alla stessa maniera e nonostante l’Italia sia porto di approdo per l’arrivo di migranti, rimane tra i paesi con la più bassa proporzione di richiedenti asilo rispetto alla popolazione totale. 180.000 persone in un anno sembrano tante, ma sono un nulla se riportate nel contesto in cui si inseriscono. 180.000 persone in un anno e 2,4 richiedenti asilo per 1000 abitanti sono quanto più distante da una sostituzione etnica o da una invasione. Infine in una società in movimento come quella in cui viviamo, parliamo di una netta minoranza anche rispetto alle migrazioni totali che investono e hanno investito il nostro paese. Nonostante la ”crisi di rifugiati”, neri e islamici, la maggior parte degli immigrati in Italia continuano ad essere bianchi, cristiani ed Europei. Questo è importante da sottolineare non per sminuire quello che comunque è stato un boom di migrazioni illegali nel mediterraneo, ma per fare ordine rispetto a un tema martoriato dalla canea mediatica a cui è sottoposto.

Richieste d'asilo in Italia (1990-2016) - fonte Ministero dell'interno
Richieste d’asilo in Italia (1990-2016) – fonte Ministero dell’interno

La fine di un periodo che rimarrà nella storia

Per quanto i dati reali ci forniscano una visione meno allarmistica della situazione, il boom di migranti arrivati dal Mediterraneo e dal Medio Oriente è stato il tratto saliente del periodo che stiamo vivendo.
Dal 2015 è diventato ormai tema principale di qualsiasi dibattito politico e ha caratterizzato gran parte delle elezioni e delle campagne elettorali degli ultimi anni. Attorno alle migrazioni si è spaccata l’Europa in più parti, smascherando quanto ancora oggi ciò che pensavamo fosse confinato sui libri di storia è in grado di tornare con prepotenza a bussare alle nostre porte. Se è impossibile pensare di fermare le migrazioni, perché la complessità del fenomeno migratorio investe tutto il globo, e come detto in precedenza, quelle irregolari verso il nostro paese non sono che una minoranza, ci sbagliavamo di grosso a pensare che queste ultime ci avrebbero accompagnato per molti anni a venire, almeno in queste proporzioni.

La ragion di stato viene prima di qualsiasi norma o diritto internazionale, e ad una retorica legalitaria anti-immigrazione si è accostata ciò che di più distante c’era dal rispetto delle norme internazionali.
L’Italia per fermare i migranti ha trattato con le varie micro-fazioni del Fezzan per bloccare i flussi nel deserto, e con il governo di Tripoli per fermare le partenze dalle coste. Ha imbottito di soldi le fazioni amiche di un paese in guerra, ha fornito copertura contro il governo di Tobruk mobilitando truppe sulla Tripolitania e legittimando sempre di più la figura di Al-Sarraj (con pure qualche autogol diplomatico all’interno della sua stessa fazione), complicando così la scacchiera di quel territorio e fornendo sul piatto qualcosa che andasse anche oltre i soldi. In Libia poi la cosa più importante non sono i migranti ma il petrolio, ed è attorno a questo che gira una buona parte della lotta per il potere interno ma soprattutto dei posizionamenti delle potenze straniere come l’Italia (Tripoli) o la Francia (Tobruk). La partita sui migranti è solo una delle tante in campo sul quel territorio. 1
I dati del ministero dell’interno rispetto agli arrivi negli ultimi mesi sono una batosta per tutti coloro che negli ultimi anni si sono schierati dalla parte dei diritti. Da luglio 2017 le migrazioni dalla Libia sono state letteralmente stroncate, mostrando che fermare i migranti era possibile e che la strategia di Minniti ha portato all’obiettivo prefisso.

Arrivi in Italia - fonte Ministero dell'interno
Arrivi in Italia – fonte Ministero dell’interno

Perché gli altri paesi del Maghreb non saranno la valvola di sfogo dei migranti in Libia

A determinare il fatto che la Libia fosse il porto franco degli scafisti non era solo la guerra civile. La Libia era il luogo ideale per lo sviluppo di questa organizzazione sistematica di tratta degli esseri umani perché le potenze europee non avevano ancora messo niente sul piatto in grado di far mobilitare le fazioni locali per contrastare un business che comunque fa fruttare un sacco di soldi. Nonostante ci siano relazioni tra l’Italia e Tripoli, e nonostante l’Italia e parte dell’Europa stiano trasformando quella fetta di Libia in una sorta di protettorato, non è possibile mettere sullo stesso piano le relazioni tra un paese in cui il potere è fortemente frammentato e instabile, dominato da signorotti locali in guerra fra loro come la Libia, con paesi in cui esiste una stabilità e anni di intrecci e accordi economici, come Tunisia, Algeria e Marocco.
I migranti sono anche uno strumento per esercitare pressione verso i paesi europei, e questo è stato anche il ruolo sfruttato da parte dei libici. La Tunisia che ha stretto decine di trattati economici sia con l’Italia che con l’Europa, non potrebbe mai permettersi sgarri del genere, sulla bilancia le ripercussioni di sanzioni europee danneggerebbero gravemente la stabilità del paese. Questo vale anche per gli altri paesi del Maghreb. La ”rotta spagnola” non potrà mai essere per numeri paragonati al mercimonio libico.

