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Due storie, un destino. Dove va l’Italia?

di Gassid Mohammed, docente all'Università di Bologna e di Macerata

Photo credit: Vanna D'Ambrosio (Manifestazione a Macerata - 10 febbraio 2018)

L’Italia, in questo momento storico, è davanti a un bivio. Il fatto è che non si è svegliata un giorno per trovarvisi, ma stava camminando verso quel bivio da lunghi anni. L’Italia ha percorso due linee storiche, con il grave fatto che di cui non si è resa conto, o non ha fatto abbastanza per cambiare, per trovarsi ora su questa soglia. La prima linea, più antica, è il passato fascista, diventato oggi l’estremismo di destra. L’altra, abbastanza recente, è la migrazione. Queste due linee storiche sembrano separate, in realtà non lo sono. Solo che ora si incrociano, più che mai, su questa soglia storica, per decidere il destino della futura Italia. Di certo, come vediamo più avanti, non è la migrazione a incidere su quel destino, bensì, è l’estremismo di destra e la sua politica che gioca sul tema della migrazione. Ma che tipo di gioco stanno facendo? E qual è il risultato?

Credo, anche, che non saranno queste elezioni (4 marzo 2018) a rivelare il destino del paese, anzi, forse saranno soltanto il punto di partenza. Dopo i fatti di Macerata (non i primi del loro genere, e nemmeno gli ultimi, anche se lo vogliamo) la trasformazione dell’aspetto dell’Italia è arrivato a un punto cruciale; sia a livello politico sia a livello sociale. Il rapporto interdipendente tra politica e società sta subendo notevoli trasformazioni. Il malcontento della popolazione, le loro paure e le loro preoccupazioni, vengono indirizzati, dai politici di destra e dai mass media, verso un “capro espiatorio” che al momento è il migrante. Il risultato è che, a livello politico, rispetto agli scorsi anni, si nota una chiara accettazione e diffusione dei partiti e dei movimenti di estrema destra.

Prima linea storica: il passato fascista, l’attuale estrema destra

Il 28 aprile 1945 si esegue la condanna a morte di Benito Mussolini, si conclude il biennio della Repubblica Sociale Italiana, e con essa la storia del fascismo. O almeno doveva essere così. Ma così non è stato.
Tra il 1945 e il 1946, gli ex esponenti fascisti vivono un anno di difficoltà, tra prigionia e vita clandestina, fuggiti e nascosti dal potere della nuova Italia. Il 22 giugno 1946 entra in vigore l’amnistia Togliatti, allora ministro della Giustizia, che fu contestata e rifiutata da molti. L’amnistia Fu stilata dallo stesso Togliatti, senza alcun confronto con gli specialisti, e causò delle gravi conseguenze di cui, tutt’oggi, l’Italia soffre. Diede libertà a migliaia di fascisti, e restituì la vita normale ai fuggitivi, sofferenti e pieni di rancore verso le nuove istituzioni democratiche, e nostalgici al vecchio regime. Le persone che beneficiarono di più di quella amnistia furono i gerarchi di più alto grado, perché disponevano di capacità economiche che gli permettevano di assumere i migliori avvocati, e corrompere le istituzioni giudiziarie. Dopo quella amnistia ci furono altre ancora, e la polvere del passato fascista italiano fu nascosto sotto il tappeto. Tra gli esponenti amnistiati ci furono Arturo Michelini, Giorgio Almirante, Pino Romualdi e altri.

Arturo Michelini, ex esponente del partito fascista, pur non facendo parte della Repubblica di Salò, fu pronto ad accogliere i reduci di quell’esperienza. Il 26 dicembre 1946, nel suo studio nel cuore di Roma, Michelini, insieme ai reduci di Salò, fondarono il Movimento Sociale Italiano (MSI). È facilissimo capire, dunque, che la RSI si trasformò in MSI. I fascisti, dunque, sono rientrati a pieno nella vita politica e sociale, senza nessun ostacolo, al punto di poter deridere la Repubblica Italiana, cantando il ritornello: “Il 25 aprile è nata una puttana, il suo nome era repubblica italiana”.

Nonostante la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, e nonostante la legge Scelba, del 1952, per l’attuazione della XII disposizione, il MSI non è stato ne disciolto ne messo sotto inchiesta. Soltanto nel 1972 la procura di Milano richiama alla XII disposizione, e mette sotto inchiesta Giorgio Almirante. L’anno dopo la camera vota a favore, ma poi il processo viene abbandonato, per il riflusso di elettori, o non si sa perché. Il MSI continuò la sua strada, indisturbato.

