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Illegittima la revoca del pds per motivi di lavoro in presenza di ulteriore e diversa attività lavorativa da sola sufficiente a raggiungere i minimi reddituali richiesti dalla normativa

T.A.R. per il Piemonte, sentenza n. 1207 del 31 ottobre 2018

Photo credit: Angelo Aprile

Con la sentenza n. 1207/2018, pubblicata il 31.10.2018, il T.A.R. per il Piemonte si è pronunciato in tema di revoca del permesso di soggiorno e contestuale rigetto dell’istanza di rinnovo nel caso di sospetta falsità del rapporto di lavoro dichiarato.

La vicenda riguarda un cittadino extracomunitario che ha ottenuto il permesso di soggiorno primario con la procedura di emersione ex art. 1 d.l. n. 195/2002, successivamente oggetto di rinnovo per motivi di lavoro. Alla scadenza di quest’ultimo, lo straniero ha presentato richiesta di rinnovo sempre per lavoro subordinato.

All’esito del procedimento, la P.A. ha revocato il permesso di soggiorno oggetto del primo rinnovo e, contestualmente, rigettato la successiva istanza di rinnovo, esclusivamente in base ad atti di indagine della P.G. che ipotizzavano l’inesistenza del rapporto di lavoro dichiarato.

Il ricorrente ha impugnato entrambi i provvedimenti sotto diversi profili, producendo in giudizio documentazione comprovante lo svolgimento di diversa attività lavorativa nel periodo in contestazione e negli anni successivi – oltre a quella oggetto di presunta falsificazione – da sola sufficiente a raggiungere i minimi reddituali richiesti dalla normativa vigente.

Con ordinanza, depositata il 25.01.2018, il TAR per il Piemonte ha respinto la domanda cautelare del ricorrente. Avverso tale ordinanza quest’ultimo ha proposto appello cautelare al Consiglio di Stato, il quale ha accolto il gravame e, per l’effetto, disposto la sospensiva dei provvedimenti impugnati.

Con la pronuncia di merito n. 1207/2018, Il T.A.R. Piemonte ha accolto il ricorso.

Sotto un primo profilo, “la fattispecie in esame non rientra tra quelle ipotesi, penalmente rilevanti, che giustificano il mancato rilascio del permesso di soggiorno o il rinnovo dello stesso, senza ulteriore motivazione in ordine alla pericolosità sociale del soggetto”. Sotto altro profilo e conseguentemente, “la motivazione adottata dalla P.A. si palesa insufficiente non dando conto compiutamente dei motivi che indurrebbero a ritenere pericoloso socialmente” il ricorrente, e, dall’altro lato, è illegittima in quanto dimostra che la P.A. non ha fatto corretta applicazione dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/98. In particolare, “l’inciso <> va interpretato nel senso che <> (Cons. Stato, sez. III, 11/05/2018, n. 2823).

Nella fattispecie, risulta documentalmente, ed è stato sottolineato dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, che, in primo luogo, con riguardo al provvedimento di revoca e rigetto dell’istanza di rinnovo, il ricorrente, tanto nell’anno in contestazione, quanto nei due anni successivi, ha svolto attività lavorativa e ha mantenuto livelli di reddito idonei ai fini del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno. In particolare, con riferimento all’anno in contestazione, “risulta che il ricorrente abbia svolto ulteriore attività lavorativa – oltre a quella oggetto di presunta falsificazione – da sola sufficiente a raggiungere i minimi reddituali richiesti dalla normativa vigente”. Il ricorrente, inoltre, ha “dimostrato di aver posseduto anche negli anni successivi i presupposti lavorativi e reddituali idonei per l’ottenimento del rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno”.

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T.A.R. per il Piemonte, sentenza n. 1207 del 31 ottobre 2018