Numero rifugiati presenti nei paesi dell'UE (dati Eurostat fine 2016 - tabella tratta di Lenius.it)
Numero rifugiati presenti nei paesi dell’UE (dati Eurostat fine 2016 – tabella tratta di Lenius.it)

Una doccia gelata

I numeri parlano chiaro, i flussi migratori sono stati in parte arginati, e come conseguenza la Libia è stata trasformata in una grande galera a cielo aperto.
Veri e propri lager, esecuzioni sommarie, schiavitù e la riduzione in carne da macello delle donne migranti è quello che vive la Libia oggi.
Il deserto per i migranti è un ostacolo troppo grande per ”tornare indietro”, il mare ormai una frontiera invalicabile, decine di migliaia di persone sono quindi bloccate in un Paese segnato da 7 anni di guerra civile e in cui lo schiavismo è diventato parte integrante della propria economia.
La ”crisi dei rifugiati”, locuzione odiosa coniata dai media anglosassoni, sembra essere giunta al termine. Il trattato tra Turchia e UE ha stroncato gli arrivi dal Medio Oriente, Minniti quelli dall’Africa Subsahariana. Fino a che reggeranno gli accordi tra Italia e Tripoli e fino a che reggerà questo stato di presunta stabilità tra la Cirenaica e la Tripolitania, tra Haftar e Al’Sarraj, difficilmente potrà esserci un cambio di rotta.

Questo non significa che andremo verso a una dimensione di ”sbarchi zero”, ma che il controllo delle frontiere esterne alla fortezza Europa è stato, almeno temporaneamente, ripristinato. Gli addetti ai lavori sono tutti consapevoli delle reali condizioni in cui verte la Tripolitania e il Fezzan, specie chi sta al ministero degli interni, è impensabile però che nel Paese che va nel caos per lo Ius Soli si possano fare passi indietro su questo fronte. Solo una nuova instabilità politica dell’ex colonia Italiana o lo sbocciare di un nuovo conflitto civile nel Maghreb potrà cambiare le carte in tavola, e non di certo in senso positivo.
Questa situazione si presenta come una sconfitta sonora, chiara e inequivocabile. Nonostante negli ultimi anni sia nato il movimento contro le frontiere più grande di sempre, la controparte, il razzismo, il ripristino del controllo delle frontiere, la retorica legalitaria e l’ideologia del decoro sono stati i veri protagonisti dell’agenda politica degli ultimi anni in Europa, tanto da far risultare delle straordinarie eccezioni manifestazioni di solidarietà come quella di Barcellona o Milano.

Milano 20 maggio - Nessuna persona è illegale
Milano 20 maggio – Nessuna persona è illegale

Ancora più triste è l’ennesima conferma di quanto tutte quelle forze politiche pseudo-liberali, che si riempono la bocca di parole come libertà, diritti e democrazia, si trasformino in fretta in aguzzini dal pugno di ferro, con pochi peli sullo stomaco se si tratta di tranquillizzare il proprio elettorato. Insomma, una grande battaglia l’abbiamo persa, ed è inutile far finta che non sia così, ma la guerra è ancora tutta da combattere, rimane un fronte più che mai aperto quello delle centinaia di migliaia di irregolari che vivono in Italia e non si conclude qui la lotta per la libertà di movimento.

La ”crisi dei rifugiati” e il riemergere di retoriche reazionarie hanno costretto tutte le forze politiche in campo a parteggiare, con l’inasprimento del dibattito si è giunti a un definitivo momento della resa dei conti, in cui pur esistendo mille sfaccettature di come interpretare questo fenomeno, chi fa politica era costretto a schierarsi.
Da un lato i muri, l’ordine, la sicurezza, dall’altra la libertà di movimento.

Questo dramma ha dei responsabili, e in Italia il responsabile principale non può che essere il Partito Democratico, che al posto di ribaltare il discorso xenofobo della Lega ha preferito fare tabula rasa dei pochi valori di sinistra che ancora gli rimanevano. Al seguito, ugualmente responsabili se non peggio, tutti i cortigiani, i giornalisti, e sciacalli, che pur provenendo da ambienti di sinistra, non hanno esitato a sostenere la linea di governo, a sputare bile sulle ONG e a portare acqua al mulino del razzismo.
In questo Repubblica e Corsera si sono distinti, specie quest’estate. Mentre le ONG venivano sequestrate dalla guardia costiera libica e la gente moriva in mare, sui nostri quotidiani Galli Della Loggia teorizzava ”l’estremismo umanitario”, e Goffredo Buccini il ”colonialismo solidale”. Il tutto con pomposi complimenti all’operato di Marco Minniti
.
Infine, non meno responsabile di altri, ci stanno tutti coloro che a sinistra di fronte a questa situazione, con il piattino in mano, hanno scelto la via del cerchiobottismo, una buona fetta di terzo settore, la sinistra arancione, e tutti coloro che magari hanno timidamente criticato il PD, ma poi quando c’era da sporcarsi le mani sono stati ben attenti a non prendere posizione. Qua non si trattava tanto di essere o meno ”quelli più a sinistra”, ma di prendere posizione di fronte a una atrocità che ci si porterà dietro come eredità storica dei giorni che stiamo vivendo.
E’ inutile far finta che questo non scombussoli gli equilibri in campo fin’ora: qualsiasi movimento che lotti per la libertà di movimento deve far conto con questo dato di realtà e con la doccia gelata che si porta appresso la scarrellata di statistiche sulle migrazioni del ministero degli interno. Nel bene, ma soprattutto nel male, una nuova fase è incominciata, e solo imparando dal passato potremo elaborare qualcosa di efficace verso il futuro.

A Roma il 16 dicembre ci sarà la prima grande risposta a tutto ciò che abbiamo dovuto subire negli ultimi mesi, facciamogliela pagare!

Link:
Manifestazione del 16 dicembre lanciata da CISPM

Fonti:
Dati Ministrero degli Esteri
Cruscotto statistico Ministrero degli Interni
Rifugiati e migranti, 7 grafici per capire come stanno le cose in Italia

  1. Si veda l’intervista a Nancy Porsia http://www.meltingpot.org/L-Europa-Minniti-le-rotte-migratorie-e-i-patti-col-diavolo.html (nota di Melting Pot)