Queste sono le radici di una vasta categoria della classe politica dirigente che, oggi, ha in mano il destino del Belpaese. E, in effetti, se seguiamo le tracce di questa linea storica, partendo dal Ventennio, arriviamo, senza interruzione della linea storica, a diversi partiti e movimenti che oggi hanno una forte presenza sul territorio. Non solo, ma capiamo chiaramente che le istituzioni statali italiane non hanno agito in modo da limitare il pensiero estremista, e, a partire della costituzione del MSI (come un primo nucleo di destra estremista fascista) si è potuto, oggi, fondare movimenti estremi, come Casa Pound. E si giunti ad atti violenti di dichiarata appartenenza fascista, come quell’ultimo di Traini.

Alcuni movimenti e gruppi estremisti diramati dal MSI:

percorriamo velocemente, senza entrare nei dettagli, la diramazione di questi partiti e movimenti, fino a giungere a quelli esistenti tuttora.

Centro Studi Ordine Nuovo: Fondato da Pino Rauti, ex esponente di MSI, nel 1956, a seguito di discordie all’interno del movimento. Ha avuto una sede a Roma, e, successivamente, in diverse città italiane. Il loro motto era il motto delle SS del partito Nazista.

Movimento Politico Ordine nuovo: Con il ritorno di Rauti, nel 69, nelle file di MSI, alcuni esponenti di Centro Studi Ordine Nuovo rifiutarono questa mossa. Così fondarono il Movimento Ordine nuovo, nel 1969. Il simbolo è un’ascia bipenne, lo slogan, invece, era: “I missini si arrendono, i fascisti no”. Gli esponenti del movimento furono accusati di voler ricostituire il partito Fascista. Prima di disciogliersi, i suoi membri erano già pronti alla lotta, che poi effettuò attacchi sanguinari duranti gli anni di Piombo.

Avanguardia Nazionale: fondata da Stefano Delle Chiaie. Delle Chiaie (classe 1936) esce dal MSI nel 1956, a 20 anni, per rientrare a far parte di Centro Studi Ordine nuovo. Successivamente, nel 1960 (proprio il 25 aprile) fonda Avanguardia Nazionale.

Fronte Nazionale: fondato dal principe Junio Valerio Borghese, dopo aver abbandonato le file del MSI, nel 1968.

Nucleo Armai Rivoluzionari (NAR): fondato nel 1977 a Roma. È un’organizzazione terroristica, che compie molti attentati terroristici, la più atroce è la Strage di Bologna (2 agosto 1982).

Fronte Nazionale Rivoluzionario: Fondato da Mario Tuti, che si era iscritto prima al MSI, per poi avvicinarsi alla destra extraparlamentare.

Movimento Fascismo e Liberta – Partito Sociale Nazionale: fondato nel 1991 da Giorgio Pisanò, un senatore del MSI. Il partito ha affrontato numerosi processi, con l’accusa di ricostituzione del partito Fascista, ma le accuse sono state sempre archiviate.

Forza Nuova: fondata da Roberto Fiore e Massimo Morsello. Nel 1975, a 16 anni, Morsello aderisce a MSI, per poi aderire a gruppi terroristici. Fiore, invece, è uno dei fondatori di Terza Posizione, movimento estremista e terroristico.

Nel 1995 si sciolse il Movimento Sociale Italiano, formando l’Alleanza Nazionale e Movimento Sociale – Fiamma Tricolore. l’Alleanza Nazionale si alleò con Forza Italia, di Berlusconi, nel 2009, per formare Il Popolo della Libertà.

Da sotto il manto de Il Popolo della Libertà nasce Fratelli d’Italia (Ignazio La Russa, uno dei fondatori, è un ex membro di MSI).

Casa Pound: ideato da Gabriele Adinolfi, in gioventù frequentò il MSI, per poi appartenere a vari gruppi estremisti, tra cui Avanguardia Nazionale. Casa Pound nasce come associazione, che occupa uno stabile e costituisce un centro sociale di ispirazione fascista. Fa alleanza con Movimento sociale – Fiamma Tricolore. (fondato da Pino Rauti).

Oltre a questi partiti e movimenti si aggiunge la Lega Nord, partito politico nato nel 1989. Nonostante le sue ispirazioni autonomistiche (che vedeva nella separazione dal Sud la salvezza del Nord), oggigiorno è diventato un partito diffuso su tutto il territorio italiano, e aspira al potere nazionale, e non regionale. I suoi sostenitori sono cresciuti di numero, rispetto ai suoi primi anni, in modo notevolissimo.

Ebbene, ho sempre sentito dire che “L’Italia non ha fatto i conti con il suo passato”, come la Germania, ad esempio. Personalmente credo che questo ragionamento non regge. Con quale passato l’Italia dovrebbe fare i conti? Da questa breve storia riassunta nelle pagine sopra, vediamo, con chiarezza, che l’Italia non è uscita dal proprio passato. Credo che l’Italia dovrebbe fare i conti con il proprio presente, e mettere fine a una linea storica, e creare un passato veramente passato, con cui poter fare i conti.

