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La vittoria di 120 minori senza documenti di Melilla: andare a scuola dopo un anno di lotta contro gli ostacoli del Governo del PP

Irene Quirante, El Diario/Desalambre - 3 ottobre 2018

Photo credit: Antonio Ruiz

traduzione di Denise Genovese

L’ossessione principale di Asraf è che suo fratello minore, Mohamed, di 13 anni, non debba superare in futuro le stesse barriere con cui lui, risiedendo a Melilla in una situazione amministrativa irregolare, si scontra quotidianamente. Ha 21 anni ed è arrivato nella Città Autonoma da Tetouan (Marocco, n.d.t.) quando aveva solo un anno, ma agli occhi della Pubblica Amministrazione non è ancora riuscito a dimostrare la sua residenza. Secondo il suo racconto, da 14 anni vive con la sua famiglia nella stessa casa, nel quartiere di Reina Regente, ma senza un regolare contratto che lo dimostri.

Ora, attraverso suo fratello, questo giovane ha visto realizzarsi uno dei suoi sogni. “Ha raggiunto quel qualcosa che io da bambino volevo fortemente, andare in una scuola spagnola. Per quanto mi neghino i documenti, così come a mio fratello, noi siamo di Melilla, esistiamo, e siamo qui”, dice in una conversazione con eldiario.es.

Suo fratello Mohamed è uno dei 120 minori che quest’anno risultano iscritti nelle scuole pubbliche di Melilla senza essere iscritti all’anagrafe o disporre di un documento di residenza. I minori cui non è permesso accedere all’istruzione, la maggior parte dei quali nati a Melilla, sono figli di famiglie di origine marocchina prive di regolare residenza in Spagna.

In un modo o nell’altro, hanno finito per stabilirsi in questa città a causa della mancanza di opportunità dall’altro lato della frontiera, anche se questo comporta il dover vivere in una situazione di irregolarità. In molti casi i genitori poterono attraversare la barriera di Melilla grazie ad un permesso di lavoro, finendo poi per restare in territorio spagnolo. Questo stato di cose è andato perpetuandosi per decenni: molti di questi minori sono la seconda e la terza generazione che cresce a Melilla.

Per potersi iscrivere in una scuola il Governo precedente richiedeva che si fosse iscritti all’anagrafe, ma la città di Melilla ha sempre negato ai genitori tale iscrizione. La mancanza di documenti costituiva la ragione per cui la vecchia Direzione Provinciale del Ministero dell’Istruzione negava loro il diritto di frequentare la scuola. Dopo che l’Esecutivo è passato di mano, è stato concesso ai genitori di presentare altre tipologie di documentazione, da vagliare caso per caso.

Hanno presentato le tessere sanitarie dei bambini, lo stato di famiglia, le bollette dell’energia elettrica o del gas, i contratti…”, spiega l’attuale Direttore Provinciale, Juan Ángel Berbel. Grazie a ciò si è potuto concludere che si tratta di minori che risiedono in maniera stanziale nella città, e per questo si è proceduto alla loro iscrizione a scuola.

Il fratello di Asraf ha saputo di essere stato ammesso in una scuola di Melilla il 21 settembre, alla pubblicazione della lista delle nuove classi supplementari. “Ha iniziato a saltare dalla gioia, era pazzo di felicità… per tutto il giorno non si è fermato dall’emozione”, racconta il giovane.

Prima Mohamed frequentava la Residenza per Studenti Marocchini Musulmani, un centro non compatibile con il sistema educativo spagnolo. “Ha sempre protestato, chiedendo del perché dovesse andare in una scuola per studenti marocchini dal momento che lui è di Melilla. È questo che fa male, che ti facciano sentire diverso quando hai vissuto qui tutta la tua vita, quando parli la stessa lingua e hai le stesse abitudini del resto della gente che ti circonda”, spiega.

Asraf lavora di pomeriggio e al mattino frequenta il secondo anno di Università, sebbene sia stato vicino a rinunciare alla sua istruzione universitaria. Ha conosciuto in prima persona le difficoltà cui devono far fronte gli studenti della Residenza per Studenti Marocchini Musulmani qualora intendano continuare i propri studi in Spagna.

Sono dovuto andare molte volte in Marocco per far convalidare i miei studi – che erano equivalenti al Diploma di maturità – e ho riscontrato moltissimi problemi nell’elaborazione di tutta la documentazione che mi veniva richiesta”, riassume. Ora che sa che suo fratello non dovrà passare per questa procedura si dice molto più tranquillo. “Almeno questa barriera l’ha già superata”, dice.

Un anno di proteste

Come Mohamed, molti altri minori di Melilla hanno vissuto per anni in un limbo educativo a causa della propria situazione amministrativa. È stato nel novembre 2017 che un gruppo di madri, con i loro figli, ha dato inizio ad una serie di manifestazioni – con il supporto della ONG Pro Derechos de la Infancia (Prodein) – per rivendicare il diritto dei bambini a poter studiare nelle scuole della Città.

Sumia e Abdessamad, di 5 e 9 anni, sono due dei minori non iscritti all’anagrafe che, fino allo scorso luglio, hanno manifestato tutte le settimane dinanzi alla Direzione Provinciale dell’Istruzione, alla Rappresentanza del Governo e alla Procura.

C’è una frase che hanno ripetuto fino alla nausea: “Ciao, cu-cu! Vogliamo andare a scuola!”. Alle prime manifestazioni i bambini ridevano, come se si trattasse di un gioco. Ma con il passare dei mesi e l’avvicinarsi della fine dell’anno scolastico la rabbia e la disperazione iniziarono ad avere la meglio tra le urla della protesta.

