Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Valutazione del giudizio di pericolosità sociale: l’amministrazione ha il dovere di riesaminare la richiesta alla luce dei nuovi esiti giudiziali

Consiglio di Stato Sez. III n. 2371 del 20 aprile 2018

La fattispecie oggetto del presente esame attiene al procedimento incardinato dinanzi al Consiglio di Stato Sez. III per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio n. 225/2017, con cui era stato rigettato il ricorso avverso il provvedimento della Prefettura di Frosinone, che aveva rifiutato la dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare e l’istanza di sanatoria, presentata ai sensi dell’art. 5 del D.lgs n. 109/2012.

In punto di fatto

La ricorrente premetteva di aver ricevuto parere negativo della Questura relativamente all’istanza di emersione, in quanto a seguito di accertamenti risultava che l’istante era stata denunciata per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.c. .
Di aver raggiunto un accordo in ordine all’applicazione della pena, in virtù del quale il G.i.p. emetteva sentenza di patteggiamento ad un anno e quattro mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Di aver patteggiato una pena per il reato di cui all’art. 416 c.p., dal quale invece successivamente, in sede di giudizio abbreviato, i coimputati del medesimo procedimento erano stati assolti con formula piena, perché il fatto non sussiste.
Di aver ricevuto, in ogni caso, il rigetto della dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare da parte della Prefettura di Roma, in quanto la gravità dei reati contestati sarebbe da ritenersi ostativa al rilascio del permesso di soggiorno.
Avverso il provvedimento di rigetto, la ricorrente proponeva ricorso al TAR eccependo, sotto diversi profili, l’eccesso di potere in cui era incorso l’Ufficio.
Tale vizio si concretizzava nel difetto di motivazione e nella conseguente insussistenza dei presupposti del diniego, tenuto conto che la condanna atteneva al reato di cui all’art. 416 c.p., che non rientra tra quelli ostativi, previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p. .
Osservava la ricorrente che, in ogni caso, la valutazione della Prefettura relativamente alla gravità dei reati contestati, contrastava con la vicenda processuale in cui la stessa era stata coinvolta, in quanto con la citata sentenza di patteggiamento emessa a suo carico era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, che esclude sostanzialmente una prognosi di pericolosità sociale.

Alla valutazione già positiva operata dall’Autorità Procedente, si aggiungeva l’ulteriore Sentenza di assoluzione nei confronti dei coimputati della ricorrente, in quanto in sede di giudizio abbreviato era stata ritenuta insussistente la contestata associazione a delinquere.
Il T.A.R. del Lazio respingeva, preliminarmente, la domanda di tutela cautelare e fissava udienza per la trattazione del merito del ricorso.
Con Sentenza n. 225/2017, il T.A.R. Lazio, Sezione Prima, Sezione distaccata di Latina, respingeva il ricorso avverso il Decreto con cui era stato disposto il rigetto della dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare e dell’istanza di sanatoria, presentata ai sensi dell’art. 5 D.lgs. n. 109/2012, giudicando corretta la valutazione negativa già effettuata dalla Prefettura, in ordine al carattere ostativo della condanna penale pronunciata a carico della ricorrente.

In punto di diritto

Con ricorso al Consiglio di Stato, la ricorrente eccepiva che nelle motivazioni elaborate dal Collegio, fatte proprie dal provvedimento, non era ravvisabile alcun procedimento valutativo-discrezionale relativamente alla posizione personale della ricorrente ed alla rinnovata posizione processuale che la medesima aveva assunto a seguito della successiva Sentenza di assoluzione in favore dei coimputati nel medesimo procedimento penale.
Il Collegio adito si limitava invece a sostenere che la condanna per il reato di cui all’art. 416 giustificherebbe il giudizio di pericolosità sociale e di minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, tale da precludere – ai sensi dell’art. 5 comma 13 lett. d) del D.lgs. n. 109/2012 – il buon esito della procedura di emersione.

Sulla scorta di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la ricorrente sosteneva correttamente che l’evoluzione della vicenda processuale nella quale era stata erroneamente coinvolta – considerato l’esito in ordine all’insussistenza dell’associazione – esclude in termini di logica e di diritto ogni effetto penale e destituisce di fondamento ogni giudizio di pericolosità sociale e di minaccia per l’ordine pubblico.
In assenza, quindi, di una valutazione di pericolosità sociale ed in assenza di alcun fatto di reato non era ragionevolmente ammissibile un automatico giudizio negativo di carattere amministrativo, vista la possibilità fornita dall’ordinamento di superare la presunzione insita nella normativa in questione.
Non essendo più ravvisabile nel processo penale, appariva correttamente illogico ed irragionevole ravvisare una prognosi di pericolosità sociale e di minaccia per l’ordine pubblico in capo alla ricorrente nel procedimento amministrativo.

Il Consiglio di Stato in S.G., dopo aver disposto in sede cautelare la sospensione dell’esecutività della Sentenza del TAR, ha accolto le suesposte argomentazioni.
Ha infatti ravvisato la manifesta ed incontroversa inconciliabilità della “sentenza di patteggiamento per la quale la ricorrente è stata condannata per il delitto di partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di reati contro il patrimonio (.) con quanto statuito in sede di giudizio abbreviato con sentenza del GUP di Roma n. 646/2014 che ha ritenuto insussistente l’associazione criminale contestata (anche) all’odierna appellante (.)”.

Sul presupposto, quindi, secondo il quale l’esito del Giudizio Penale pone in discussione il giudizio formulato dall’Amministrazione dovendosi, nella concreta valutazione della pericolosità sociale della ricorrente, tenere conto dell’insussistenza fattuale della contestata associazione per delinquere, il Consiglio di Stato in accoglimento del proposto appello ha ordinato all’Amministrazione di “riesaminare la richiesta respinta alla luce dell’esito giudiziale sopra indicato”.

– Scarica la sentenza
Consiglio di Stato Sez. III n. 2371 del 20 aprile 2018