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Protocollo di Venezia su ricorsi dei richiedenti asilo. Per il Garante «grave rischio violazione diritti»

«Violazione della riservatezza dei dati sensibili, violazione del diritto alla difesa, possibile grave discriminazione».
Queste le criticità che il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale individua nel Protocollo tra il Tribunale e l’Ordine degli avvocati di Venezia sulla gestione delle udienze di discussione dei ricorsi in materia di richiesta di asilo.

Sollecitato dal Ministero della Giustizia, il Garante nazionale ha esaminato il testo del Protocollo siglato a Venezia il 6 marzo scorso sulla gestione dei ricorsi avanti alla “Sezione Specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea”.

Il Garante esprime estrema perplessità sul tenore complessivo del documento e ritiene alcuni aspetti non accettabili per la loro possibile interpretazione discriminatoria.

In particolare, appare al Garante in violazione dei diritti fondamentali della persona la clausola prevista al numero 7 del documento: l’obbligo del difensore di comunicare al giudice le eventuali malattie infettive del suo assistito e di richiedere a quest’ultimo la produzione di un certificato che attesti l’assenza di pericolo di contagio. Colpiscono negativamente l’impostazione culturale che tale disposto esprime e la lesione della tutela dei dati sensibili garantita dalla legge, del diritto alla riservatezza, del rispetto della dignità della persona.

Il Garante ritiene inoltre che questa disposizione vìoli il rapporto di fiducia intrinseco all’esercizio del diritto di difesa e si ponga in insanabile contrasto con i doveri di riservatezza e di segretezza riguardo a tutte le informazioni ricevute nello svolgimento del mandato difensivo, che il codice deontologico impone agli avvocati.

Infine, la norma di fatto genera una ingiustificabile disparità di trattamento dei migranti che compaiono di fronte alla sezione specializzata del Tribunale di Venezia rispetto a tutti gli altri utenti della giustizia, con il rischio di connotati discriminatori: non risulta infatti che analoghe precauzioni siano disposte in tutti i procedimenti giudiziari e nei confronti di tutte le persone che vi partecipano.

«Il tenore complessivo rimanda l’idea di una certa svalutazione della materia trattata nella sezione specializzata, a dispetto, invece, della sua delicatezza e della stretta attinenza ai diritti umani: la scansione di tempistiche contenute e predefinite per la discussione dei ricorsi, la possibilità di ulteriori contrazioni in caso di ritardo superiore ai dieci minuti rispetto all’orario di convocazione (a prescindere da ogni giustificazione e come regola specifica per questo target di destinatari), la necessaria traduzione in italiano dei documenti della parte (inosservante delle prevedibili difficoltà economiche e di tempo dello straniero che li produce), l’esclusione dell’intervento del difensore nella conduzione dell’audizione del ricorrente, delineano uno scenario burocratico poco consono al tema oggetto di decisione e disegnato attorno a situazioni ritenute di scarsa rilevanza».

Al link il testo completo del parere inviato al Ministero della Giustizia