Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

4a Carovana per i Diritti dei Migranti per la Dignità e la Giustizia. Il report dalla Tunisia

La lotta dei famigliari, il cimitero degli sconosciuti e il museo del mare

Zarzis (Tunisia) - Il cimitero degli sconosciuti

Tunisi, 28 aprile 2018

Il viaggio inizia con la visita nella sede dell’Associazione La Terre pour Tous che da anni, insieme ai famigliari, chiede con insistenza al nostro Governo che si faccia luce sui giovani sbarcati sulle nostre coste, durante e dopo la Rivoluzione dei Gelsomini, e poi spariti.
Dopo questo incontro la partenza per Bizerte dove ci aspettano le famiglie degli scomparsi del 2011 ma anche del 2017.

Incontro a Bizerte con le famiglie dei dispersi del 2011 e 2017
Incontro a Bizerte con le famiglie dei dispersi del 2011 e 2017

Da Tunisi a Bir el Hafey, 29 aprile 2018

L’incontro con le famiglie dei dispersi di Bir El Hayef. Sono nove i ragazzi morti e due i dispersi. 54 in tutto il paese. L’8 ottobre 2017 una nave militare tunisina sperona una barca di Migranti appena partiti da Sfax. I militari raccontano tra la rabbia dei parenti che è la piccola barca di migranti ad aver investito l’unità militare. Ora i parenti vogliono la verità e pretendono che i colpevoli vengano giudicati da un Tribunale ordinario e non da quello militare.

Da Bir el Hafey a Zarzis, 30 aprile 2018

Siamo arrivati a Bir El Hafey dove ci aspettava un pranzo da Samira, la sorella di uno dei ragazzi di cui è stato ritrovato il corpo dopo lo speronamento dell’8 ottobre 2017. Successivamente siamo andati ad una riunione con i famigliari delle vittime di questa tragedia. Nove dei cinquanta corpi rinvenuti appartenevano a giovani di Bir El Hafey, e di Bir El Hafey sono anche due dei quattro ragazzi scomparsi.

Dai rappresentati del comitato per le vittime dell’8 ottobre, organizzatori della riunione, è emersa una chiara presa di coscienza politica e una comune visione rispetto alla necessità di lottare per migliorare le condizioni lavorative pressoché inesistenti e per la libertà di circolazione per tutti.
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Zarzis, 1° maggio 2018

Oggi siamo a Zarzis. Questa città si trova a 80 km da Tunisi ed è l’ultimo porto tunisino prima della Libia. Qui abbiamo incontrato diversi famigliari di migranti scomparsi a seguito di partenze e/o naufragi e da tutti è emersa la forte necessità di ottenere risposte e verità su quanto successo ai propri parenti dispersi. All’incontro erano presenti anche alcuni dei pescatori che salvano i migranti naufraghi soprattutto subsahariani, che partono dalle coste libiche.
I pescatori, il cui agire umano e solidale ricorda in molti aspetti l’operato spontaneo e quotidiano di Delia a Ventimiglia e de Las Patronas messicane hanno sottolineato come il semplice comportarsi in modo umano comporti una riduzione del 75% della produttività del loro lavoro, trasformatosi tristemente dalla pesca dei pesci alla “pesca” di vite umane, 9.000 tratte in salvo da aprile 2016 ad oggi. A seguito degli accordi presi tra l’Europa e Gheddafi, loro non possono più pescare in alcune acque che sono diventate libiche, perdendo dunque la rendita della pesca in quelle zone.
Interessante è stato ascoltare e condividere con i pescatori la critica alle politiche che limitano, chiudendo le frontiere, la libertà di circolazione e a quelle che, creando disparità geografiche e socioeconomiche di partenza, favoriscono la fuoriuscita da paesi come la Tunisia di manodopera giovane e qualificata.
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Abbiamo poi ascoltato la testimonianza di Chamseddine Marzoug, l’uomo che ha dato sepoltura ai corpi senza nome partiti vivi dalla Libia e trascinati cadaveri dalla corrente marina sollevata dal vento fino alle coste tunisine. 
Il “cimitero“, visitato nel pomeriggio, ci ha visti, attoniti e sconvolti, piantare un fiore sui cumuli di terra che ricoprivano 450 corpi disposti su due piani di terreno. Solo una delle tombe ha nome, quello di una giovane ragazza nigeriana deceduta sulla barca dei soccorsi.
Infine ha parlato Mohsen Lihidheb, poeta e “libero pensatore”, come ama definirsi, che ha creato il “Museo della memoria del mare“. Dal 1996 raccoglie qualsiasi cosa portata dal mare e rinvenuta sulla spiaggia. Nel corso del tempo gli oggetti raccolti sono diventati storie di vita e di morte, tracce dell’estenuante viaggio dei migranti per mare e per terra, briciole di pane lasciate da un Pollicino che non ha mai trovato la strada futura né di ritorno.
Centomila scarpe, che per il loro uso diventano simbolo di un lungo camminare, di un viaggio di speranza e morte; ragionamento analogo a quello che ha fatto il collettivo Huellas de la Memoria in Messico con le scarpe dei parenti dei migranti centroamericani. Mohsen pulisce ogni oggetto e lo conserva bene, ha raccolto anche giocattoli e vestiti di bambini, bottiglie, sigarette, qualsiasi cosa che possa raccontare una vita. I bambini lo aiutano portando oggetti che trovano sulla costa. Lui sostiene che le migrazioni, specie quelle ambientali, sono eventi strutturali e non emergenziali quindi continueranno ad esistere e l’unica soluzione sarebbe quella di aprire le frontiere e consentire la libertà di movimento. 

