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I nuovi irregolari in Italia

Matteo Villa, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) - 18 Dicembre 2018

Photo credit: Adriano Foraggio (Roma, 10 novembre 2018, manifestazione contro il DL Salvini)

Dopo il picco di immigrazione irregolare verso l’Europa tra il 2014 e il 2017, molti paesi dell’Europa occidentale hanno cominciato a restringere i diritti riservati ai richiedenti asilo. La Svezia ha dato un giro di vite già nel 2016. La Francia ha adottato provvedimenti restrittivi a inizio 2018. E settimana scorsa si è diffusa la notizia che la Danimarca starebbe valutando di relegare i richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta ma che non possono essere rimpatriati in un’isola remota.

Ma cosa succede quando un governo riduce il livello di protezione riservato ai richiedenti asilo, pur non essendo capace di aumentare i rimpatri verso i paesi di origine? La risposta è semplice: aumentano gli stranieri senza permesso di soggiorno presenti sul territorio. Ed è esattamente ciò che succederà in Italia nei prossimi due anni.

In breve. Tra giugno 2018 e dicembre 2020, il numero degli irregolari in Italia aumenterà di almeno 140.000 unità. Parte di questo aumento (circa 25.000 unità) è già accaduta nei mesi passati. Ma l’aumento maggiore verrà registrato tra oggi e la fine del 2020.

Nello “scenario base”, quello in cui l’Italia avrebbe mantenuto tutti e tre i livelli di protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), gli irregolari in Italia sarebbero aumentati di circa 60.000 unità. Ma il decreto-legge dello scorso ottobre (da poco convertito in legge) potrebbe aggiungere al numero dei nuovi irregolari previsti dallo scenario base ulteriori 70.000 irregolari, più che raddoppiando i nuovi irregolari presenti in Italia. Ai ritmi attuali, i rimpatri dei migranti irregolari nei loro paesi di origine avranno un effetto solo marginale: per rimpatriarli tutti sarebbero necessari 90 anni, e solo a condizione che nel prossimo secolo non arrivi più nessun irregolare.

In totale, entro il 2020 il numero di migranti irregolari presenti in Italia potrebbe superare quota 670.000. Si tratta di un numero più che doppio rispetto ad appena cinque anni fa, quando i migranti irregolari stimati erano meno di 300.000. Sarebbe anche il record di sempre se si esclude il 2002, quando in Italia si stimavano presenti 750.000 irregolari.

Ecco un rapido riassunto grafico:
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A inizio ottobre, il governo italiano ha introdotto un nuovo decreto-legge (Decreto-Legge n. 113, 4 ottobre 2018), poi convertito in legge a inizio dicembre (Legge n. 132, 1 dicembre 2018). Tra le altre cose, il provvedimento elimina uno dei tre livelli di protezione previsto per i richiedenti asilo in Italia.

Prima che il decreto-legge entrasse in vigore, il sistema italiano offriva tre livelli di protezione:

a. Status di rifugiato. La base giuridica di questo diritto è la Convenzione di Ginevra del 1951. Lo status viene attribuito ai richiedenti asilo che riescono a provare di avere un giustificato timore di essere perseguitati “per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche” (art. 1 della Convenzione). A queste ragioni, due direttive europee hanno aggiunto le persecuzioni a causa del genere e dell’orientamento sessuale.

b. Protezione sussidiaria. La base giuridica di questo diritto è la legislazione comunitaria. Si tratta di un secondo livello di protezione, presente in tutti i paesi europei. La protezione viene assegnata a quelle persone che, malgrado non possano essere considerate rifugiate, andrebbero incontro a un “rischio effettivo di subire un danno grave” se venissero rimpatriate nel loro paese d’origine. Un danno grave include “la condanna a morte o all’esecuzione”, “la tortura o altra forma di pena o trattamento umano o degradante” e “la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato”.

c. Protezione umanitaria. Questo è un terzo livello di protezione, introdotto nel 1998 e mantenuto fino a ottobre 2018 (più propriamente, si dovrebbe chiamare “permesso di soggiorno per motivi umanitari”). Molti altri paesi europei hanno forme alternative di protezione oltre allo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, variabili da paese a paese. In Italia, la protezione umanitaria è stata una categoria residuale, concessa per ragioni diverse e piuttosto discrezionali, che potevano andare da problemi di salute a condizioni di grave povertà nel paese (o regione) d’origine di un richiedente asilo. La durata massima del permesso di soggiorno per motivi umanitari era di due anni.

