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La Spagna irrigidisce la politica di accoglienza dei migranti di fronte all’assenza di una risposta europea

Lucía Abellán, El Pais - 28 gennaio 2019

Photo credit: Miguel Paquet/EFE

La Spagna ha voluto dare una lezione al mondo accogliendo la nave Aquarius quando tutti gli altri porti del Mediterraneo erano chiusi allo sbarco dei migranti. Ma l’assenza di uno schema europeo che possa risolvere quegli episodi e il record di arrivi nelle coste spagnole hanno invertito l’apertura iniziale.

Le autorità spagnole stanno ora negando il permesso di navigazione alle navi di salvataggio dei migranti e intensificano la pressione su Bruxelles perché ci si rivolga al Marocco. L’obiettivo è chiaro: evitare la pressione degli sbarchi in un momento in cui la migrazione è diventata, per prima cosa, un terreno di contesa elettorale.

Il ritiro spagnolo dal Mediterraneo centrale è stato condizionato da un fatto clamoroso: lo scorso anno sono giunti sulle coste a sud del paese circa 57.000 migranti, il doppio dell’Italia e quasi parimenti alla Grecia, secondo i dati dell’agenzia europea per la gestione delle frontiere, Frontex.

Il Ministero dell’Interno alza la cifra fino ad oltre 64.000. E mentre le autorità spagnole affrontano questa sfida senza sollevare alcun polverone, l’Italia sfida l’intera Europa negando i suoi porti alle imbarcazioni che transitano vicino al suo territorio. Inizialmente, il governo di Pedro Sánchez ha accettato di partecipare alla ricollocazione dei migranti accolti dall’Italia solo a patto che anche gli altri li accogliessero.

Non si tratta di un dietrofront. La nostra pressione migratoria è enorme e nel Mediterraneo centrale [che si affaccia sull’Italia] non si stanno rispettando le regole. Abbiamo tutti bisogno di una soluzione duratura”, argomentano fonti del Ministero dell’Interno. I partner europei hanno cercato per mesi di costruire uno schema temporaneo per evitare situazioni critiche come quelle avveratesi negli ultimi mesi in mare, per via del rifiuto di Italia e Malta all’approdo di navi appartenenti a ONG o private.

Il Ministero dell’Interno affronterà nuovamente questa questione in una riunione informale che si terrà all’inizio di febbraio in Romania, come affermano fonti comunitarie. Però la speranza di trovare una soluzione che soddisfi contemporaneamente da un lato l’Italia, a favore della ricollocazione di tutti i migranti che mettono piede sul suo territorio, e dall’altro Francia e Germania, ossessionate dal fatto di impedire che questi migranti possano transitare nell’area Schengen attraverso i loro confini, appare remota.

Consapevole di questo scenario di scontri, la Spagna ha optato per abbandonare la strategia iniziale d’aprire le braccia alle navi in difficoltà. Nelle ultime settimane le imbarcazioni di salvataggio delle organizzazioni Open Arms e Salvamento Marítimo Humanitario hanno visto negarsi le richieste di navigazione con l’ambiguo argomento che non rispettano i requisiti di sicurezza previsti. In fondo, le autorità preferiscono evitare di ritrovarsi nella situazione di dover accogliere una nave piena di naufraghi battente bandiera spagnola, che non abbia potuto prima attraccare in un altro porto europeo.

Non è questo l’unico indizio del cambio di tattica. All’inizio di gennaio, l’Esecutivo ha rifiutato, per la prima volta, di partecipare a uno schema di distribuzione orchestrato da Malta e che coinvolgeva 49 persone intrappolate nel mare. “Non si può dire che non abbiamo dimostrato di essere disponibili a partire dal caso Aquarius. Noi abbiamo già altri problemi”, aveva dichiarato allora il ministro degli Esteri, Josep Borrell.

Il timore di essere coinvolti in una politica che i partiti di destra hanno iniziato a usare come arma contro il governo si traduce anche in piccoli gesti. Salvamento Marítimo, che dedica ogni giorno parte dei suoi sforzi ad assistere le imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo, ha smesso di riportare sul proprio account Twitter il numero di salvataggi effettuati. A partire dall’inizio di dicembre i messaggi che solitamente riportavano il bilancio delle imbarcazioni presenti in mare sono scomparsi, come si può facilmente notare dando un’occhiata su internet.

Al di là delle ragioni elettorali interne, l’Italia è, in larga misura, la ragione per cui il governo ha mutato atteggiamento su questo terreno. Mentre la Spagna gestisce gli sbarchi che riceve sulle sue coste senza fiatare, l’Italia non accetta praticamente alcuno sbarco nei suoi porti. E i pochi che vi arrivano sono soggetti ad una condizione preliminare: che i migranti vengano ripartiti a bordo. Questa richiesta di ricollocazione ha ostacolato per mesi l’individuazione di una soluzione a livello europeo. Perché, mentre l’Esecutivo populista di Salvini esige che qualunque soggetto irregolare (richiedente asilo o meno) venga ricollocato nel resto d’Europa, paesi come la Francia e la Germania pretendono di limitare tali quote solo ai rifugiati (corrispondenti ad una parte modesta di coloro che giungono ora in Italia secondo i criteri dell’Unione Europea).

Alla Spagna, che difficilmente riceve richieste d’asilo via mare, converrebbe adottare la tattica italiana, però il governo la rifiuta per paura che si crei un così detto effetto chiamata. Il ragionamento è questo: se le mafie che gestiscono il traffico di migranti sanno che tutti quelli che arrivano in Europa saranno ripartiti tra i vari stati, allora saranno più incentivate ad aumentare i traffici. Le fonti diplomatiche di uno dei maggiori paesi europei ammettono che trovare un accordo valido per tutti è una vera e propria “sfida”.

Con la rotta centrale del Mediterraneo centrale relativamente bloccata, la Spagna cerca disperatamente di limitare gli arrivi dal Marocco, origine della maggior parte dei flussi verso le coste del sud. Le cifre non si riducono. Nella prima metà di gennaio, più di 3.000 persone sono arrivate in Spagna, praticamente tre volte di più rispetto allo stesso periodo del 2018, secondo le cifre ufficiali spagnole. Gli Interni cercano di accelerare le espulsioni, che non avanzano al ritmo desiderato. Si questo terreno l’opacità è enorme. A marzo, Madrid e Rabat si incontreranno di nuovo per parlare di migrazione, con due posizioni chiare: Madrid richiede più controllo e rapidità nei respingimenti, e Rabat, denaro fresco da Bruxelles.


500 milioni dall’Unione europea per l’accoglienza

Nel 2015 l’Unione Europea ha ideato e messo in bilancio una politica di ricollocazione dei rifugiati che non ha funzionato. Appena uno su quattro dei richiedenti asilo ha lasciato l’Italia o la Grecia per stabilirsi in un altro Stato dell’Unione Europea. La mancanza di una volontà politica e le difficili condizioni del programma lo hanno impedito. I 28 Stati europei hanno concordato alla fine dell’anno di riassegnare parte di questo denaro non speso ai paesi che realizzano programmi di accoglienza. L’importo è di circa 500 milioni di euro, spiegano fonti comunitarie, anche se non si sa ancora quanto corrisponda alla Spagna.

Il denaro può essere utilizzato per trasferire i richiedenti asilo in altri Stati che li accolgono, ma anche per “altre sfide in materia di asilo e migrazione“, a quanto è scritto nel testo legale.