Zarzis - Il
Zarzis – Il

Djebeniana, 2 maggio 2018

Dopo alcune ore di viaggio la carovana arriva a Djebeniana, comune in provincia di Sfax dove ci aspetta un ingente numero di famigliari dei migranti, alcuni partiti il 14 marzo 2011 e dei quali non si è più saputo nulla, altri scomparsi nel naufragio del 6 settembre 2012. L’ incontro, emotivamente molto intenso, ci ha dato modo di aggiornare le famiglie su quanto fatto finora da Federica Sossi e da Carovane Migranti per ottenere risposte e verità dal governo italiano e da quello tunisino. Sono state inoltre formulate e condivise nuove proposte operative, soprattutto riguardo al modo di ottenere finalmente la riesumazione e l’identificazione dei sei corpi rinvenuti a Lampedusa e Linosa a seguito del naufragio di settembre 2012. A mettere a disposizione la propria sede per ospitare noi e l’incontro con le famiglie, sono state le donne dell’Association feminine pour la protection de la famille che si occupano abitualmente di tutela sociale e in particolar modo dei diritti delle donne.

Djebeniana incontro con i familiari degli scomparsi
Djebeniana incontro con i familiari degli scomparsi

3 maggio 2018

Oggi la carovana si è divisa. Un gruppo è andato direttamente a Tunisi per incontrare alcune famiglie algerine impegnate nella ricerca degli harraga scomparsi in Tunisia, l’altro gruppo si è mosso tra Sfax e l’isola Kerkennah per visitare i luoghi vecchi e nuovi di partenza di molti migranti tunisini.
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4 maggio 2018

La giornata è cominciata con una delegazione della carovana che è stata ricevuta dal Sottosegretario per le politiche migratorie del Ministero degli affari sociali. Sono state avanzate istanze di collaborazione e impegno tra Italia e Tunisia volte a ottenere informazioni sulla situazione dei migranti dispersi fino ad oggi al fine di offrire risposte concrete alle famiglie. Abbiamo purtroppo rilevato che la Commissione d’inchiesta tunisina sulla questione degli scomparsi, formatosi nel 2011 è stata sciolta e l’attuale Sottosegretario non ha mai ricevuto i risultati del lavoro da questa svolto.

Nel pomeriggio abbiamo incontrato presso la sede dell’associazione Terre pour tous i famigliari tunisini e algerini, comprese tre madri di ragazzi scomparsi l’8 ottobre del 2008, per fare il punto sulla situazione a seguito dell’incontro istituzionale della mattina e presentare loro i testimoni messicani al fine di scambiarsi strategie politiche di ricerca, unire le lotte e elaborare una programmazione futura a livello non solo locale ma anche nazionale e internazionale.
Come negli incontri delle giornate precedenti, le madri sono state invitate da Marta Sanchez Soler all’edizione messicana di novembre 2018 del Forum mondiale sulla migrazione.
Emozionante e sorprendente è stato vedere che nella sede dell’associazione Imed e le famiglie hanno allestito un museo della memoria del Mediterraneo con le foto e il calco delle suole delle scarpe dei famigliari ove riportare i dati della persona scomparsa e un messaggio diretto al proprio caro. L’idea del museo è nata dall’incontro avvenuto l’anno scorso tra Imed e Guadalupe, in occasione dell’allestimento in Italia di Huellas de la Memoria, progetto a cui partecipa Guadalupe e che consiste proprio nel portare in giro le scarpe e i calchi delle suole dei famigliari che cercano in tutto il centro e il sud America i parenti scomparsi forzatamente.

Per noi di Carovane questo rappresenta il segno tangibile dell’importanza di gettare ponti tra realtà di lotta e resistenza geograficamente distanti ma profondamente vicine nelle esperienze e negli obiettivi.
Infine si è tenuto un incontro con attivisti indipendenti e di varie associazioni, Carovane Migranti e alcune famiglie presso la sede del Forum tunisino per i diritti economici e sociali. Presenti, oltre a un membro del dipartimento, Watch the med e Alarm Phone, Welcome to Europe, Medici del Mondo.
Condivise alcune delle proposte già emerse nei precedenti incontri con i famigliari: la creazione di un registro di raccolta dati dei desaparecidos, creato e diffuso dalle e tra le famiglie, la continuazione del progetto Missing Migrants, il portare avanti manifestazioni e richieste all’Ambasciata contemporaneamente in Italia e Tunisia e possibilmente anche in altri paesi di Africa e America latina.
Forte l’esigenza delle madri di affrontare il tema della libertà di circolazione oltre che di scoprire le verità sui figli scomparsi, per evitare nuove dolorose e rischiose partenze e potenziali dolorose perdite.

Marta Peradotto, Carovane Migranti

Attivista di CarovaneMigranti, vive a Torino e insegna in una scuola primaria. Ha partecipato alla carovana #Overthefortress a Idomeni a marzo 2016 e ha visitato vari campi profughi governativi e spontanei ad Atene, Salonicco e sulle isole greche (Lesvos). In Italia ha avuto modo di conoscere e partecipare da indipendente ai presidi di Ventimiglia e Como.

CarovaneMigranti

Carovane Migranti ha come principale obbiettivo la creazione di ponti in un’epoca di politiche che mirano, attraverso l’innalzamento di muri, a difendere i confini e non le vite umane.
Un tratto distintivo della nostra esperienza è il legame con il Movimiento Migrante Mesoamericano che organizza la Caravana de Madres centroamericanas de migrantes desaparecidos.
Vuol essere un ponte con quella esperienza decennale, cercando di favorire pratiche di interlocuzione e scambio tra realtà di lotta e resistenza delle due sponde del Mediterraneo e dell’America Centrale.