Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Annullato l’illegittimo decreto di espulsione – Essere padre di un minore cittadino italiano dà diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari

Giudice di Pace di Bari, decreto del 10 maggio 2018

Foto di Claudio Colotti, manifestazione 10 novembre 2018 #indivisibili

Il cittadino albanese, viene condotto dinnanzi al Giudice di pace di Bari per la convalida dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e solo nel corso dell’udienza di convalida emerge che era padre di un minore cittadino italiano nato dalla convivenza con una cittadina italiana.

Nel decreto di espulsione, quindi, il Prefetto di Bari, non solo non faceva riferimento ai predetti elementi ma, al contrario sosteneva, in punto di motivazione, che per il cittadino albanese “ non sussistevano le condizioni affinché allo stesso potesse essere rilasciato un permesso per motivi umanitari o ad altro titolo […]”, nonostante egli avesse diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari perché era padre di cittadino italiano.

Questa difesa, censurava anche l’assunto del Prefetto, ossia, “non ha prodotto documentazione che certifichi oggettive e gravi situazioni personali che non ne consentano l’allontanamento dal territorio nazionale, ai sensi dell’art. 11 comma 1 lett. c ter del DPR 394/99 e successive modifiche, né che ricorrono i presupposti di cui al divieto previsto dall’art. 19 T.U. 286/98e succ. mod”, valutandolo come non veritiero, affermando con certezza che il cittadino albanese, già all’atto della notifica del decreto prefettizio era in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge per ottenere il permesso di soggiorno per coesione familiare in sede con il figlio minore A.

Si eccepiva la violazione dell’art. 13 comma 2 bis del D.Lgs. N. 286/1998 dispone che “nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”.

Si eccepiva la violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva nell’ordinamento italiano con legge n. 848 del 4 agosto 1955, che all’articolo 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) dispone: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare (comma 1). Non può aversi interferenza di una autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto a meno che questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e della libertà degli altri (comma 2)”.

Il Giudice di Pace con il decreto che si allega accoglieva il ricorso ad annullava il decreto di espulsione proprio sulla circostanza che il Prefetto di Bari aveva totalmente omesso di valutare la situazione famigliare e di aver violato cosi l’art. 8 comma 2 CEDU per ingerenza nella sfera famigliare senza effettuare nessun bilanciamento degli interessi in gioco.

– Scarica il decreto
Giudice di Pace di Bari, decreto del 10 maggio 2018