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Opinioni

E’ ora normale in America che il governo spii gli immigrati. Cosa c’è da aspettarsi ancora?

Azadeh Shahshahani*, The Guardian - 12 febbraio 2018

Photo credit: Cultura RM Exclusive/yellowdog/Getty Images/Cultura Exclusive

Le attività online di coloro che hanno fatto richiesta per un visto, dei possessori di visto e di green card vengono ora costantemente monitorate. Inoltre, molti immigrati musulmani sunniti potrebbero venir sorvegliati a lungo termine in un futuro prossimo.

All’inizio della scorsa settimana, si è scoperta l’esistenza di una bozza di una relazione del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti D’America (DHS) che auspica sorveglianza a lungo termine degli immigrati musulmani sunniti.

Alcuni atti interni ottenuti lo scorso anno da FBI e DHS hanno mostrato come queste agenzie stiano sorvegliando costantemente anche il Movement for Black Lives (Movimento per le vite nere), riportando alla mente le tattiche del Cointelpro (Counter Intelligence Programme), un programma dell’FBI attraverso il quale, segretamente e illegalmente, venivano sorvegliati i movimenti per i diritti civili per privare gli americani della possibilità di associarsi politicamente.
Ma queste non sono le uniche modalità di controllo che questa amministrazione utilizza.

Il 18 ottobre, il DHS ha approvato una nuova regola per tracciare le attività online di tutti coloro che richiedono un visto lavorativo e dei possessori di visto o green card. La regola verrà applicata anche ai cittadini americani naturalizzati.

La nuova regola consentirà di tracciare e immagazzinare informazioni sui profili dei social media e altri dati molto sensibili, che andranno a far parte dei fascicoli personali di ogni immigrato. Questa politica permetterebbe alla DHS di registrare i soprannomi e gli pseudonimi dei profili social degli immigrati, nonché i risultati delle ricerche effettuate su motori di ricerca pubblici e privati e su database commerciali. Questo tipo di sorveglianza di massa avrà un fortissimo impatto sulla dignità e l’imparzialità estese agli immigrati americani, molto di più che sugli altri americani.

Da cittadino naturalizzato senza peli sulla lingua, che più volte ha preso posizione pubblicamente sulle politiche del governo, trovo questa norma terribilmente problematica. Mi sembra che sia stata creata con il preciso scopo di diminuire la nostra libertà di espressione, totalmente in linea con altre agghiaccianti tattiche usate dall’amministrazione Trump per attaccare la stampa e reprimere i contestatori che non si adeguano alle politiche del governo.

Dunque devo forse ora censurarmi ogni volta che voglio pubblicare qualcosa sui social, con la piena consapevolezza che il Grande Fratello mi sta osservando?

Questa norma viola espressamente la nostra costituzione: nello specifico è in conflitto con il primo emendamento, e di conseguenza condiziona i nostri diritti di espressione e associazione. Ciò significa che, in quanto immigrati, siamo obbligati a pensarci due volte prima di pubblicare liberamente le nostre considerazioni politiche sui social, soprattutto se sono contro le politiche del governo. In un paese che attribuisce così tanto valore alla democrazia, come possiamo permettere l’esistenza di programmi come questo?

Questa regola inoltre viola anche la “clausola di uguale protezione” del quinto emendamento, in quanto prende di mira nello specifico i cittadini naturalizzati, non i nativi né quelli con un genitore che è cittadino americano. In questo paese non esistono cittadini di serie A e di serie B. I cittadini naturalizzati possono avere tutti i diritti e i privilegi della cittadinanza, a parte la possibilità di diventare presidente degli Stati Uniti. Questa norma tratta i cittadini naturalizzati come una potenziale minaccia, ed ha chiaramente lo scopo di obbligarci a limitare la nostra attività ed espressione politica.

Questa non è la prima volta che gli immigrati, le comunità afroamericane e gli americani di fede musulmana sono stati sottoposti a spionaggio da parte del governo. La sorveglianza delle nostre comunità va avanti da moltissimo tempo, ripercuotendosi su di noi più che sugli altri americani.

Dopo l’11 settembre, la gran parte delle operazioni di sorveglianza si è focalizzata sulle comunità musulmane. Il Patriot Act ha reso più facile ottenere informazioni personali senza alcun tipo di limitazione. Gli agenti dell’FBI possono facilmente ottenere informazioni personali, come ad esempio tabulati telefonici, cronologie internet e dati bancari, grazie alle lettere di sicurezza nazionale (National Security Letters, NSLs), le quali sono simili a mandati di comparizione.

Le NSLs non richiedono approvazione da parte di un giudice, quindi non c’è nessun particolare controllo su come l’FBI raccoglie ed utilizza queste informazioni. Dal 2003 al 2005 l’FBI ha emanato ben 143.074 lettere, di cui solo 53 sono state trasmesse ai procuratori per attività criminali. Il Patriot Act permette anche di perquisire, senza alcun permesso e all’insaputa del proprietario o occupante, uffici o case.

Queste tattiche intensive di sorveglianza hanno un impatto diretto sulle nostre comunità. Molte organizzazioni che si occupano di giustizia sociale hanno espresso la preoccupazione che il governo potrebbe utilizzare il Patriot Act per investigare sui loro membri, e hanno dichiarato che questo ha fortemente inibito la loro libertà religiosa e di espressione.

Nel 2008, le linee guida generali del Segretario alla giustizia hanno anche autorizzato le “valutazioni sulla gestione del territorio”, che consentono all’FBI di mappare le varie comunità negli USA a seconda della razza e dell’etnia, attraverso l’utilizzo di stereotipi grossolani per ipotizzare eventuali crimini che potrebbero commettere.

Questa sorveglianza sotto copertura, che ora è culminata in un’operazione di esplicito spionaggio sugli immigrati, è una tattica per controllare e frammentare il dissenso. È pensata per vigilare sulle azioni politiche degli immigrati, e per non farci sentire veri membri della società americana. Il messaggio che questa regola manda agli immigrati negli Stati Uniti, e in particolare ai cittadini naturalizzati, è che noi non siamo autorizzati ad esercitare pienamente i diritti del primo emendamento al pari dei cittadini nativi. Il governo ci osserverà attentamente e se deciderà che abbiamo oltrepassato il limite in qualche modo, troverà il modo di incastrarci.

Per molti di noi, questo ci ricorda da vicino quello che subivamo nei paesi da dove siamo emigrati: sorveglianza sistematica, punizioni in caso di discorsi politici, autocensura. Quando siamo arrivati negli Stati Uniti pensavamo di esserci lasciati alle spalle queste tattiche di repressione.

In risposta a questo vergognosa azione di spionaggio e alle regole atte a frenare la nostra libertà di espressione, noi, immigrati, non dovremo auto censurarci o trattenerci dall’esprimere le nostre opinioni politiche. Se noi facessimo questo, difatti, la daremmo vinta a questo governo così impegnato a violare i nostri diritti, conferendo un duro colpo al primo emendamento e agli altri strumenti di protezione presenti nella costituzione.