Seconda linea storica: l’immigrazione

La storia della migrazione in Italia è molto breve: verso la fine degli anno ottanta gli italiani si sono resi conto della presenza degli stranieri. La prima accoglienza che hanno avuto i migranti è stata dai caporalati, nei campi di raccolta di pomodori. Con l’aumento dei migranti, spesso in cerca di lavoro, sono stati coniati parole nuovo, stereotipi e pregiudizi. Da parte dei mass media, soprattutto, c’è stato, e c’è tuttora, un lavoro sistematico per denigrare gli stranieri e presentarli, tramite singoli casi di cronaca, come ladri, stupratori e criminali. (Su questo bisogna soffermarsi con un altro articolo). Ed è stato grave il fallimenti delle istituzione governative ad affrontare questa realtà, un fallimento che dura dalle origini della migrazione e tuttora. Lungo questa breve storia c’è stata poca predisposizione per accettare, veramente, questa piccola fetta di popolazione che cominciava a far parte della realtà italiana. Vero è che la storia della migrazione in Italia è molto breve, ma il problema sta nel rifiuto di questa storia: mi pare che l’Italia consideri questa realtà come una realtà momentanea, una specie di nuvola che passa da un momento all’altro. La si tratta come una ferita che si vuol sanare velocemente, e andare avanti. Ma questa realtà non è un problema, e nemmeno una ferita, è una realtà universale, storica e umana. La migrazione è una processo umano, è stata sempre così, e lo rimarrà per sempre. Cambiano i paesi di partenza, quelli d’arrivo, sono corsi e ricorsi della storia umana.

Eppure, il sentimento di avversità nei confronti degli immigrati è sempre più diffuso. Sono stati considerati sempre come intrusi, parassiti ecc. C’è stato, da sempre, un distacco dalla popolazione nei confronti dei migranti, e oggi questo distacco raggiunge dei livelli spaventosi: 60% sono diffidenti nei confronti degli stranieri, 7% sono dichiaratamente maldisposti, il 15% indifferenti, e solo il 17% sono animati di sentimenti positivi. Il 70% non li vuole come vicini di casa. Questi sono i dati dell’anno scorso, e credo che il sentimento di ostilità è in aumento. Tutto questo, credo, perché lungo la breve storia della migrazione in Italia c’è stata sempre una demolizione all’immagine dello straniero. Ci sono state le informazioni diffuse, sempre ostili, e gli stereotipi e i pregiudizi che trovano sempre accoglienza negli animi. Si nota che c’è più accoglienza allo stereotipo e al pregiudizio, che all’essere umano. Una delle informazioni errate e diffusa, e che rende più grave la crisi economica, è la bufala che gli stranieri rubano il lavoro, che il malessere dell’Italia è causato dai migranti. Ci sono molti pregiudizi, ma basta un clic per capire il vero del falso. Comunque andiamo a vedere alcune statistiche che ci fanno capire un po’ di realtà.

Statistiche

L’Italia è un paese di migranti per eccellenza. E non parliamo solo di un passato, molto prossimo da essere dimenticato, ma del presente. L’emigrazione degli italiani, tuttora, è la più alta tra i paesi comunitari. Secondo le statistiche gli emigrati italiani sono aumentati moltissimo, dopo la crisi del 2008, fino a raggiungere, negli ultimi anni, circa 250 mila emigrato l’anno, quasi quanti gli emigrati nell’immediato dopoguerra. Questo dato è stato segnalato l’anno scorso, 2017, dall’Ocse (L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Ma c’è di più: l’Italia, al momento, è l’ottavo paese nel mondo di emigranti che lasciano il proprio paese: Cina, Siria, Romania, Polonia, India, Vietnam, Afghanistan, Italia e dopo viene il Messico. La maggior parte degli emigrati sono giovani che vanno alla ricerca di vita migliore. La formazione di questi giovani costa al governo una fortuna, mentre i loro frutti vanno altrove. Invece il numero di migranti in arrivo in Italia sono molto di meno, rispetto agli emigrati: 180 mila nel 2016, 120 mila nel 2017. Molti migranti lavorano, pagano le tasse e contribuiscono alla crescita del paese. Sembra che voglia dimostrare che i giovani italiani che migrano sono dei figli ingrati, mentre gli stranieri sono dei bravi figli adottati. Non è così, sono semplicemente dei dati, ed è, come dicevo, la normale storia umana: la libertà di scegliere una terra in cui costruire una vita.

