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Perché l’obbedienza non è una virtù. A Macerata la marcia dei 30mila

Testo e fotografie di Vanna D'Ambrosio

Photo credit: Vanna D’Ambrosio, Macerata - 10 febbraio 2018
Photo credit: Vanna D’Ambrosio, Macerata - 10 febbraio 2018
Photo credit: Vanna D’Ambrosio, Macerata – 10 febbraio 2018



A Macerata, al corteo di solidarietà per le vittime del razzismo, hanno partecipato oltre 30.000 persone.
La passeggiata, intensa, stretta, davvero tra le mura della cittadina e sentita oltre queste stessa mura, risuonava di insubordinati, come intonavano a stoni. Erano tante persone, grandi e piccoli da Roma, Napoli, Bologna, Milano dappertutto, contro il dominio della società sull’individuo; di tutti i colori, bianchi-neri e meticci e di tutti i sessi; abitanti delle città, delle periferie, degli incroci, un modo di esistenza qualitativamente nuovo non sottomessa al perfezionamento delle strategia di guerra e non educati alla difesa di questa società che perpetua il pericolo, ‘per dire no al razzismo, alla speculazione sulla miseria degli immigrati ed alla falsa accoglienza che sta rovinando questo Paese 1‘.

30 mila persone ed oltre, 30.000 sorrisi; 30.000 strade, che ad una voce si sono opposte all’astrazione delle istituzioni vigenti, ai dinieghi imposti, ‘agli uomini che provano a vietare la solidarietà2, alle propagande ed alla strumentalizzazioni partitiche. Si sono riuniti a Macerata, ai giardini Diaz, e di lì, lungo il corteo si dicevano ‘insubordinati‘, un lungo Noi contro un Loro, un Noi reale di italiani ed immigrati – gli opposti uniti – contro un Loro, ‘l’ultimo stadio della realizzazione di un progetto storico specifico […], un mero oggetto di dominio3.

Trentamila persone è la tendenza reale, la trasformazione della popolazione, un mutamento sociale che non interviene nei programmi politici, per cui, – hanno dimostrato -, i modi di esistenza imposti non corrispondono al loro bisogno autentico.

A Macerata, da tutta l’Europa, c’era un universo di discorso e di azione non plasmato dalla cultura materiale, dalla politica e dall’economia imperiale e di Stato.

‘Noi non vogliamo vivere in una costante minaccia di guerra’, ripetevano.
‘Noi vogliamo una pacifica esistenza’, ripetevano i genitori.
‘Noi vogliamo la nostra dignità’, urlavano le donne.
‘Noi vogliamo un’altra vita’, richiedevano gli immigrati.
‘Noi vogliamo diritti comuni e non parziali’, gridavano gli uomini.
‘Noi vogliamo una casa, un affitto equiparato al nostro stipendio’, sostenevano le lotte per la casa.
‘Noi vogliamo stare uniti, desideravano i gruppi LGBT.
‘Noi vogliamo la pace’ urlavano gli insubordinati.

Trentamila insubordinati al mondo capitalista, ‘al successo più caratteristico della società industriale avanzata; insubordinate all’accettazione generale dello scopo nazionale, alle misure politiche avallate da tutti i partiti, il declino del pluralismo, la connivenza del mondo degli affari e dei sindacati entro lo stato forte4; trentamila vite diverse nelle aspirazioni individuali ma uguali in quelle collettive, allineate contro l’interesse dominante e contro ‘i falsi bisogni che perpetuano la fatica, l’aggressività, la miseria e l’ingiustizia […] che hanno un contenuto e una funzione sociale determinati da potenze esterne5.

Questo popolo senza bandiere si è insubordinato al potere repressivo dell’insieme, all’assorbimento nell’apparato produttivo e di sfruttamento, alla manipolazione e all’indottrinamento di Stato al razzismo, all’estensione delle pratiche fasciste ed all’isolamento alla paura, alla solitudine ed all’individualismo 6‘ che esse creano.

Una folla di uomini e donne marciava a Macerata, una coscienza autentica, un’umanità alienata dall’interesse immediato dello Stato e per questo vicina a Jennifer, Mahamadou, Wilson, Festus, Gideon e Omar 7, organizzata per la pace e in marcia verso migliori alternative storiche.

Antifascisti ed antirazziste riportano su un nuovo piano la lotta dell’uomo con l’uomo, ri-presentando ‘nuove condizioni nelle quali i bisogni, i desideri e le aspirazioni in concorrenza non siano più organizzati da interessi costituiti per il dominio e la scarsità – un tipo di organizzazione che perpetua le forme distruttive di questa lotta8.

  1. Testimonianze dal corteo
  2. Testimonianze dal corteo
  3. H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, p. 46.
  4. Ibidem, p. 43
  5. Ibidem, p. 49
  6. Testimonianze dal corteo
  7. Vittime del razzismo. Macerata, 02.02.2018.
  8. H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, p. 55.

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.