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DATI | Così sono cambiate, negli ultimi mesi, le rotte migratorie verso l’Europa

I. Gutiérrez/Y. Jara, Desalambre - 28 novembre 2017

Photo credit: Johannes Moths / Sea Watch

Quando il corpo del piccolo Ahmed (nome fittizio) è arrivato in ospedale, lo scorso sabato, hanno potuto solo certificare la sua morte. Quel bimbo di 10 anni era fuggito dall’Afghanistan e cercava di raggiungere la costa di Lesvos, assieme ad altri 66 rifugiati, a bordo di un gommone gonfiabile. I suoi genitori spiegano che Ahmed è morto schiacciato quando gli occupanti del gommone hanno iniziato a salire sulla nave di soccorso di Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere.

Quel giorno nel mar Egeo vennero soccorse 160 persone. Da agosto, nelle isole greche si è registrata un’impennata negli arrivi giornalieri. In quel mese il Mediterraneo orientale è stato la principale porta d’accesso all’Europa. Lo stesso è accaduto in settembre. Nel mentre, stando a quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Onu per i Rifugiati (UNHCR), il numero di persone che dalla Libia sono arrivate in Italia ha registrato un calo.

Dall’estate, l’Agenzia ha riscontrato dei cambiamenti nello “schema di movimento” dei rifugiati e dei migranti che, secondo le conclusioni dell’Agenzia dell’ONU, intraprendono tragitti “sempre più diversificati per raggiungere il continente europeo. Durante questo stesso periodo si è riattivata la rotta del Mar Nero, attraverso la quale sono arrivate in Romania oltre 400 persone. Sono aumentati anche gli arrivi a Cipro e le imbarcazioni provenienti da Tunisia e Algeria.

La maggioranza, tra le persone arrivate in questi tre mesi, proviene da Siria, Marocco e Nigeria, mentre la nazionalità guineana pare confermarsi come una costante dall’inizio del 2017. Dall’inizio dell’anno almeno 15.200 minori sono arrivati alle frontiere europee senza essere accompagnati da un adulto.

Nonostante la riduzione degli arrivi attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, migliaia di persone continuano ad intraprendere viaggi disperati verso l’Europa”, avverte l’UNHCR, che stima che, nel 2017, almeno 2.992 migranti e rifugiati siano morti nel loro tentativo di arrivare in Europa. Tuttavia, aggiungono, la cifra reale “potrebbe essere ben più alta”.


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Si riattiva la rotta verso la Grecia

Stando a quanto riportato nel documento, solo in settembre sono sbarcate sulle isole greche circa 4.900 persone – soprattutto famiglie siriane, irachene ed afghane. Si tratta del numero più alto registrato in un solo mese dal marzo del 2016, quando venne chiusa la rotta dei Balcani e l’Unione Europea firmò l’accordo con la Turchia che ridusse drasticamente gli arrivi nel paese ellenico.

Da allora, oltre 15.000 rifugiati sono ammassati in “condizioni precarie in campi che hanno una capienza di appena 5.300 posti, come denunciano una ventina di ONG che hanno chiesto al Governo greco che acceleri i trasferimenti alla penisola in vista dell’arrivo dell’inverno. Ciononostante, in Grecia gli arrivi via mare dello scorso settembre sono inferiori a quelli registrati nei mesi di settembre 2014 e 2015, quando innescarono la cosiddetta “crisi dei rifugiati”. Ad inizio novembre, secondo i dati del Governo greco, gli arrivi giornalieri sarebbero aumentati di circa il 200%.

In estate la Grecia ha anche registrato un aumento degli arrivi dalla sua frontiera terrestre con la Turchia, dove – si ricorda nel documento – l’accordo con la UE “non trova applicazione”. Secondo l’UNHCR, tra gennaio e settembre sono entrati nel paese per questa via 3.500 rifugiati e migranti, 1.100 in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Le autorità turche hanno intercettato altri 20.700 migranti che hanno provato a fare lo stesso, 13.200 in più dello scorso anno.

A tal proposito, l’Agenzia denuncia che hanno continuato a verificarsi respingimenti sommari da parte delle autorità greche verso il paese vicino. “Devono essere sottoposte ad indagine e rimosse”, si segnala. Si sono registrate espulsioni anche alla frontiera della Bulgaria dove, mentre si stanziano centinaia di migliaia di euro per la costruzione del nuovo tratto della barriera con la Turchia, gli arrivi sono calati di circa l’84% rispetto all’anno precedente. Infine, hanno continuato ad essere attive le rotte nei Balcani, con una ripresa degli arrivi in Serbia registrata in luglio.

Riprendono gli attraversamenti verso Cipro e si riapre la rotta del Mar Nero

Dall’altro lato, sempre più persone arrivano a Cipro, una rotta che tra gennaio e settembre dello scorso anno avevano intrapreso soltanto 113 persone. Nello stesso periodo di quest’anno, secondo l’UNHCR, sono sbarcati sull’isola circa 860 rifugiati e migranti, “quasi tutti siriani con molti familiari già nel paese”.

