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Il diritto alla salute è un dovere istituzionale e la protezione umanitaria deve essere assicurata a coloro che si trovano in una condizione di particolare vulnerabilità

Tribunale di Venezia, ordinanza del 3 settembre 2018

Photo credit: Pau Coll / Ruido - Una donna migrante salvata nel Mediterraneo dalla ONG Proactiva Open Arms.

Il Tribunale di Venezia ha accordato la protezione umanitaria ad una cittadina nigeriana che in sede amministrativa si era dichiarata vittima di violenze domestiche e successivamente, grazie all’assistenza legale, vittima di tratta in Libia. Pur non avendo accolto la domanda principale tesa ad ottenere lo status di rifugiata, avendo ritenuto il giudice insufficienti le allegazioni volte a comprovare la tratta, il tribunale ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria valorizzando un quadro clinico caratterizzato da una diagnosi di stress post traumatico accompagnata da prescrizione farmacologica e dagli esiti di una visita ginecologica comprovante che da minore la ricorrente era stata sottoposta a mutilazione genitale.

L’insieme di questi fattori ed il rilievo delle gravi carenze che caratterizzano il sistema sanitario nigeriano ha indotto il tribunale ad ascrivere la ricorrente nella categoria delle persone vulnerabili ai sensi dell’art. 2 lett h) bis del D. Lgs. 25/2008 evidenziando che:

la condizione di persona affetta da disturbo post-traumatico da stress è una patologia di indubbia gravità, che di là dalla attendibilità del racconto fatto dalla ricorrente, non elide la sostanza del problema e della necessità di fornire le debite cure al soggetto malato; nel caso di specie, tenuto altresì conto della accertata mutilazione genitale, ricorre una situazione personale oggettiva e grave che non consente l’allontanamento dal territorio nazionale, pur trattandosi di rimedio residuale ed estremo, la cui applicazione si giustifica proprio in ossequio all’esigenza di assicurare all’individuo che si trovi in una condizione di particolare vulnerabilità soggettiva la debita protezione; la particolare condizione soggettiva di persona vulnerabile e la stessa portata dell’art. 32 cost. che riconosce ad ogni individuo la salute non solo come diritto soggettivo da valere in chiave orizzontale, ma anche come dovere istituzionale ad apprestare le condizioni per la relativa tutela anche in chiave di salvaguardia dell’interesse pubblico, permettono di ritenere pienamente integrato il requisito per il riconoscimento della chiesta protezione, avuto altresì riguardo a quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della direttiva 2004/83; se rimpatriata in Nigeria, attese le notorie carenze del relativo sistema sanitario, la ricorrente anche per la sua condizione economica non avrebbe certezza di accesso a strutture qualificate e così vedrebbe compromesso l’attuale livello di compensazione“.

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Tribunale di Venezia, ordinanza del 3 settembre 2018