L’attuale governo italiano ha deciso di abolire la protezione umanitaria. Il motivo di questa scelta può essere sintetizzato nella percezione che la protezione umanitaria fosse troppo discrezionale, e che estendesse diritti a un numero eccessivo di richiedenti asilo. Al suo posto, la nuova legge introduce sei “casi speciali” (vedi tabella).
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Nonostante la casistica sia apparentemente ampia, nella pratica i nuovi “casi speciali” risulteranno probabilmente applicabili a una minoranza molto ristretta delle persone cui in precedenza veniva concessa la protezione umanitaria. Da una parte, ci potrebbe volere un po’ di tempo prima che il sistema di protezione italiano si adatti al nuovo contesto, con due livelli di protezione anziché tre. Dall’altro, i dati sinora in nostro possesso sembrano puntare verso uno scenario in cui i casi speciali saranno molto marginali. Nei primi due mesi di applicazione del decreto-legge, infatti, i tassi di protezione umanitaria sono crollati dal 25% dei mesi precedenti al 12% di ottobre e al 5% di novembre.

Per valutare l’effetto dell’abolizione della protezione umanitaria sulla presenza in Italia di stranieri irregolari, ho fatto alcune semplici simulazioni.

Ovviamente, per poter fare i calcoli c’è bisogno di fissare alcuni assunti, partendo da alcuni punti fermi. Eccoli:

1. Nessun nuovo ingresso o permanenza irregolare. Suppongo che, tra oggi e dicembre 2020, nessun’altra persona entri in Italia irregolarmente, via mare, via terra o per vie aeree, e che nessuno dunque faccia domanda di asilo. Inoltre, suppongo che nessun’altra persona rimanga sul territorio nazionale una volta scadutole il visto. È un assunto altamente irrealistico. Per limitarci alle richieste d’asilo, basti considerare che questo novembre circa 3.800 persone hanno fatto richiesta. Malgrado si tratti di un numero di gran lunga inferiore alle 11.000 richieste al mese che venivano presentate nel 2017, nel caso questo resti costante si tratterebbe di altre 100.000 richieste d’asilo entro la fine del 2020. Tuttavia, dal momento che gli arrivi via mare sono crollati da luglio 2017 a questa parte, stime sui possibili arrivi futuri (e su possibili richieste d’asilo) sarebbero altamente volatili, e dunque sarebbe difficile incorporarle in simulazioni accurate. Inoltre, i nuovi arrivati dovrebbero comunque attendere una risposta alla propria richiesta d’asilo prima di diventare irregolari, perciò potrebbero ancora stare risiedendo regolarmente sul territorio italiano alla fine del 2020. In ogni caso, questa supposizione mi condurrà a sottostimare il numero di stranieri irregolari presenti in Italia nel prossimo futuro.

2. Nessuno straniero irregolare lascia l’Italia. Anche questa è una supposizione irrealistica. Purtroppo, però, anche in questo caso è difficile stimare il numero di migranti irregolari che lascerebbe l’Italia in una finestra di tempo di oltre due anni, in particolare senza sapere cosa accadrà con le sospensioni di Schengen e il ripristino dei controlli alle frontiere da parte dei paesi che confinano con l’Italia. Per esempio, stando ai dati ufficiali, nell’ultimo anno sono stati fermati più migranti che attraversavano il confine italo-austriaco in direzione dell’Italia che nel verso opposto. Ciononostante, posso concludere che non tenere in considerazione possibili allontanamenti mi condurrà a sovrastimare il numero di stranieri irregolari presenti in Italia nel prossimo futuro.

3. I tassi di protezione restano uguali rispetto al passato recente (tenendo in considerazione l’effetto dell’eliminazione della protezione umanitaria). Si tratta di una supposizione realistica: i tassi di protezione sono rimasti molto stabili negli ultimi tre anni, e non c’è ragione per pensare che cambierebbero repentinamente in futuro in assenza di cambiamenti legislativi.

4. I tassi di rimpatrio non migliorano in maniera significativa. Anche in questo caso, si tratta di una supposizione realistica. Nonostante le promesse fatte durante l’ultima campagna elettorale riguardo a un rapido aumento dei rimpatri di stranieri irregolari verso i propri paesi d’origine, nei primi sei mesi del governo Conte i tassi di rimpatrio sono stati del 20% più bassi rispetto allo stesso periodo del 2017.

Per la mia simulazione, suddivido innanzitutto il periodo d’interesse (giugno 2018 – dicembre 2020) in due finestre temporali: la prima è il passato, tra giugno e fine ottobre di quest’anno. In questo periodo, circa 26.000 richiedenti asilo hanno ricevuto un diniego della propria richiesta, e sono dunque diventati irregolari. Al contempo, solo 2.165 persone sono state rimpatriate. Il risultato è che il numero degli stranieri irregolari presenti in Italia è aumentato di quasi 24.000 unità.