Questa estate si è riattivata anche la pericolosa rotta del Mar Nero che, segnala l’Agenzia, non registrava arrivi dal febbraio del 2015. Tra agosto e settembre sono partiti dalla Turchia, diretti in Romania, cinque gommoni con a bordo 476 iracheni e iraniani. Altre 900 persone hanno provato a fare lo stesso ma sono state intercettate dalla Guardia Costiera turca. Il 22 settembre sono morte in un naufragio 38 persone, la “maggior perdita di vite umane” registrata in questa rotta dal novembre del 2014, riferisce l’UNHCR.

Inoltre, un maggior numero di persone è partito via mare dalla Turchia per raggiungere l’Italia. Fino a settembre hanno utilizzato questa rotta 3.250 migranti e rifugiati, il 44% in più rispetto allo stesso periodo del 2016.

In Italia si riduce il numero degli arrivi

Quella che per mesi è stata la principale porta d’accesso all’Europa – la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia all’Italia – ha registrato tra luglio e settembre il minor numero di arrivi in quattro anni, 21.700 persone. Mentre nell’agosto del 2016 hanno attraversato questa pericolosa via circa 21.300 migranti e rifugiati, in questo agosto lo hanno fatto in appena 4.000 circa.

Tuttavia, è aumentato il numero di imbarcazioni dirette in Italia da Tunisia, Turchia ed Algeria. In settembre le partenze dalla Tunisia hanno rappresentato il 32% degli arrivi registrati in Italia, con oltre 1.000 persone.

Si tratta quasi esclusivamente di cittadini tunisini, fatto che indica che questo aumento non è stato il risultato di un cambiamento nei punti di partenza in Libia dovuto alle maggiori difficoltà incontrate per partire da lì”, segnala l’Agenzia.

Queste “maggiori difficoltà” fanno riferimento all’aumento della vigilanza di frontiera pattuito tra le autorità italiane e libiche, ai gruppi armati che durante l’estate hanno cercato di impedire che partissero imbarcazioni dal paese vicino e allo spiegamento di navi militari da parte dell’Italia. Inoltre, ci sono voci che fanno riferimento a presunti accordi del Governo italiano con le milizie del paese nordafricano per spiegare perché i flussi siano vertiginosamente crollati.

È acclarato che la politica UE di controllo delle frontiere e l’incremento delle azioni di intercettazione e recupero da parte della guardia costiera libica abbiano ridotto il numero delle partenze”, spiega in una conversazione con eldiario.es la portavoce di UNHCR Spagna, María Jesús Vega, ricordando le violenze alle quali sono sottoposti i migranti e i rifugiati bloccati nel paese vicino.

Ciononostante, la portavoce dell’UNHCR ritiene che per il momento non è possibile stabilire una correlazione tra il calo delle partenze dalla Libia e l’aumento nelle altre rotte, non c’è uno spostamento simile. Quel che sì, è certo – sottolinea -, è che “quando si chiude una rotta, se non ci sono altre opzioni, la gente cerca altre alternative, e i trafficanti saranno lì per rendere la cosa più semplice”. “Sappiamo che andrà così”, ammonisce.

Nonostante il calo, la rotta del Mediterraneo centrale continua ad essere quella più utilizzata e la più letale: secondo l’UNHCR, ogni 42 persone che provano ad attraversarla, una perde la vita, un dato simile a quello relativo al 2016. “Parliamo, ogni anno, di migliaia di morti. Non esistono soluzioni rapide a problemi tanto complessi. Siamo stanchi di ripetere il mantra: i Governi devono predisporre vie legali e sicure di accesso”, sostiene la Vega.

Aumentano gli arrivi in Spagna

Da luglio a settembre la Spagna ha registrato un incremento degli arrivi, sia via terra che via mare. Quest’estate hanno attraversato la frontiera circa 7.700 migranti e rifugiati, a fronte dei 4.000 dello scorso anno. Provengono soprattutto da Costa d’Avorio, Guinea e Marocco. La maggioranza di quanti sono entrati in Spagna via terra – attraverso Melilla – sono siriani: circa 1.500 persone.

All’aumentare degli arrivi salgono anche le morti: a fine settembre erano 122 le persone morte nel tentativo di attraversare lo Stretto, 74 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tra esse, le sette donne morte il 31 agosto nel tentativo di raggiungere Melilla, si ricorda nel documento.

A seguito degli ultimi arrivi registrati nella regione di Murcia (Comunità Autonoma nel sud-est della Spagna, n.d.t.) il Governo ha parlato di “ondata allarmante o “attacco coordinato”. Secondo la rappresentante in Spagna dell’UNHCR, Francesca Friz-Prguda, questo aumento degli ingressi irregolari “non deve costituire un’emergenza” perchè, aggiunge, “un paese grande quanto la Spagna può perfettamente gestire 25.000 richieste di asilo come 20.000 o più arrivi di flussi misti alle sue coste”.


– L’articolo analizza i contenuti dell’ultimo report diffuso dall’UNHCR relativo al periodo gennaio-giugno 2017, Desperate Journeys – July to September 2017, scaricabile integralmente qui: (pdf).