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La normativa tedesca in materia di espulsione: quello che c’è da sapere

Carla Bleiker, DW - 3 gennaio 2019

Il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, ha affermato che invierà al governo delle proposte di modifica della normativa in materia di espulsione al fine di facilitare il rimpatrio dei criminali stranieri nei loro Paesi di origine.

Il leader della CSU, partito conservatore bavarese e partito gemello della CDU di Angela Merkel, aveva già proposto tali cambiamenti in passato. La causa che ha fatto ritornare la discussione su questo argomento è stata l’aggressione avvenuta nella cittadina bavarese di Amberg, dove la sera del 29 Dicembre 2018, quattro persone ubriache di età compresa fra i 17 e i 19 anni – richiedenti asilo provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan e dall’Iran – hanno aggredito e colpito alcuni passanti, di cui, dodici le vittime rimaste lievemente ferite.

Sebbene non vi siano dati relativi al numero di persone espulse per aver commesso reati penali, in generale, il numero delle espulsioni durante lo scorso anno è diminuito. Nella prima metà del 2018 circa 12.300 persone sono state espulse dalla Germania, numero che, rispetto allo stesso periodo del 2017, è diminuito del 2 per cento.

Chi può essere espulso dalla Germania?
Poiché chi non è cittadino tedesco deve possedere una sorta di permesso di soggiorno per poter rimanere in Germania, ai rifugiati e ai richiedenti asilo, durante la fase di elaborazione delle loro richieste, viene rilasciato un permesso temporaneo. Nel caso in cui queste richieste vengano respinte, i richiedenti asilo perdono il diritto di rimanere in Germania e vengono obbligati a lasciare il Paese entro un certo limite di tempo che solitamente non è superiore ai 6 mesi. Qualora tale limite venga superato, i richiedenti asilo potrebbero essere rimpatriati forzatamente nei loro Paesi di origine.

Cosa succede agli stranieri colpevoli di reato?
Un richiedente asilo che sia stato condannato ad almeno tre anni di reclusione deve essere espatriato. Tuttavia, nel caso di persone dichiarate colpevoli di reati meno gravi o ritenuti una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico, la decisione spetta all’autorità competente in questione. Tale decisione si basa su due fattori: il livello di gravità del crimine commesso e il livello di protezione di cui ha bisogno chi ha perpetrato tale crimine: un uomo che abbia commesso un reato minore e che, nel suo Paese di origine, vada incontro alla tortura o persino alla pena di morte non viene espulso; uno straniero che abbia una famiglia tedesca o un lavoro fisso ha meno possibilità di essere espulso se il reato che ha commesso è un reato minore.
Secondo una regola generale, uno straniero condannato ad almeno due anni di reclusione può essere espulso; anche solo un anno risulta sufficiente se il reato in questione è inserito all’interno di un catalogo istituito dopo gli attentati di Capodanno 2015/16 a Colonia, dove un gruppo di uomini, per lo più nordafricani e arabi, ha molestato, aggredito e derubato alcune donne. Nel catalogo sono inclusi i reati sessuali e la violenza fisica.

Chi decide chi deve essere espulso?
La responsabilità relativa ai provvedimenti di espulsione dalla Germania è condivisa da due autorità differenti: l’Ufficio immigrazione (Ausländerbehörde), gestito dai governi degli stati federali, e l’Ufficio Federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF). Nella maggior parte dei casi è l’Ufficio immigrazione ad emettere e attuare i provvedimenti espulsivi, ma per quanto riguarda le procedure di asilo, il BAMF ha anche il diritto di emettere un provvedimento espulsivo una volta che la richiesta risulti respinta. Anche in questi casi l’Ufficio immigrazione è responsabile dell’attuazione del provvedimento di espulsione.
Dal momento che molti rimpatri non sono volontari, l’Ufficio immigrazione può rivolgersi alla polizia in caso di bisogno, ma poiché le espulsioni sono di competenza dei controlli alle frontiere, esse vengono generalmente portate a termine dalla polizia federale e non da quella statale. Le autorità possono inoltre chiedere un’ingiunzione per un “fermo amministrativo” che può durare fino a 18 mesi, nel caso in cui ci sia la prova che l’individuo sia intenzionato a scappare per evitare il rimpatrio.

Gli espulsi possono appellarsi alle decisioni del governo?
Sì. Tutti coloro con la richiesta di asilo respinta hanno il diritto di presentare ricorso presso un tribunale amministrativo il prima possibile, poiché i richiedenti asilo la cui domanda è stata rigettata, in quanto ritenuta “manifestamente infondata”, hanno una sola settimana di tempo per fare ricorso, mentre gli altri ne hanno due.
È possibile presentare ricorso anche contro le decisioni prese dalle autorità che si occupano della registrazione degli stranieri. Negli ultimi anni, gli uffici del BAMF, sovraccarichi di lavoro, hanno preso delle decisioni errate relativamente alle richieste di asilo lasciando ai richiedenti opportunità legali per impugnare le sentenze di respingimento permettendo a molti di trascorrere un lungo periodo in Germania nonostante la loro richiesta d’asilo fosse stata rigettata.

Quali altre ragioni ci sono alla base dei ritardi negli espatri?
Molti tra coloro a cui viene legittimamente richiesto di lasciare la Germania sfuggono al rimpatrio perché non sono mentalmente o fisicamente in grado di affrontare il viaggio o perché non sono in possesso dei documenti necessari, come il passaporto.
La normativa tedesca vieta il rimpatrio nel caso in cui l’individuo rischi la pena capitale o la tortura, oppure qualora la sua vita o la sua libertà siano minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, della sua opinione politica o perché membro di un determinato gruppo sociale. In Germania, pertanto, la permanenza nel Paese di queste persone viene “tollerata” finché le condizioni che precludono il rimpatrio non siano cambiate.
A coloro a cui inizialmente è stato permesso di rimanere può comunque venir chiesto di partire più tardi, come è successo a molti dei rifugiati che la Germania ha accolto durante la guerra dei Balcani negli anni ’90 e ai quali è stato imposto di ritornare nel proprio Paese d’origine una volta che la situazione si fosse stabilizzata.