Una cosa importante da sapere è che il motivo principale che rende l’Italia un paese di approdo è praticamente un motivo geografico: il mare è l’unica strada, quasi impossibile da controllare, per giungere in Europa. La maggior parte dei migranti che arrivano in Italia non vogliono restarci, ma continuare il cammino.

Tuttavia, secondo le statistiche, gli stranieri in Italia sono 5.047.028, ovvero l’8,3% della popolazione. Un milione e mezzo di loro sono cittadini dell’Unione Europea (difficile dire stranieri). I cosiddetti extracomunitari sono circa 3,5, ovvero il 5,8% della popolazione. Dai 5 milioni di stranieri in Italia, la forza lavoro sono circa 2,7. E producono 123 miliardi di Pil, ovvero il 9% della ricchezza italiana. Secondo una statistica, i contributi dei migranti pagano circa 700mila pensionati italiani. Senza i contributi dei lavoratori migranti, all’Italia mancherebbero 7 miliardi di euro per coprire la finanziaria. Anzi, secondo alcune statistiche, all’Europa occorrono 250 milioni di migranti entro il 2060, per salvare la pensione degli europei. E non crede ci sia necessità di dire che gli stranieri, in Italia, svolgono spesso lavori che gli italiani non svolgerebbero.

Ma diamo un’occhiata alle percentuali della popolazione straniera, in alcuni paesi, per capire meglio le cose. In un paese come la Svizzera ci sono più del 29% di stranieri rispetto alla popolazione autoctona. Nel Regno Unito ci sono più del 15%, in Norvegia più del 18%, in Germania più del 12%. La percentuale degli stranieri in Italia, dunque, non ha nulla di straordinario.

Conclusione

Credo che la politica italiana, e anche la società, stiano passando una profonda crisi, soprattutto con la larga diffusione dei partiti nazionalisti di destra o estrema destra. Il cavallo di battaglia di questi partiti è la questione della migrazione: il malcontento della popolazione viene giustificato, con la presunta “invasione” dei migranti, e le presunte gravi conseguenze che causano al paese. Ma come abbiamo visto dai dati questo ragionamento non ha fondamenta. Tali partiti, però, non dialogano con la mente, bensì, con i sentimenti. Così la rabbia e l’odio viene indirizzato verso qualcuno. Partiti che adottano la politica del populismo e del demagogismo, si approfittano di singoli eventi per incendiare i sentimenti della popolazione. In questo momento storico si incrociano le due storie: la storia della destra estremista e quella della migrazione. Non importa ai politici chi sarà la vittima, purché riescano a procurarsi il consenso di qualcuno. È un gioco sporco, che causa fatti violenti e molto gravi. La prima vittima di questo passaggio storico è l’ultimo: il migrante o lo straniero.

Ma, come dicevo, l’Italia, attualmente, sta passando una crisi sia interna, che riguarda una trasformazione sociale italiana, in cui gli stranieri o i migranti, o qualunque nome gli si voglia dare, non hanno niente a che fare. C’è una forte rinascita della estrema destra italiana, davanti a una sinistra che è sempre nei pasticci. E se, oggigiorno, il bersaglio è lo straniero, chi lo sarà domani, quando un Salvini o un De Stefano arriva al governo?

Nel 2009 Salvini cantava in coro “Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani” e nel 2013 “sono bellissimi paesaggi al Sud, il problema è la gente che ci abita”. Ma sembra che, ormai, abbia smesso di insultare il meridione. È chiaro che la sua ispirazione al potere ha preso una dimensione nazionale, non più regionale. Dunque bisogna trovare un nemico a cui puntare il dito. I Rom, tra i primi: “Do un preavviso di sfratto di sei mesi e preannuncio la ruspa“.

Poi i migranti: “Quando saremo al governo polizia e carabinieri avranno mano libera per ripulire le città. La nostra sarà una pulizia etnica controllata e finanziata, la stessa che stanno subendo gli italiani, oppressi dai clandestini“. Ma domani chi sarà?

Il 18 gennaio Salvini, in un tweet, scrive: Poco più di una bimba, in pieno centro a Venezia. Ora è caccia a un gruppo di nordafricani. Spero che li prendano, li darei in mano ai genitori… BASTA!

Simone De Stefano (candidato CasaPound) dichiara: Vogliamo un paese a immigrati zero.

Gianluca Iannone (Fondatore CasaPound) dichiara: CasaPound è fascista, contro immigrati e Islam.

E la lista può essere molti più lunga. Ma la cosa che terrorizza di più è il silenzio delle istituzioni, che non muovono un dito per agire contro queste dichiarazioni anticostituzionali e chiaramente fasciste.

Qual è il futuro che riservano questi soggetti, e i loro seguaci, all’Italia? Oggi il nemico è lo straniero, il migrante, l’altro o il diverso, in qualche modo.

Domani chi sarà l’altro e il diverso?