Ora che finalmente Sumia e Abdessamad hanno una scuola, Latifa, la loro mamma, si chiede per “quale profonda ragione” sia stato permesso che dei bambini trascorressero un intero anno a chiedere di potervi andare. “Non credo fosse così difficile accertare che viviamo a Melilla. Avrebbero potuto mandarci la Polizia a casa, avrebbero potuto perfino sorvegliarci, ma non hanno voluto farlo”, dice.

Questa madre racconta di essere nata nella Città Autonoma 41 anni fa, ma i suoi genitori non hanno mai potuto iscriverla all’anagrafe perché anche loro erano privi di documenti. “So cosa significa vivere essendo invisibile, senza diritti. Per questo sono felice che i miei figli inizino ad avere più opportunità di quelle che ho avuto io” dice la donna, che porta avanti la sua famiglia lavorando come sarta e donna delle pulizie senza un regolare contratto.

Il Governo locale si oppone alla scolarizzazione

Mentre le famiglie e i bambini hanno celebrato la notizia dell’iscrizione a scuola come una vittoria, il Governo locale, del Partido Popular, ha reagito compatto manifestando la propria contrarietà. Il Presidente della Città, Juan José Imbroda, ha affermato che avrebbe sporto denuncia contro il Direttore Provinciale e portato la questione al Parlamento nazionale.

Imbroda ha pubblicamente dichiarato che si stavano obbligando i plessi scolastici ad ammettere bambini provenienti dal Marocco che in nessun caso avrebbero dovuto essere ammessi nelle scuole senza una regolare iscrizione anagrafica. Inoltre, ha stimato in circa 700 minori questo gruppo, mentre la Direzione Istruzione parla di 120. Una delle madri coinvolte, Naima, non dà credito alle parole di Imbroda. “Sanno perfettamente che questi bambini sono di Melilla perché ogni anno un assistente sociale viene a casa a verificare che siano ben accuditi”, risponde irritata.

Dall’altra parte, anche alcuni sindacati del settore educativo hanno protestato contro la scolarizzazione di questi minori, ponendo l’accento sul tasso di affollamento delle aule – già tra i più alti del Paese, che potrebbe vedersi ulteriormente sovraccaricato – e sul fatto che potrebbe incidere negativamente sulle già carenti strutture e mezzi di cui la Città dispone.

Ciononostante, Berbel è certo di aver fatto ciò che doveva. “Gli unici requisiti da soddisfare affinché questi minori possano andare a scuola sono dimostrare la propria stanzialità – cosa che hanno fatto – e avere un’età compresa tra i 6 e i 16 anni”. E insiste sul fatto che l’iscrizione anagrafica non sia determinante. “Non c’è situazione amministrativa irregolare o regolare che tenga: sono bambini”, sottolinea.

Inoltre, racconta di come le richieste di iscrizione di questi 120 minori siano state ritrovate in uno stanzino, senza che fossero state ufficialmente registrate. Non si sa nemmeno in quale data siano state consegnate, spiega, poiché non hanno alcun timbro. Berbel afferma di non sapere se ci sia stata intenzionalità, da parte della precedente Direzione Provinciale, nel non mostrare questi documenti, né tanto meno si dice a conoscenza dell’esistenza di eventuali procedimenti in merito.

Quando si consegna un documento alla Direzione Istruzione questo va protocollato in forma ufficiale, con il timbro di ricezione, rilasciandone poi una copia al genitore. Questa è la procedura da seguire, che per quanto riguarda questi casi non è stata osservata. Quei documenti sono stati raccolti senza che agli interessati fosse rilasciata alcuna garanzia”, sottolinea.

Secondo i dati, 32 minori sono rimasti fuori dalle iscrizioni in attesa di presentare la documentazione che attesta la loro residenza a Melilla. Si stima che il 15% della popolazione in età scolare residente nella Città Autonoma non sia iscritta ad alcun ciclo d’istruzione.

“Hanno vissuto un periodo difficile, ma hanno vinto la battaglia”

Il Presidente dell’associazione Prodein, José Palazón, che ha accompagnato i minori e le loro famiglie nell’anno di proteste, non è sorpreso dalle dichiarazioni del Presidente, né tanto meno dalla linea di alcuni sindacati del settore educativo di Melilla. “Ancora una volta risultano evidenti tutto il razzismo e il sentimento di rifiuto che pervadono la Città, oltre all’illecito che è stato commesso consentendo a questi bambini di passare tutto un anno per strada a chiedere di poter andare a scuola”, dice.

L’attivista, che da oltre vent’anni denuncia le violazioni dei diritti alla Frontera Sur, preferisce conservare il lato positivo di questa storia. “I bambini hanno vissuto un periodo difficile, ma hanno vinto questa battaglia e hanno imparato una lezione dal valore inestimabile: sanno quanto può costare il voler andare a scuola e, soprattutto, sanno che vi sono riusciti grazie ai loro stessi sforzi”, dice.

Le famiglie, dal canto loro, si dicono convinte che l’appoggio della ONG sia stato cruciale in questa causa, conclusasi con un lieto fine: “Non avremo mai abbastanza parole per sdebitarci per ciò che è stato fatto per i nostri figli”.

Tutti i nomi dei minori menzionati in questo articolo sono fittizi, al fine di preservare la loro privacy.