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Salvati in mare, imprigionati e poi venduti ai trafficanti

Sally Hayden, The Irish Times - 16 gennaio 2019

Rifugiati e migranti intercettati nel Mediterraneo a fine dicembre e portati nel centro di detenzione Souq al Khamis a Khoms, Libia

Il centro di detenzione Souq al Khamis a Khoms, Libia, è così vicino al mare che migranti e rifugiati sentono l’infrangersi delle onde sulla spiaggia. I detenuti – centinaia di uomini, donne e bambini – appartengono alle 15.000 persone catturate nel 2018, mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo a bordo di imbarcazioni fatiscenti in modo da raggiungere l’Italia e la salvezza in Europa.

Ora sono rinchiusi all’interno di stanze ricoperte da graffiti, tra i quali alcuni avvertimenti: i rifugiati potrebbero essere venduti ai trafficanti proprio dalle guardie che li sorvegliano.

Questo centro di detenzione è gestito dal dipartimento del governo libico sostenuto dall’ONU per la lotta alla migrazione illegale (DCIM).

Gli eventi qui nelle ultime settimane mostrano come l’irrigidimento della politica migratoria europea lasci ai rifugiati disperati poco spazio per sfuggire alle reti già pronte a sfruttarli.

Già a partire dal 2014 l’Unione europea ha stanziato oltre 300 milioni di euro in Libia con il solo scopo di fermare l’immigrazione. Incanalati attraverso il Trust Fund per l’Africa, questo include approssimativamente 40 milioni di euro per la guardia costiera libica, che intercetta le navi nel Mediterraneo. Il contributo dell’Irlanda al Trust Fine sarà di 15 milioni tra il 2016 e il 2020.

Scabbia

Una delle ultime intercettazioni in mare nel 2018 è avvenuta il 29 dicembre e stando a quanto riportano le Nazioni Unite, 286 persone sono state rimandate a Khoms. Secondo due attuali detenuti nel centro, che trasmettono messaggi usando telefoni nascosti, i migranti tornati a Souq al Khamis avevano contratto la scabbia e altri problemi di salute ed erano alla disperata ricerca di cure mediche.
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Alla vigilia di Capodanno, un detenuto ha messaggiato per dire che le guardie del centro avevano costretto un uomo eritreo a tornare dai trafficanti; alcuni di loro hanno buttato giù la porta, riuscendo così a salvarlo.

Domenica 5 gennaio delle guardie libiche hanno fatto pressione sui nuovi arrivati non ancora registrati affinché se ne andassero. Quest’ultimi sono stati picchiati con le armi, secondo quanto affermano i detenuti. “I capi li stanno spingendo a fuggire ogni giorno”, dice uno di loro.

Per prima cosa loro li portano fuori e gli dicono che devono uscire… Le persone rispondono che non vogliono farlo, così la polizia inizia a picchiarli. Loro vogliono venderli ai trafficanti, che a loro volta li imbarcheranno in mare”.

Nello stesso giorno, il 5 gennaio, le guardie avrebbero riferito ai detenuti che il centro era troppo affollato per cui dovevano spostarsi.

Testimoni dichiarano che un uomo trentasettenne eritreo e 6 donne eritree sono stati presi, così come egiziani, bengalesi e forse somali. Almeno 22 di loro erano minorenni e 4 erano le donne.

Alcuni di coloro che sono stati portati via hanno telefonato successivamente ai loro parenti per informarli che erano con un trafficante eritreo, chiamato Abedusalem, che teneva rifugiati e migranti a Bani Waldi, un paesino dell’entroterra, distante 160km da Khoms.

Uno di loro ha telefonato alla sorella in Europa per dirle che avrebbe dovuto pagare 5.000 dollari con la speranza di essere messo su una nave diretta in Europa. In Libia, i rifugiati e migranti molto spesso vengono venduti tra bande di trafficanti, dopo aver pagato un riscatto, senza avere però nessuna garanzia che ciò accada.

Bani Walid è conosciuta come la “città fantasma” dai migranti e rifugiati in Libia. “Ogni angolo di Bani Walid è un’altra storia dell’orrore”, racconta un uomo che era stato imprigionato qui da dei trafficanti per oltre un anno. “Se loro vedono qualsiasi persona di colore, specialmente eritrei, pensano a catturarli e venderli oppure renderli loro schiavi”.

Rifugiati, che erano stati prigionieri di Abedusalem, raccontano che lui è uno dei trafficanti più umani, e che solitamente non tortura le persone, nonostante però le tenga in condizioni disumane, con scarse cure mediche o cibo. “Ma se fossero venduti a trafficanti libici, sarebbe sicuramente peggio”, dice uno di loro.
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The Irish Times” ha intervistato sei ex detenuti, da poco liberi, di Souq al Khamis, i quali affermano che nel corso degli ultimi due anni i prigionieri venivano regolarmente trasferiti dai centri di detenzione ai trafficanti. “È un mercato di persone”, ha detto un detenuto in un messaggio, chiedendo di fuggire in un Paese sicuro.

La sua famiglia ha venduto la loro casa per pagare 10.000 dollari di riscatto, ci racconta. “Ora la morte andrebbe bene per me, se qualcuno mi chiedesse di pagare”.

Altri due eritrei, tenuti a Souq al Khamis verso la fine del 2017, raccontano di aver conosciuto 18 persone vendute ai trafficanti dal centro di detenzione. Otto di loro sono morte in seguito a torture, hanno detto, perché le loro famiglie non erano in grado di pagare 12.000 dollari di riscatto per la loro liberazione.

L’UE afferma di sostenere “le autorità nazionali per promuovere la loro capacità di contrastare il traffico di migranti“. Tuttavia, in realtà, la differenza tra le autorità libiche e le bande di trafficanti non è chiara.

In risposta a domande via mail, il Dipartimento degli Affari Esteri ha affermato che l’UE “riconosce che i centri di detenzione libici siano motivo di grande preoccupazione” e che si sta lavorando ad una soluzione. Le autorità libiche non si sono espresse a riguardo.

Charlie Yaxley, un portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha detto di essere a conoscenza del fatto che un numero di persone portato a Souq al Khamis non è stato trovato. “UNHCR sta continuando ad esaminare la situazione e rimaniamo preoccupati per la loro sicurezza e il loro benessere”, ha detto, aggiungendo che “l’agenzia non ha accesso ai luoghi in cui vengono tenuti prigionieri i migranti dai trafficanti”.

Lui afferma che coloro che sono stati salvati nel Mediterraneo, non dovrebbero essere riportati in Libia: “in parte perché la situazione non è sicura, e in parte per l’uso che viene fatto dei centri di detenzione e delle diffuse segnalazioni di violazioni dei diritti umani. UNHCR ribadisce con urgenza la sua richiesta ai Paesi di reinsediamento ad accelerare la disponibilità ad ulteriori posti di reinsediamento per l’evacuazione dei rifugiati dai centri di detenzione libici“.

I rifugiati sono d’accordo sul fatto che finché non ci saranno più evacuazioni, loro non avranno modo di uscire dal circolo vizioso, formato da trafficanti, centri di detenzione e intercettazioni in mare sovvenzionate dall’UE.

Questa è la Libia”, dice, rassegnato, un rifugiato.