Passando adesso a rivolgere l’attenzione al futuro, prendo in considerazione il periodo in cui è stata eliminata la protezione umanitaria (novembre 2018 – dicembre 2020). Per il mio scenario base devo considerare che, negli ultimi tre anni, circa il 55% delle richieste d’asilo esaminate ha ricevuto un diniego. A fronte di questo, a ottobre 2018 c’erano 107.500 richieste d’asilo ancora pendenti in Italia. Ciò significa che quasi 60.000 di queste richieste verrà probabilmente rifiutata, e che gli stranieri che le hanno presentate diventeranno irregolari. Questa stima costituisce il mio scenario base.

Posso adesso confrontare questo scenario base con gli effetti stimati dell’abolizione della protezione umanitaria. La riforma avrà due effetti:

a. I richiedenti asilo che ancora attendono una valutazione della domanda non potranno più ricevere la protezione umanitaria, e correranno dunque un maggior rischio di vedersi negato almeno un livello di protezione, scivolando nell’irregolarità;

b. Gli attuali titolari di protezione umanitaria non potranno chiederne il rinnovo, diventando dunque irregolari.

Per quanto riguarda (a), nei mesi precedenti l’avvio dell’attuale governo, circa il 28% delle domande esaminate aveva come esito la protezione umanitaria. Dunque, sui 107.500 casi pendenti a ottobre, poco più di 30.000 avrebbero ricevuto la protezione umanitaria nello scenario base, mentre in questo nuovo scenario si vedranno opporre un diniego di protezione, diventando irregolari.

Passando a (b), non è possibile conoscere con certezza il numero degli attuali titolari di protezione umanitaria. Tuttavia, dal momento che la protezione può durare al massimo due anni, e che prima della riforma poteva essere rinnovata, una stima conservativa è quella di considerare titolari di protezione tutte quelle persone cui è stata assegnata la protezione umanitaria negli ultimi due anni. Si tratta di quasi 40.000 persone: queste ultime non potranno fare richiesta di rinnovo una volta scaduta la protezione, e dunque diventeranno irregolari entro i prossimi due anni.

Sommando (a) e (b), si raggiunge il numero di 69.751. Dunque, quasi 70.000 persone sono a rischio di diventare irregolari in Italia entro la fine del 2020 a causa dell’abolizione della protezione umanitaria. A confronto con uno scenario base con 60.000 nuovi irregolari entro il 2020, in questo caso si rischia dunque un più che raddoppio.

Infine, per raggiungere il numero effettivo di nuovi irregolari presenti in Italia entro il 2020, non resta che sottrarre il numero di chi probabilmente sarà rimpatriato nel suo paese d’origine nei prossimi due anni. Come già spiegato sopra, nei primi sei mesi di questo governo i rimpatri sono stati del 20% inferiori rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In questa simulazione darò un piccolo bonus al governo in carica, utilizzando il numero di rimpatri mensili equivalente al massimo mai raggiunto nell’arco di dodici mesi, ovvero quello raggiunto nel 2017.

Ecco, di nuovo, un riassunto grafico dei calcoli:
decretosicurezza_0.png

Per farsi un’idea di quali possano essere le conseguenze sul numero totale stimato di irregolari presenti in Italia, potete guardare l’immagine qui sotto, che per i dati fino al 2018 si basa su stime della fondazione ISMU. Il numero di stranieri irregolari in Italia era andato diminuendo tra 2010 e 2013, ma l’aumento degli arrivi via mare e dei dinieghi di protezione internazionale ha invertito il trend tra il 2013 e oggi. L’ISMU stima che, al 1° gennaio 2018, gli stranieri irregolarmente presenti in Italia erano circa 530.000.

Nel mio scenario base, il numero degli irregolari aumenterebbe ancora, raggiungendo la cifra di 600.000 entro fine 2020. Ma l’eliminazione della protezione umanitaria lo farebbe salire ulteriormente, fino a 670.000. Un aumento assoluto che equivale a un +26% in soli due anni in termini relativi.
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In termini assoluti, 670.000 irregolari non è un numero mai visto in precedenza. Livelli simili sono stati raggiunti nel 2002, 2006 e 2008. Ogni volta che ciò è accaduto, tuttavia, i governi italiani del tempo hanno deciso di procedere a regolarizzazioni di massa: nel 2002-2003 sono stati regolarizzati 700.000 stranieri; nel 2006 le regolarizzazioni hanno raggiunto quota 350.000; infine, nel 2009 si sono aggirate intorno alle 300.000 unità.

La logica dietro alle regolarizzazioni è chiara: gli stranieri irregolari che non vengono rimpatriati possono sopravvivere solo grazie al lavoro nero o ad attività criminali, e sono anche esposti a un rischio ben superiore di marginalizzazione. È questo uno dei motivi per i quali l’irregolarità si accompagna a livelli di criminalità molto alti.

È dunque giunto il momento di domandarsi: a quando la prossima regolarizzazione di massa in Italia?

Matteo Villa