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2017 – un anno difficile per i migranti ai confini dell’Europa

Comunicato stampa dell’Info Park in occasione della Giornata Internazionale dei Migranti

Belgrado, 18 dicembre – Mentre si avvicina un’altra Giornata Internazionale dei Migranti, essi costituiscono ancora una delle categorie più vulnerabili al mondo, anche in Serbia. Nonostante gli ammirevoli sforzi di molteplici organizzazioni e istituzioni statali per migliorarne le condizioni, a causa delle gravi pressioni esercitate da più parti, e soprattutto dalle istituzioni europee, i migranti sono tutt’altro che una priorità quando si parla di assistenza a profughi e rifugiati nel mondo.

Come loro stessi denunciano, a parte la chiusura dei confini, il problema principale attualmente è la sicurezza personale. “Mi hanno aggredito quattro volte, e ogni volta c’è qualcosa di diverso. Una volta sono stato interrotto mentre ero al telefono, un’altra volta mi hanno visto acquistare qualcosa e mi hanno costretto a vuotare le tasche, l’ultima volta mi hanno aggredito perché difendevo un ragazzo appena arrivato e loro si erano piazzati nella mia stanza del campo. Ogni volta sono sfuggito a un coltello – ed è esattamente per questo che ho lasciato il mio Paese: la violenza”, dice un migrante afgano che frequenta quotidianamente l’Info Park. La sua è solo una delle tante testimonianze che riceviamo quotidianamente, e che ci parlano di una situazione difficile e soprattutto poco sicura.

Un anno duro

Per i migranti in Serbia, questo è stato uno degli anni più difficili dall’inizio della crisi, per diverse ragioni. All’inizio dell’anno al centro di Belgrado, in un campo improvvisato le cui foto sono arrivate ai media mondiali, vivevano più di 2.400 migranti, per la maggior parte provenienti da Afganistan e Pakistan. Ad un certo punto si è arrivati ad un numero pari a un terzo della popolazione totale serba – un terzo che viveva al di fuori del sistema. Il Paese ha offerto una soluzione: un letto e un pasto caldo in 18 centri con sufficiente capacità di accoglienza, così il numero di migranti che passavano la notte all’addiaccio si è drasticamente ridotto.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la permanenza nel campo è vissuta dai migranti come una sosta forzata per la loro sopravvivenza. Vi si recano a malincuore, soprattutto nei centri lontani dai confini occidentali e settentrionali. Sopravvivere a scafisti e gang violente è anche più devastante. Non c’è ancora una vera soluzione: i migranti non possono opporsi, perché si trovano in un circolo vizioso in base al quale quegli stessi scafisti saranno la loro possibilità per continuare a spostarsi in Europa.

Il numero e la gravità degli incidenti è in aumento; fortunatamente, per ora non hanno toccato la popolazione locale, ma data la diffusa convinzione che tale violenza sia una questione circoscritta alla comunità dei migranti, è difficile aspettarsi che nel 2018 la situazione non peggiori.

Oltre all’introduzione della maggior parte dei migranti nel sistema legale, è proprio la grave crescita della violenza nelle comunità dei campi ad aver contraddistinto l’anno del migrante 2017.

Gli Iraniani stanno arrivando

Negli scorsi mesi, il primo posto nel numero di arrivi per provenienza era rappresentato dal Pakistan. Tuttavia, stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno: crescenti arrivi di cittadini Iraniani che, dopo l’abolizione dei visti risalente allo scorso agosto, arrivano in Serbia quotidianamente con voli regolari, in veste di turisti, e con l’intenzione di continuare sulle rotte illegali per l’Europa. Alcuni di loro rientrano nel regime di asilo, altri restano come “turisti”, e ognuno di loro è qui con l’obiettivo di raggiungere i Paesi dell’UE il prima possibile.

Ciò crea ulteriore pressione sul lavoro delle organizzazioni sul territorio e diminuisce la capacità di prima accoglienza della popolazione migrante più a rischio, che attualmente si basa sulla sinergia tra le istituzioni statali, come il Commissariato per i Rifugiati e i Migranti della Repubblica Serba (KIRS), e organizzazioni come Praxis, InfoPark o Miksaliste. È grazie a questa efficiente collaborazione che gran parte dei migranti prima o poi arriva ai campi.

Tra tre giorni inizia l’inverno. Al momento, in Serbia, nonostante gli enormi sforzi di Stato e operatori della società civile, centinaia di persone stanno dormendo all’aperto, in edifici abbandonati e ruderi che sembrano discariche o luoghi selvaggi, piuttosto che in condizioni umane decenti. La ragione di tutto ciò è nella diffidenza. Paragonata alla situazione dello scorso inverno nei suoi punti più critici (Belgrado, Sid), potremmo pensare che il miglioramento è enorme perché i numeri di rifugiati che vivono in tale situazione sono notevolmente inferiori, ma ribadiamo: anche un solo uomo che viva in Serbia in condizioni disumane è troppo.

In questa Giornata Internazionale dei Migranti, Info Park lancia un appello a tutti coloro che lavorano agli aiuti umanitari, e soprattutto a quelle organizzazioni che hanno lo scopo preciso di assistere i migranti, per migliorare la risposta a questa situazione. Finché anche l’ultimo dei migranti non riceva l’aiuto e l’assistenza che merita come essere umano.